Politica

Veltroni, l’uomo
delle sorprese
che non sparirà

L’addio di Valter Veltroni alla scena parlamentare (ma non alla Politica) – subito commentata con favore da Bersani – è arrivato ancora una volta a sorpresa. Tipico di “Uolter”. Tipico di un politico, in sella da ben sei legislature, che sulla meraviglia e lo stupore ha costruito una carriera.

Nel 2001 Walter Fitzgerald Veltroni – “Cipria” per i compagni di partito – giurava e stragiurava: “Resterò al partito, non correrò per il Campidoglio”. Fingeva di temere il bell’Antonio Tajani, suo compagno al “Tasso”. Ha invece fatto la gara, ha vinto  con il 51,9% sfruttando il vento del nuovo Millennio.  Era in buona compagnia a quei tempi:Chiamparino vinceva a Torino, la Iervolino a Napoli e l’Unità di Furio Colombo “sparava” titoli psichedelici in suo favore. Uòlter è rimasto in Campidoglio sette anni. Diceva a chi gli chiedeva se aveva la fede: “Credo di non credere”. Poi ha dato la cittadinanza onoraria a Giovanni Paolo II.

Nel 2008 si è dimesso da sindaco per candidarsi premier. Vado, non vado con Di Pietro? E’ andato, anzi con Tonino ha fatto quadrato. Uolter è “ripartito dalla piazza” (titolo del Corriere, 26 ottobre 2008).Cioè dal Circo Massimo. Urlava: “Siamo 2 milioni e mezzo, quella di oggi è la prima grande manifestazione di massa del riformismo italiano”. Per cinque volte ha poi  ripetuto: “L’Italia è migliore della destra che la governa”. E mentre  Veltroni parlava, a distanza ed in contemporanea, Maurizio Crozza – sorpreso a sua volta da tanta gente – diceva: “E’ a questa folla immensa, a questi cittadini che vogliono un’Italia nuova, che io voglio fare una domanda serenamente e pacatamente: Ma dove c… eravate il giorno delle elezioni?”.

L’anno dopo, oplà, altra capriola, altro annuncio a sorpresa dopo la pesante sconfitta in Sardegna: “Mi dimetto da segretario del partito”. Per carità, decisione saggia. I suoi capi-corrente avrebbero certo preferito che egli rimanesse in carica ancora qualche mese (fino al congresso di ottobre) in modo di avere il tempo di preparare la successione ma Veltroni fu irremovibile ed il Pd scivolò nel caos. Libero, all’epoca diretto da Feltri, costruì per la prima pagina un titolo al neon:”Veltroni va via.Missione compiuta, demolito il Pd”.

Quando molti gli pronosticavano un futuro da premier lui rispondeva: ”No, me ne andrò in Africa come il dottor Schweitzer”. In Africa ci è andato, è rimasto una settimana giurandovi eterno amore in un libro. L’anno dopo ha scritto un libro ambientato in Argentina.

Ha scritto Giampaolo Pansa nel suo Bestiario:”Veltroni è un esempio luminoso del Perdente di successo. Ha alle spalle più sconfitte che vittorie”.

Un giorno, ebbro di fatuità, mi ha detto:”Se potessi mi farei clonare”. Sembrerebbe la voce del pavone. In effetti Veltroni si piace, si ascolta, si commuove per le sue stesse gesta. Quando Prodi lo ha nominato ministro dei Beni Culturali ha annunciato, sobriamente, l’arrivo del “Nuovo Rinascimento italiano”. Ha scritto, con leggiadra impertinenza, Massimo Gramellini:”Walter piace alla gente perché si vede che è uno che non ha studiato”. Guai però a sottovalutarlo. Quando era direttore dell’Unità per far tornare i conti allegò al giornale di tutto, di più, anche L’ultimo tango a Parigi, il Vangelo, le Figurine Panini. Dunque meglio non illudersi: il soldato Uolter non sparirà.  Va solo in pausa caffè.

Enrico Pirondini

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