Economia

Cava Alberti,
operai in protesta:
futuro molto incerto

Stanchi, esasperati da mesi di promesse mai mantenute e soprattutto dal futuro incerto per via delle condizioni in cui l’azienda versa. Sono gli operai della Cava Alberti che oggi, nonostante la cassa integrazione, si sono presentati in azienda dove ad attenderli c’erano i sindacalisti di Fillea Cgil, Cesare Pavesi e quelli di Filca Cisl, Enrico Sonzogni e Enrico Guaragna. La speranza era quella di poter parlare con il titolare, Agostino Alberti, per capire quali sono le prospettive e le intenzioni della proprietà in merito al futuro.

«Ma, – dicono – appena siamo arrivati lui se ne è andato». La situazione dell’azienda resta critica, i lavoratori stanno percependo la cassa integrazione, fatto salvo per coloro che hanno deciso di continuare a lavorare, nella speranza di ricevere qualcosa.

Ma nulla è arrivato di quanto pattuito anche con le parti sindacali a titoli di rimborso per i mancati stipendi.

«L’accordo – spiegano operai e sindacalisti – era quello che l’azienda ci avrebbe dato 400 euro al mese ad integrazione della cassa per cominciare a pagare gli arretrati, e 1500 euro per coloro che invece erano al lavoro. Ma dallo scorso luglio non arriva più nulla».

I dipendenti lamentano crediti dalla Cassa Edile di circa 3mila euro a testa, in quanto «l’azienda non paga la Cassa Edile da circa due anni». Senza considerare gli scatti di anzianità non riconosciuti. «In pratica – sottolinea Pavesi – la maggior parte dei dipendenti vanta crediti alti, anche fino a 50mila euro».

Grosso punto di domanda su chi potrebbe subentrare: «Vogliamo che l’eventuale compratore o affittuario che sia sappia che qui la presenza sindacale è forte e che non ci lasceremo chiudere i cancelli in faccia», incalza il rappresentante della Fillea Cgil.

Forte comunque la preoccupazione tra i dipendenti: «Non sappiamo cosa fare, ci sentiamo impotenti. Forse il nostro errore principale è stato quello di non procedere tutti uniti». Un errore che sottolineano in tanti. Alcuni puntano il dito contro coloro che nonostante tutto continuano a lavorare. Ma proprio queste divisioni, dicono, sono alla base del fatto che la protesta e il presidio siano durate solo qualche ora. «Dovremmo fermarci qui come hanno fatto in altre aziende, ma siamo troppo divisi per arrivare ad un accordo del genere», spiegano.

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