Continua il restauro della Cattedrale
terminata anche la Cappella del Crocefisso
apertura al pubblico prevista per ottobre
Mancano poche settimane all’inaugurazione della Cattedrale di Crema. L’apertura è prevista per il mese di ottobre, un momento a lungo atteso da cittadini, turisti e amanti della cultura che dopo un intenso lavoro di pulizia e restauro potranno riappropriarsi di uno dei monumenti più antichi e preziosi della città.
NUOVE SCOPERTE
Le ultime operazioni di pulitura delle pareti hanno svelato nuovi lacerti di affresco più o meno estesi, che ricordano come un tempo la superficie di cotto fosse in realtà un enorme dipinto pronto a stupire l’occhio del fedele. Come nella miglior tradizione medievale le pareti fungevano da Bibbia dei poveri, una soluzione ormai solo intuibile a causa degli innumerevoli cambiamenti dettati dallo correre del tempo. Proprio con questo spirito alcuni elementi architettonici e pittorici sono stati conservati a testimonianza delle diverse epoche storico-culturali che hanno via via conquistato un monumento eterno e stupefacente come la Cattedrale cremasca.
DUE ALTARI TESTIMONI DI UN SECOLO
L’altare della Madonna della Misericordia e quello del Crocefisso sono le uniche due testimonianze settecentesche sopravvissute al “grande restauro” degli anni ’50: si tratta di due cappelle barocche addossate alla navata sinistra, la prima adiacente all’ingresso, la seconda a fianco dell’abside centrale. Nonostante il periodo di appartenenza sia lo stesso emerge chiaramente la diversa vocazione delle due nicchie: quella mariana era destinata ad accogliere le devozioni e dar lustro all’ingresso della Cattedrale, mentre quella del Cristo, più modesta e raccolta, era il luogo ideale per il raccoglimento in preghiera davanti allo storico crocefisso ligneo tuttora conservato sopra l’altare laterale. La loro sopravvivenza si deve alla scelta di applicare un restauro che rispettasse le testimonianze lasciate dalle diverse epoche sulle pareti della Cattedrale.
LA CAPPELLA DEL CROCEFISSO
Il restauro della cappella del Crocefisso ha coinvolto sei specialisti per due mesi di lavoro, dai dipinti a parete fino alla parte alta della struttura con il recupero di elementi architettonici e decorativi particolari. Fra questi spicca il cartiglio ligneo che sovrasta la nicchia del Crocefisso: si tratta di una Veronica realizzata in legno raffigurante il volto incoronato del Cristo e i simboli del martirio dipinti in oro zecchino. Appena sopra si trova un finestrone a ventaglio in vetro ripulita e restaurata, con l’accortezza di lasciare un’intercapedine tra vetro e muratura in modo che la condensa invernale non rovini l’intonaco sottostante.
La volta tipica del Barocco con decorazione a foglie e nervature dorate si alterna a frammenti di affresco raffiguranti i simboli del martirio, mentre a lato dell’apertura si trovano due Sibille risalenti al Cinquecento e attribuibili allo steso artista che ha realizzato la Sibilla della controfacciata interna. Sul soffitto si apre un lucernario realizzato nell’Ottocento e decorato con stucchi bianchi e dorati, una soluzione architettonica non ideale per la struttura del sacello che tuttavia è stata conservata nella sua interezza.
I DIPINTI RACCONTANO
La Cappella del Crocefisso racchiude la memoria dei tre miracoli attribuiti al Crocefisso ligneo, due dei quali raffigurati nei dipinti che ornano le due pareti laterali della cappella, dipinti dal maestro S.Legnani verso la fine del Settecento: sulla destra il Crocefisso dato alle fiamme, sulla destra la Supplica al Crocefisso, detto anche “il miracolo delle spighe”. La prima opera rappresenta il Crocefisso a terra, le gambe avvolte dal fumo, sopra di lui un angelo minaccia con un dardo infuocato il gruppo di soldati sulla destra, mentre a sinistra del Crocefisso alcuni fedeli osservano la scena estasiati. Il secondo dipinto raffigura la supplica indetta nel 1708 dal vescovo Griffoni per placare le piogge che avrebbero compromesso la raccolta delle messi: al centro del dipinto si trova l’altare sovrastato dal crocefisso, incoronato da un angelo con un mazzo di spighe, attorno a lui figure di religiosi e laici inginocchiate per chiedere grazia al Cristo. Non si tratta di opere di particolare pregio, il loro valore dipende dalla pregnanza spirituale attribuita al piccolo luogo di raccoglimento a fianco dell’abside centrale.
I dipinti sono stati realizzati a tempera su muro, una tecnica più fragile dell’affresco che ha dato non pochi problemi nella conservazione delle cromie originarie e dell’uniformità delle superfici. A differenza dell’affresco la pittura non si integra con l’intonaco sottostante, risultando quindi più fragile e difficile da restaurare senza il rischio di rimuoverne frammenti. Parte della fragilità è dovuta ai leganti utilizzati dall’artista, che come rivelano le analisi chimiche sono a base di proteica e non garantiscono una lunga durata.
IL CROCEFISSO MIRACOLOSO, TRA STORIA E LEGGENDA
Come molti cremaschi sapranno, il Crocefisso della Cattedrale è al centro di una vicenda storica considerata miracolosa. La scultura è stata realizzata nella seconda metà del Duecento, probabilmente in Francia, e poi collocata nel neonato Duomo cremasco: la sua fama cresce nel 1448, quando dopo la cacciata dei guelfi dalla città il ghibellino Giovanni Alchino raccolse i suoi soldati all’interno del Duomo. Alchino accusò Crocefisso di essere guelfo a causa del capo chinato a destra e con l’aiuto dei compagni lo scaraventò nel fuoco; lo sdegno per il gesto fu grande, e molti dei presenti cercarono di estrarre il Cristo dal fuoco dando origine ad una lotta. Con grande stupore dei restauratori che nel corso dei secoli si sono occupati della scultura, il legno bruciato risulta refrattario a qualsiasi tentativo di copertura e conserva ben visibili i segni del “fuoco ardente” che secondo i racconti di storici e restauratori pare quasi sia sgorgato dalla figura stessa. Più nota la leggenda secondo cui il Cristo gettato nel fuoco avrebbe ritratto le gambe, una questione tuttora aperta e senza documentazioni precise, ma l’insolita posizione della figura porterebbe a confermare l’ipotesi di uno spostamento, forse una reazione del legno al calore delle fiamme.
Lidia Gallanti
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