“Un’occasione per rinnovare la Chiesa”
Don Mariconti rilancia la missione di fede
con il restauro della Cattedrale cremasca
Il restauro della Cattedrale (la chiesa-edificio) è un’occasione stupenda per rinnovare la Chiesa viva. Quale volto di Chiesa dare alla nostra diocesi e alle nostre parrocchie a cinquant’anni dal Concilio in una società democratica e pluralista? Il volto di una Chiesa di popolo capace di valorizzare tutti i carismi, di accogliere ogni diversità come ricchezza, povera perché libera da ogni compromesso con ogni forma di potere e a servizio dell’intera umanità. Molto si è fatto in questi decenni nella nostra diocesi per promuovere una Chiesa innamorata del suo sposo attraverso il Vangelo, l’eucaristia e la carità ma oggi siamo chiamati a trovare creativamente nuovi modelli di pastorale (come quelli indicati dall’Assemblea di primavera) perché le nostre parrocchie siano vive, vivaci, partecipate, fraterne, dialogiche, democratiche, solidali dal momento che la comunione è la prima forma di missione, ma nello stesso tempo aperte a discernere i segni del tempo per darvi risposte profetiche di povertà, di fedeltà, di gratuità.
1. Chiediamoci innanzitutto sel e nostre parrocchie esprimono il volto di una Chiesa come popolo di Dio, in cui la fraternità per il comune battesimo viene prima di ogni diversità (di vocazione, carisma e ministero) da concepirsi comunque non nei termini del dominio (o di onore) ma del servizio. La prima preoccupazione è ancora sulle cose da fare o sulle relazioni da coltivare? Occorre ripensare innanzitutto il ministero presbiteriale che non è sopra (clericalismo) ma nella comunità per promuovere il discernimento e la valorizzazione di tutte le vocazioni, i carismi e i ministeri dei fedeli. Ascoltare ciò che lo Spirito ha detto alla Chiesa di Crema un anno fa attraverso il metodo sinodale dell’Assemblea di primavera significa rispondere alla domanda di protagonismo dei laici attraverso la partecipazione e la corresponsabilità perché nessuno può esercitare da solo il ministero del giudizio e del governo della comunità. Ma per promuovere una chiesa tutta ministeriale è necessario mettere al centro la formazione (non scolastica ma pratica) alle diverse competenze ministeriali (liturgiche, catechistiche, caritative, missionarie, culturali, ecc.) Dall’in-formazione, alla formazione e alla tras-formazione.
2. Una Chiesa sinfonica a immagine della Trinità (unità nella diversità) che alla sterile polemica e contrapposizione preferisce l’accoglienza di tutti, il confronto sereno, equilibrato, costruttivo e la condivisione di valori comuni. Non bisogna temere la pluriformità (ecclesiale, culturale, politica) nell’unità perché costituisce una ricchezza per ciascuno. Occorre partire non dalle sfumature che ci dividono ma da tutto quello che accomuna. Nessuno deve avere la pretesa di assolutizzare la propria visione in termini esclusivi nei confronti delle altre pure legittime ma è necessario essere umilmente consapevoli dei limiti della scelta fatta e d’altra parte aprirsi ad accogliere i contributi positivi di chi percorre altri validi cammini. Cfr. S.E.Mons.O.Cantoni, Omelia per il V anniversario. La singolarità di ogni Commissione diocesana, la ricchezza delle diverse parrocchie, associazioni, movimenti non va demonizzata e mortificata ma apprezzata e messa in circolo perché la sposa di Cristo sia bella non solo per quelli che la abitano ma anche per coloro che le sono estranei. Solo una Chiesa unita nella diversità diventa evangelizzatrice verso una società lacerata da tensioni e divisioni (culturali, sociali, politiche) che soffre di individualismo, di solitudine e mancanza di amore.
3. Una chiesa missionaria che, senza trascurare i praticanti, mette al centro i cristiani della soglia, gli indifferenti e i non credenti con cui stabilire un rapporto di ascolto, dialogo e amicizia. Il rischio è quello di clericalizzare i laici più impegnati sequestrandoli per l’animazione della vita interna della comunità invece di formarli per l’impegno culturale, sociale e politico nel mondo. Il convegno di Verona ha indicato la scelta prioritaria di attrezzare non solo spiritualmente ma anche culturalmente i laici perché negli ambienti di vita sappiano testimoniare la differenza cristiana nel modo di vivere l’affettività, la fragilità, il lavoro e la festa. Il contesto epocale segnato da agnosticismo e indifferenza (Non sono contrario ma semplicemente non mi interessa la religione perché si può trascorrere una vita dignitosa e serena senza ricorrere a Dio) ci stimola a trovare nuove vie capaci di suscitare la nostalgia e il desiderio di Dio in chi vive come se non ci fosse. L’anno della fede che si sposa bene con l’inaugurazione della Cattedrale ci invita a riprendere con fervore la nuova evangelizzazione ponendo al centro la testimonianza della vita di una comunità trasfigurata dall’incontro con il Crocifisso risorto nell’eucaristia. Più che ulteriori iniziative occorrono nuovi santi per il mondo di oggi che sappiano rispondere alle sfide del tempo con stili nuovi di vita (sobri e solidali). Insieme alla bellezza della carità, dell’arte, anche la verità della fede è capace di rompere il muro dell’indifferenza e seminare inquietudine. LA fede p ragionevole perché capace di umanizzare la vita rivelando un nuovo modo di amare (dall’eros all’agape) insieme alla fecondità del dolore innocente e alla speranza di una vita vera oltre la morte.
4. Infine una Chiesa che educa alle relazioni buone. Il programma del decennio dei vescovi italiani ci invita a prendere consapevolezza che la comunicazione della novità della fede è significativa se passa attraverso relazioni autentiche. Oltre la sinergia tra famiglia, scuola e parrocchia è urgente coltivare un’alleanza educativa tra la figura materna e paterna che deve riappropriarsi del ruolo originale che le compete nella crescita dei figli.
Don Gianfranco Mariconti, presidente del Centro culturale diocesano “G.Lucchi” di Crema