Le Mura Venete cadono a pezzi
tra incuria e mancanza di fondi
Alloni: “I bandi ci sono, i progetti no”
Dopo secoli di onorata difesa e strenua resistenza le Mura venete cadono a pezzi. Niente colpi di cannone stavolta: a minacciare uno dei tesori cremaschi sono incuria e indifferenza, che sommate al naturale incedere del tempo minano la salute dello storico circuito e la sicurezza dei cittadini.
SOS MURA VENETE
Da patrimonio storico-culturale a rudere il passo è breve: ciò che si è salvato da guerre e saccheggi è stato integrato nell’impianto urbanistico della città e sfruttato come muro portante o inglobato nelle abitazioni private; una scelta in alcuni casi discutibile che tuttavia ha costretto i diretti interessati ad un recupero degli antichi mattoni e alla messa in sicurezza di brevi tratti. Sorte meno fortunata per gli spezzoni contigui a strade o parcheggi, terra di nessuno dove il muro di cotto è libero di cadere a pezzi senza destare particolari preoccupazioni. Non se la passano meglio i tratti inghiottiti dai giardini pubblici, forse amati proprio per quell’aspetto antico e pittoresco, così affascinante da far scivolare in secondo piano l’assoluta urgenza di una messa in sicurezza. E’ il caso del Campo di Marte che sul lato nord ospita uno dei tratti meglio conservati delle Mura, fatta eccezione per il Torrion della Madonna che nonostante l’imponenza mostra una superficie sempre più sgretolata e compromessa; stesse condizioni per il tratto che accompagna il viale centrale dei giardini di Porta Serio a ridosso della roggia, mentre gode di migliori condizioni la porzione di Mura Venete che costeggia il parcheggio omonimo. La preoccupazione sale per chi parcheggia in via Massari, via Valera e via Stazione e rischia di trovarsi la carrozzeria ammaccata da qualche frammento capitolato dalle creste di muro sbrecciate, spesso “restaurate” alla bell’e meglio con qualche spalmata di malta. Sempre in via stazione fa triste mostra di sé il Torrion Foscolo, ormai ridotto ad un ammasso precario di grossi blocchi sgretolati ricoperti da muschio e vegetazione incolta.
TUTELA UNESCO SFUMATA
“Incomplete e troppo rovinate”, così la tutela dell’Unesco rimane un miraggio. La visita della delegazione di esperti risale al 2011: l’indubbio valore del complesso non basta all’Organizzazione nazionale scientifico-culturale. “La colpa è da imputare all’incedere del tempo e agli avvenimenti storici che hanno coinvolto Crema – spiega l’assessore alla cultura Paolo Mariani – Guerre e occupazioni hanno distrutto grossi tratti del circuito e ciò che rimane non basta per un riconoscimento, ciò non toglie che il recupero delle Mura sia doveroso”. Rimane aperta la strada per progetti minoritari firmati Unesco, ma per il momento le occasioni latitano.
L’INTERVENTO NECESSARIO
Salgono le preoccupazioni per l’incolumità di persone e abitazioni minacciate dai tratti in fase di crollo, spesso rappezzati con qualche spalmata di cemento che tuttavia non risolve l’instabilità dell’antica struttura. La responsabilità del recupero edilizio ricade sul settore lavori pubblici: “Come assessore alla cultura non posso che sollecitare l’intervento, conscio dei grossi limiti economici che abbiamo – aggiunge Mariani – C’è da dire che anche in situazioni di maggiore benessere nessuna amministrazione passata si è fatta carico di questo progetto, ora non possiamo che sperare in un aiuto esterno”.
NIENTE FONDI SENZA PROGETTI
Durante gli ultimi studi effettuati per ipotizzare un recupero della struttura il costo d’intervento era stato stimato oltre i 2 milioni di euro, una cifra improponibile per la già nota situazione delle casse comunali. Titubanza anche da parte dei privati e associazioni, che salvo casi particolari si cimentano in ristrutturazioni solo nel caso in cui vi siano abitazioni o locali addossati alle Mura. La soluzione potrebbe sorgere con l’accesso a fondi esterni: “I bandi regionali ci sono, ma per accedere bisogna presentare un progetto esecutivo – spiega il consigliere regionale Agostino Alloni – Lo stesso discorso vale per i fondi messi a disposizione dalla Comunità Europea, ma finché non vengono stilati piani di lavoro effettivi tutto resta fermo dov’è”.
Lidia Gallanti
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