Esplosione Calenzano, dopo autopsia vittime si attendono primi avvisi di garanzia
(Adnkronos) – Sono state completate le autopsie sulle salme delle cinque vittime dell’esplosione avvenuta lunedì 9 dicembre nel deposito di carburanti Eni di Calenzano (Firenze). Sono state svolte da tre medici legali, Martina Focardi, Beatrice Defraia e Rossella Grifoni, incaricati dalla Procura di Prato, al’istituto di medicina legale del’ospedale fiorentino di Careggi.
Nelle prossime ore verranno fatte sulle salme le verifiche per l’identificazione e per questo saranno raccolti i Dna dei familiari. I magistrati, inoltre, hanno disposto verifiche genetiche affidate ai genetisti Ugo Ricci e Vilma Pinchi.
La Procura, diretta dal procuratore Luca Tescaroli, intanto, prosegue le acquisizioni delle testimonianze dei feriti meno gravi e dei documenti acquisiti durante le perquisizioni negli uffici Eni e nelle ditte che lavoravano in appalto nel deposito di Calenzano. A breve i magistrati dovrebbero procedere con l’iscrizione dei primi indagati. La Procura ha identificato i responsabili, a vario titolo, dei piani di sicurezza interni al deposito di carburanti Eni e ii responsabili della ditta Sergen srl di Grumento Nova (Potenza), a cui erano affidati i lavori di manutenzione straordinaria. Potrebbero essere loro i destinatari dei primi avvisi di garanzia, dopo l’apertura del fascicolo di indagine per i reati di omicidio colposo plurimo, lesioni gravi, crollo doloso di costruzioni o altri disastri e rimozione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro.
Lunedì 16 dicembre, alle ore 10,30, è previsto un sopralluogo nell’area in cui è avvenuta l’esplosione, alla presenza dei tre consulenti nominati dalla Procura di Prato per fare luce sulle cause del disastro. Il sopralluogo dei tre consulenti (esperti in incendi, esplosivi e in chimica) dovrebbe confluire in una maxi perizia che si annuncia decisiva per ‘accertamento delle responsabilità, come anticipa “La Repubblica”.
Secondo le prime ricostruzioni, le responsabilità dell’accaduto sembrano essere molteplici. A partire dal problema tecnico che si sarebbe verificato durante le operazioni di manutenzione sulla linea 5 della pensilina di carico, adiacente a quella in cui è avvenuto lo scoppio.
Accertamenti sono in corso anche sulla compatibilità tra le stesse operazioni di manutenzione e quelle di carico e scarico del carburante: le due manovre non sarebbero infatti consentite in contemporanea, come denunciato in questi giorni anche dai sindacati. “Ci risulta che in alcuni depositi, come anche quello di Calenzano, vengano svolte attività promiscue. Succede di andare a rifornire le autobotti mentre in una corsia limitrofa, vicina, vengono fatte riparazioni o manutenzioni. Le attività di carico non vengono sospese – ha dichiarato Massimiliano Matranga, autotrasportatore e sindacalista della Uiltrasporti Toscana alla ‘Repubblica’ – Possiamo considerarla una consuetudine, ma nessuno di noi autotrasportatori in realtà l’ha mai percepita come una condizione di pericolo, almeno non abbastanza. Questo perché quando si entra col camion in un deposito come quello di Eni a Calenzano ci sentiamo in un luogo molto sicuro, vengono fatti controlli continui”.
Da chiarire, dunque, se gli autotrasportatori avessero avuto comunicazione dei lavori in corso, e se questi siano stati fatti seguendo i protocolli stabiliti.
Riguardo la dinamica, particolari utili sono arrivati dal racconto di alcuni lavoratori (tra mercoledì e ieri giovedì sono stati ascoltati anche quelli ancora ricoverati in ospedale): uno, in particolare, ha raccontato di aver visto una nube pochi istanti prima dello scoppio, circostanza che lascia ipotizzare che l’esplosione sia stata innescata dal mancato scarico dei vapori. Altre verifiche considerate cruciali riguardano poi il piano di emergenza esterna dell’impianto.
Il documento, di cui “Repubblica” ha anticipato i punti salienti, è stato acquisito dalla Procura ed è già al vaglio degli investigatori: si tratta di 39 pagine depositate in Prefettura e redatte dall’Eni, in cui si fissava la fascia di pericolo massima – definita “zona rossa” – entro gli 80 metri dal cosiddetto “punto di rilascio” dell’eventuale incidente, quella moderata (“arancione”) entro 130 metri e una terza, “gialla”, con una soglia di attenzione di 200 metri, oltre la quale non veniva ravvisato nessun rischio per le persone, le cose o l’ambiente. Numeri smentiti da quelli registrati dopo lo scoppio, con danni fino a diverse centinaia di metri di distanza. “Abbiamo verificato con una prova concreta che la valutazione del pericolo contenuta in quel documento è davvero molto sottostimata – ha commentato sul punto il sindaco di Calenzano, Giuseppe Carovani – si deve aprire una riflessione sull’opportunità dello spostamento del deposito ma che anche quel piano non è evidentemente adeguato”.