Cultura

Un passato che ritorna:
i social ed il fenomeno urbex

In un mondo che cambia velocemente, che crea e demolisce a tempo di record, comprese nuove forme di comunicazione e social media, stupisce come stia prendendo sempre più piede un fenomeno che mette assieme il passato ed il presente, e lo fa ricorrendo proprio al social del momento. Ci riferiamo al fenomeno delle cosiddette “esplorazioni urbane”, una sorta di nuova metodologia di ricerca sociale per immagini, che va a scovare luoghi ormai dimenticati, abbandonati e spesse volte inaccessibili o difficili da raggiungere, capaci di dar loro una nuova vita virtuale, e al contempo, alimentare ricordi, riflessioni, interazioni con gli utenti e proiezioni nel futuro.

Lo facciamo con uno di questi “esploratori”, Piermario Galli, docente di lingue straniere da una decina di anni nelle scuole della provincia di Cremona, che ha un seguitissimo profilo Instagram dedicato proprio a questo. “Mi piace l’urbex, lo vedo come il social nel social, ed è una passione che è nata poco dopo il lockdown, quasi come una liberazione”, dice il prof. Galli, scorrendo sul suo cellulare l’archivio fotografico delle esplorazioni, anche se non nasconde il fascino della Polaroid. Ma la passione per la riscoperta di luoghi abbandonati ha qualche raccordo con il suo passato: “Da piccolo andavo in bici con mio papà e ci soffermavamo sulle cascine abbandonate, allora non esisteva nemmeno la parola urbex”, aggiunge “pier.urbex”, come si chiama il suo profilo Instagram.

Ritornando sul periodo post covid: “La passione per l’urbex è cresciuta da lì, assieme ad un altro mio hobby, quello della moto, perché entrambe ti portano ad andare verso l’esterno”. Da prof di inglese non poteva mancare l’attenzione per il significato stesso di urbex: “Dall’inglese significa proprio esplorazione urbana – dice Galli – esplorazione di tutto ciò che è abbandonato e dismesso, ma che ha una storia da dire. E che in altri modi, può diventare anche archeologia industriale, quando il luogo è un’ex area industriale”.

Come si trovano questi posti? “Utilizzando i social ho tanti contatti con appassionati di urbex, e come si faceva una volta con le figurine dei calciatori (altra passione del prof ndr), si scambiano le coordinate geografiche, c’è chi fa una vera e propria mappatura, si individua il luogo, si fa prima un controllo e poi si va ad esplorare – dice Galli – in Lombardia, ma anche fuori regione, con l’obiettivo il prossimo anno di andare in Sardegna e a Detroit, negli Stati Uniti”.

Scorrendo velocemente le foto del suo profilo Instagram, da quelle con poche condivisioni alla foto di una Fiat Bravo rossa Gtd, che ha raggiunto più di 1 milione e 700 mila visualizzazioni, Piermario Galli pone l’attenzione sull’interrogativo rispetto a ciò che ha potuto rappresentare quel luogo o quell’oggetto per il proprietario, la storia, le esperienze: “Quell’auto è lì da almeno 3 anni, un’auto del 1999 la cui carrozzeria ha resistito a tutto, anche alle intemperie per tutto questo tempo, anche alle recenti disastrose grandinate. Ecco – aggiunge pier.urbex – mi piace prendere il passato dimenticato e portarlo nel presente tramite le foto e i reel”.

Dai motel alle discoteche, dalle chiese agli stadi, dai luna park ai centri sportivi, ma anche cascine, ex ospedali psichiatrici, ville in decadenza, aree industriali dismesse o scuole abbandonate (diverse le immagini dell’area ex Olivetti, o dell’edificio scolastico abbandonato alle porte di Crema, giusto per fare un esempio legato al territorio), fino ai centri commerciali, tanti gli aneddoti legati alle sue esplorazioni: “Ad esempio, in una casa abbandonata, si presume di un medico, ho trovato una scatola di brioche con il prezzo in lire e addirittura la sorpresina che evoca in chi la vede attraverso le foto su Instagram, il ricordo, magari di esperienze personali legate a quell’oggetto, in quel caso a quella brioche, ed è per questo che poi tanta gente segue queste mie esplorazioni”.

Quanto ad una delle ultime uscite, in un centro commerciale dismesso nel bresciano, Galli racconta dei numerosi commenti che ha avuto la sua foto, che portano ad approfondimenti e riflessioni sul tema della grande distribuzione, e sulla vita media di questi luoghi, frequentatissimi per un po’ di tempo e poi dopo la chiusura abbandonati o lasciati all’incuria, così come le discoteche, ed anche gli ospedali abbandonati: “Qui però le sensazioni sono particolari, l’urbex diventa denuncia sociale – osserva il prof. Galli – in un mio video faccio vedere oltre a dei lettini, delle protesi, che magari avrebbero potuto ancora essere utili a qualcuno”. Esplorazione urbana sì, ma con un occhio al rispetto delle regole: “Prima di andare mi documento, approfondisco anche questo aspetto, spesso vado anche con amici, con ex alunni o con alunni, ma con il permesso dei genitori, perché alla fine il messaggio che voglio dare è quello di educare all’urbex, con consapevolezza, perché l’esplorazione urbana non è un gioco e come docente per me è importante calarsi sotto l’aspetto educativo, per imparare a stare bene insieme in un gruppo, anche in contesto extrascolastico, in una situazione informale, ma sempre rispettando le regole”.

Per l’esploratore Galli, l’obiettivo è arrivare presto ai 10mila followers con i quali condividere questa passione e andare sempre più all’estero, visti i numerosi contatti che il web offre: “All’estero cambiano un po’ le cose, ho visto ad esempio case immerse nel verde, ed è più difficile capire se si tratta di luoghi abbandonati o meno, questo mi è capitato in Finlandia, mentre in Spagna ho visto luoghi più vandalizzati rispetto a quanto capita qui da noi”. In attesa di una cattedra di ruolo per il prof. Galli l’esplorazione continua, ma sempre con gli occhi aperti: “Si va sempre in due, massimo in quattro e qualche volta mi è capitato anche di scappare, anche perché nei luoghi abbandonati – dice sorridendo – qualche volta si possono fare incontri con persone poco raccomandabili”.

Tra le foto che più caratterizzano il fenomeno urbex, per il protagonista di questa storia, quella che alla vista parrebbe evocare un vecchio teatro è tra le più significative: “Si tratta di un posto molto conosciuto in Lombardia, che però non era un teatro, ma una discoteca costruita negli anni venti, poi chiusa negli anni settanta e riaperta negli anni ottanta, dove si sono esibiti anche artisti molto noti, e chissà quante storie lì si sono create o sono finite – conclude il prof. Galli –adesso giace lì come si vede nelle foto, e questo è impressionante per tutto ciò che può suscitare”.

Ilario Grazioso

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