Welfare, dal convegno del San Luigi
l’allarme per il futuro:
precarizzazione anche nel sociale
Lunedì pomeriggio presso il Centro giovanile San Luigi, si è tenuto un convegno che il Forum Territoriale del Terzo Settore di Crema e del Cremasco, rappresentato dal segretario Nicola Cappabianca e dal portavoce Giuseppe Strepparola, ha voluto dedicare ad un tema particolarmente sentito dai cittadini: le politiche e le azioni che interessano il welfare. “Senza welfare non c’è sviluppo, non c’è futuro”, questo il titolo del convegno al quale hanno partecipato rappresentanti di associazioni, Asl, CSC, operatori impegnati a vario titolo nel sociale. Presenti tra gli altri, il capitano dei carabinieri Antonio Savino, la senatrice Cinzia Fontana e il consigliere regionale del Pd Agostino Alloni.
Ad introdurre i lavori Giuseppe Strepparola che ha parlato della costruzione di un welfare per tutti i cittadini, “contrastando la logica dei tagli ai servizi sociali”, mentre le relazioni sono state fatte da Maurizio Carbonera del Forum Terzo Settore Lombardia e, per Lombardia Sociale da Valentina Ghetti e Cecilia Guidetti.
ASCOLTARE LA VOCE DEI TERRITORI
Nel suo intervento, Maurizio Carbonera ha sottolineato come l’intento di questo tipo di incontri è quello di approfondire i vari temi, ascoltando le voci provenienti dai territori. I temi centrali della discussione, sono stati la presa in carico della persona e l’allocazione delle risorse scarse: “Il ruolo del terzo settore – ha detto Carbonera – è un ruolo particolare, che nell’ambito dei piani di zona dovrebbe incrementarsi, ma nell’attuale situazione economica – ha affermato – il welfare è elemento debole, che rischia di vedere sempre meno fondi impiegati nelle politiche sociali. Il rischio – ha concluso – è rappresentato dal fatto che, si conti sempre di più sul terzo settore, ma che nella pratica non si danno allo stesso le risorse per operare”.
IL WELFARE CHE CAMBIA, IN ITALIA E IN LOMBARDIA
Approfondita e ricca di dati la relazione di Valentina Ghetti e Cecilia Guidetti, le quali hanno presentato una sorta di monitoraggio delle politiche sociali lombarde degli ultimi dieci anni, con uno sguardo alla situazione italiana.
L’esperienza lombarda
Attraverso la creazione di un “quasi-mercato”, la giunta regionale si era posta l’obiettivo di aumentare la competizione fra erogatori, al fine di garantire ai cittadini la possibilità di individuare l’ente gestore, scegliendo fra gli erogatori accreditati. L’esperienza lombarda di questi 10 anni ha mostrato che, all’interno delle politiche sociali, è ridotta la possibilità di applicare il modello del quasi mercato puro, che si basa sul binomio competizione fra erogatori e libertà di scelta. I limiti prevalenti, sono stati legati all’esigenze di controllo del budget e alla sproporzione tra domanda e offerta, in particolare per alcune aree di bisogno, come ad esempio la disabilità.
La situazione di oggi
Il quadro che emerge non è esaltante: è vero che negli ultimi anni complessivamente si sono avute più risorse, ma la scelta fatta da Regione Lombardia è stata quella di puntare maggiormente sugli interventi socio sanitari, rispetto a quelli sociali. Lo scenario attuale invece, fa registrare pesanti tagli al Fondo Nazionale Politiche Sociali (FNPS), al Fondo Sociale Regionale (FSR), l’azzeramento del Fondo Non Autosufficienza (FNA) e del Fondo famiglia. Ma allora la regione sta disinvestendo sul welfare? A questo interrogativo Valentina Ghetti non risponde in maniera negativa, tuttavia “la direzione verso la quale si sta procedendo è chiara, ed è una scelta precisa di allocazione delle risorse, verso l’ambito socio sanitario”. Tuttavia, se si riducono le risorse a partire dai trasferimenti statali, la Ghetti prefigura un’ambiguità di fondo: “O si riduce la qualità o si chiede ai cittadini di mettere quello che manca”.
Le sperimentazioni
Regione Lombardia sta estendendo la logica della sperimentazione (conciliazione, fattore famiglia, piani di zona) e il finanziamento per progetti, regolarizzando una tendenza già praticata nella precedente legislatura. Questo – dice Valentina Ghezzi – produce effetti negativi ponendo a rischio la continuità degli interventi sperimentati e inducendo ad una precarizzazione del sociale. Inoltre, ciò fa sorgere qualche dubbio sull’efficacia della logica sperimentale e sulla reale possibilità di controllo delle buone pratiche locali. Regione Lombardia ha sperimentato molto più di altre regioni, ma gli esiti di queste sperimentazioni non sempre si conoscono.
Ilario Grazioso
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