Cultura

“I luoghi dell’acqua”
Le tele di Arata in mostra
nella Sala Agello del S. Agostino

E’ un’arte riflessa sul pelo dell’acqua, quella del celebre pittore castelleonese Francesco Arata. Realizzare un’intera mostra monografica sarebbe stato impossibile, così il figlio Gian Maria Arata ha pensato di organizzarla secondo uno dei temi più chiari e ricorrenti nell’opera del pittore castelleonese: “I luoghi dell’acqua” raccoglie cinquanta tele selezionate per l’occasione, che rimarranno esposte al pubblico presso la sala Agello della Cittadella della Cultura fino all’8gennaio 2012.

LA VITA

Amato e stimato nella sua terra natale, Arata è stato in grado di spaziare ben oltre il contesto provinciale toccando città come Milano e Venezia, venendo a contatto con il panorama artistico internazionale dell’epoca. Francesco Arata nasce il 21 ottobre 1890 a Castelleone; un’infanzia tranquilla, segnata dalla scomparsa del padre lasciando una tristezza che velerà gli sguardi nei famosi ritratti di famiglia realizzati dall’artista. Studia all’accademia di Brera dove poi diventa docente, avendo modo di respirare le prime correnti della pittura novecentesca. Da sempre è legato all’arte figurativa, Arata non sarà mai un semplice pittore ma un artista che seppur lontano dalle grandi culle dell’arte novecentesca sarà sempre in grado di cogliere ispirazione seguendone i passi a distanza.

LE OPERE

Proprio questa capacità di “usmare”, per dirla alla cremasca, di fiutare l’essenza dell’arte di quel periodo lo porta ad assorbire la filosofia che permea gli anni che lo vedono attivo: nei primi lavori di ragazzo compare l’influenza divisionista, resa con spessi filamenti, che via via si tramutano in tratteggi più pieni che nelle opere seguenti ricordano i lavori di Cézanne. I primi quadri ispirati al vedutismo di fine Ottocento, soprattutto quelli realizzati a Venezia, già segnano un’inclinazione verso al pittura moderna. L’acqua è il comun denominatore dello studio intrapreso dal pittore, ora impegnato a rendere i riflessi del suo Serio cremasco, ora pronto a spaziare con lo sguardo lungo spiagge deserte e assolate.  I paesaggi marini sono particolarmente amati dal pittore, che con la famiglia trascorre in Liguria i mesi invernali; con le “marine” inizia fase che vede Arata avvicinarsi alla pittura metafisica e riflessiva di De Chirico e Carrà, con campi di colore pieni e quasi monocromatici investiti da un senso di mistero e attesa silenziosa, raramente turbata dalla presenza dell’uomo. Arata regala il mare alla pianura: si racconta che d’inverno proprio gli agricoltori castelleonesi e soresinesi richiedessero al pittore quegli scorci di spiagge barche e carruggi che appesi sopra il camino davano quasi l’idea di respirare quel mare salmastro e lontano e per molti sconosciuto. La riflessione interiore proiettata nelle tele di Francesco Arata non si spegnerà nemmeno con il suo ritorno al postimpressionismo lombardo, in cui in tarda età il pittore riscopre l’amore per i paesaggi della terra natìa, che in sé portano sempre il riflesso degli innumerevoli mondi esplorati in una vita consacrata all’arte.

 

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