Cronaca

Delitto Casale, movente pedofilia
Imputato "lupo vestito da agnello"

Gottardelli, reo confesso, ha chiesto scusa alla famiglia
della vittima Fausto Gozzini, ma nega le accuse di pedofilia
Disposta una perizia psichiatrica

Si è aperto oggi con numerosi colpi di scena il processo in Corte d’Assise a Cremona contro Domenico Gottardelli, il 79enne idraulico di Covo, in provincia di Bergamo, che lo scorso 14 settembre aveva ucciso con un colpo di fucile l’amico di una vita Fausto Gozzini, 61 anni, nell’ufficio della sua azienda di Casale Cremasco, la Classe A Energy di via Camisano. Gottardelli, detenuto nel carcere di Cremona, è comparso davanti alla Corte composta dal presidente, dal giudice togato e dalla giuria popolare composta da due uomini e quattro donne. L’imputato è assistito dagli avvocati Santo Maugeri, di Cremona, e da Pietro Meazza, di Lodi, mentre le parti civili, Marcello e Marco Gozzini, i due figli della vittima, sono rappresentate dai legali Emilio Gueli e Alessandro Pasta, del Foro di Bergamo.

Domenico Gottardelli, reo confesso, deve rispondere di omicidio premeditato. “Sì, ho sparato io”, ha detto oggi l’imputato in udienza. “Chiedo scusa alla famiglia, ma non ce la facevo più. Sono scoppiato”.

La mattina del delitto aveva preso il fucile calibro 12 Beretta che deteneva illegalmente da 20 anni nel garage della sua abitazione (l’arma era di un amico e l’aveva portata via durante un trasloco), aveva preso la macchina e aveva raggiunto la vittima nella sua azienda. Due i colpi di fucile esplosi: uno era andato a vuoto, mentre l’altro, a distanza ravvicinata, aveva raggiunto Gozzini all’addome, uccidendolo.

Gottardelli al termine dell’udienza a colloquio con i suoi legali prima di rientrare in carcere

L’imputato, che si era autoaccusato davanti ai carabinieri, ha sempre sostenuto di aver ucciso l’amico perchè lo riteneva colpevole di essersi appropriato del suo denaro contante, circa 340.000 euro, soldi ricavati dalla vendita di una casa al lago e custoditi nella garage della sua abitazione. E lo avrebbe fatto con la complicità della domestica di Gottardelli, nonchè presunta amante di Gozzini. Entrambi avevano libero accesso alla sua abitazione, dove, secondo l’imputato, sarebbero avvenuti gli incontri clandestini della coppia. A nessuno dei due, però, il 79enne aveva chiesto spiegazioni circa la sparizione del denaro. Per cinque lunghi anni, invece, aveva covato odio e un forte desiderio di vendetta, culminato l’11 settembre dell’anno scorso, qualche giorno prima del delitto.

Rientrando a casa da una visita, Gottardelli, che abitava da solo dopo aver convissuto con un compagno deceduto nel 2000, aveva trovato il letto “scombinato” e le lenzuola “stropicciate”, e lì, pensando ad un rapporto sessuale tra la sua domestica e il suo amico, aveva deciso di passare all’azione. “Con Fausto eravamo amici, siamo stati in viaggio insieme”, ha dichiarato Gottardelli. “Lui sapeva che avevo i soldi in casa. E frequentava la mia cameriera, facevano i loro comodi in casa mia. Non ce la facevo più”.

Ma oggi in aula, a sorpresa, è spuntato un altro possibile movente del delitto: Gottardelli avrebbe ucciso Gozzini perchè la vittima non voleva più prestargli la sua casa in Tunisia, dove l’imputato soggiornava per diversi mesi all’anno. In quell’abitazione, secondo due testimoni, e cioè il factotum tunisino di Gozzini che si occupava della casa in sua assenza, e Luigi, il vicino di casa italiano, ci sarebbe stato “un andirivieni di giovani minorenni, una sorta di sexy shop”. Una situazione che, a detta del factotum tunisino, sarebbe stata la causa dei guai di Gottardelli con la giustizia tunisina. Gozzini aveva quindi deciso di non prestare più la casa all’amico, senza dargli spiegazioni sulla vera ragione della sua decisione. Accuse che oggi l’imputato ha respinto con forza. “In Tunisia ho avuto relazioni sia con maschi sia con femmine”, ha detto, “ma non minorenni mai. Se fai una cosa del genere in Tunisia ti arrestano e non sai più quando esci”.

A sinistra la vittima, a destra il suo omicida

In udienza oggi hanno testimoniato i carabinieri e la moglie della vittima, presente in azienda al momento del delitto. “Mio marito era nel suo ufficio e io nel mio, ma potevo vedere perchè c’erano le vetrate”, ha spiegato la donna. “Ad un certo punto ho sentito sentito un rumore molto forte e Gottardelli che guardava per terra. ‘Perchè, perchè, perchè?’, continuava a ripetere mio marito. Dopo che lo ha colpito, si è seduto vicino a Franco. Non ha detto nulla. Sogghignava”. In aula, la moglie della vittima ha raccontato di quando Gottardelli aveva preso le parti di suo marito che stava affrontando una causa civile contro una persona che l’imputato conosceva e del quale era amico. “Lo faccio fuori io”, aveva detto il 79enne a Gozzini. Tanto ho problemi di salute e non mi possono fare nulla”. “Aveva detto tutto questo in tono arrogante”, ha ricordato la testimone. “Mio marito diceva che era un lupo vestito da agnello”.

L’avvocato difensore Santo Maugeri

Domenico Gottardelli è cardiopatico e circa vent’anni fa era stato sottoposto a trapianto di fegato.  Per gli esperti nominati dalla difesa, lo psichiatra Marco Frongillo e la psicologa Moira Liberatore, entrambi di Milano, lo stato di salute dell’imputato, che soffre anche di un disturbo neurocognitivo vascolare lieve, è incompatibile con il carcere. Il suo disturbo, comunque, non compromette la sua capacità di intendere e di volere. Gli esperti hanno parlato di “ritrovata serenità” dell’imputato dopo aver commesso l’omicidio, di un certo “sollievo” percepito dopo aver passato cinque anni ad avere pensieri ossessivi sul furto del suo denaro e sulla presunta relazione tra l’amico e la cameriera.

L’imputato, come ha disposto la Corte, sarà comunque sottoposto a perizia psichiatrica per valutare la sua capacità di intendere e di volere e la compatibilità, viste anche varie problematiche di salute, con il regime carcerario. La prossima udienza, fissata al 27 giugno, sarà conferito l’incarico agli psichiatri Giacomo Filippini e Sergio Monchieri.

Sara Pizzorni

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