Cronaca

Violenza all'amazzone, l'imputato:
"Ero a Eboli". Giallo al maneggio

Colpo di scena, questa mattina in aula, per il processo a carico di Asif, 30enne pakistano accusato di violenza sessuale al maneggio in località Cascina Zita a Rivolta d’Adda. Durante l’esame, l’imputato ha sostenuto di non essere mai stato in quel maneggio, ma di aver lavorato come addetto alle pulizie in un maneggio di Peschiera Borromeo. E in più, il giorno della violenza, l’uomo sarebbe stato ad Eboli, in provincia di Salerno. Scambio di persona?. Sarà da appurare sottoponendo l’imputato ad un riconoscimento da parte della presunta vittima, che oggi non era presente in udienza, e da parte del datore di lavoro del maneggio di Rivolta d’Adda, che per due volte, nonostante fosse stato citato, non si è presentato a testimoniare. Nei suoi confronti, il collegio dei giudici ha disposto per la prossima volta, fissata al 13 giugno, l’accompagnamento coatto.

L’episodio di violenza risale al 10 luglio del 2021. Secondo l’accusa, l’imputato, che a Cascina Zita lavorava come addetto alle scuderie, all’interno della selleria avrebbe abbracciato con forza, tentato di baciare e palpeggiato una giovane amazzone di 25 anni, all’epoca frequentatrice del maneggio insieme alla sua famiglia. A distanza di giorni, inoltre avrebbe inviato alla ragazza video choc di cavalli maltrattati e di ragazzini che maneggiavano armi. Video minacciosi, per la vittima, che aveva deciso di sporgere denuncia. A processo si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Davide Montani. Oggi la 25enne, che aveva già testimoniato la scorsa udienza, non era in aula. Non se la sentiva di rivedere il suo aggressore.

L’imputato è invece assistito dall’avvocato Manila Filella, del Foro di Pavia, che al suo cliente, aiutato da un’interprete, ha fatto ripercorrere tutte le tappe della sua permanenza in Italia. In Italia, in particolare a Trieste, Asif è arrivato nel 2019. Alla fine di quell’anno aveva fatto richiesta di asilo, dopodichè si era spostato a Napoli e da lì, all’inizio del 2020, in un campo di accoglienza di Eboli dove ogni giorno gli ospiti firmavano il foglio delle presenze. Solo nel gennaio del 2022 l’imputato, che nel frattempo aveva smarrito la carta di identità, era arrivato al Nord perchè aveva saputo che a suo carico c’era un procedimento penale. “Non ho mai lavorato alla Cascina Zita”, ha sostenuto oggi il pakistano, che per tutto il 2022 ha lavorato come dipendente assunto in un maneggio di Peschiera Borromeo. La denuncia di smarrimento della carta di identità risale all’agosto del 2022, un anno dopo averla persa. L’imputato ha disconosciuto il numero di telefono che gli è stato letto in aula e dal quale la vittima aveva ricevuto i video minacciosi, ha riferito quale era il suo vero numero di cellulare e ha detto di non aver mai conosciuto la ragazza.

A questo punto, come convenuto in aula, si rende “fondamentale” un confronto. Per il 13 giugno il tribunale ha disposto l’accompagnamento coattivo del titolare del maneggio di Rivolta e la presenza della parte civile per effettuare il riconoscimento dell’imputato.

Sara Pizzorni

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