Truffa reddito cittadinanza, gip:
"Un progetto di vita criminale"
“L’estrema pericolosità sociale degli indagati dimostrata dalla natura dei reati, dalla sistematicità e dalla continuità delle condotte illecite realizzate risulta incontrovertibilmente provata”. Lo scrive il gip di Milano Teresa De Pascale nelle 52 pagine di ordinanza relativa all’indagine portata a termine dalla guardia di finanza di Cremona e Novara sulla indebita percezione del reddito di cittadinanza. Indagine che già lo scorso novembre aveva portato a 16 arresti.
In questa ulteriore tranche sono finiti in carcere Dumitru Serban, 43 anni, Violeta Mihai, 52 anni, Marin Chitu, 41 anni, Adrian Tanase, 47 anni, Ionut Lepadat, 25 anni, tutti romeni, mentre una sesta persona, Serena Rizzi, 32 anni, di Milano, è ai domiciliari. Quest’ultima è una ex dipendente di un centro di assistenza fiscale.
La banda era specializzata nel procurare documenti e nominativi di propri connazionali avvalendosi anche dell’aiuto di complici operanti all’estero. I documenti, portati “a pacchi” e “a malloppi”, erano poi consegnati, tramite persone di fiducia, ai titolari e dipendenti di Caf e patronati compiacenti che predisponevano e compilavano la falsa documentazione di supporto alla domanda (DSU e codice fiscale).
L’inchiesta della procura di Milano ha fatto scoprire 10mila domande di reddito di cittadinanza e di emergenza sprovviste dei requisiti previsti dalla legge, con un danno all’erario di oltre 21.5 milioni di euro. Contestati a vario titolo i reati di associazione per delinquere, truffa aggravata ed estorsione.
Nell’ordinanza, il gip parla di un'”allarmante disinvoltura nella realizzazione dell’attività criminosa” e di un “totale disprezzo per le istituzioni”. Una organizzazione “capace di insinuarsi nelle maglie della burocrazia per ottenere indebiti e ingenti profitti a discapito della collettività. Il gruppo è stato in grado di procurare numerose identità di concittadini romeni che sono state utilizzate per l’istruzione di domande di reddito di cittadinanza finalizzate a frodare l’Erario mediante l’indebita percezione di ingenti benefici economici”.
I cinque romeni arrestati sono ritenuti “procacciatori di identità di concittadini romeni”, mentre la Rizzi agiva come dipendente della Nova Servizi, la società attorno a cui ruotava il meccanismo truffaldino con sede legale in centro a Milano e in convenzione sia con il Patronato Sias che con lo stesso Caf Mcl (Movimento Cristiano Lavoratori). Per l’accusa, non si sarebbe solo limitata all’istruzione di numerosissime domande di Rdc, ma si sarebbe adoperata nel procurare, per 50 euro l’uno, codici fiscali fasulli a uno dei suoi complici. Per il giudice, “la piena consapevolezza della illiceità delle pratiche emerge ancor più dalle cautele che la Rizzi ha adottato per non essere ‘sgamata’”, incontrando uno degli indagati sotto la sua abitazione per ritirare i falsi codici fiscali, in modo tale da non farseli consegnare nell’ufficio dove lavorava.
Tutti gli indagati, scrive il giudice, “non hanno desistito neppure a fronte delle attività investigative di perquisizione e sequestro eseguite, continuando a programmare azioni truffaldine nonostante controlli e sequestri, ciò denotando un modus di vita improntato al crimine nella sicura convinzione dell’impunità. L’attività criminosa dell’organizzazione prosegue senza sosta e deve essere stroncata con adeguate ed efficaci misure cautelari”.
Sara Pizzorni