Pamiro, la famiglia torna a "Chi
l'ha visto?". Il 21 luglio l'udienza
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In vista dell’udienza in calendario il 21 luglio nella quale si discuterà la richiesta di archiviazione della procura di Cremona, i genitori di Mauro Pamiro, il 44enne professore e musicista cremasco trovato cadavere il 29 giugno dell’anno scorso nel cantiere edile di via Mazzolari, nel quartiere dei Sabbioni a Crema, continuano la loro battaglia in tv.
Al centro della puntata di ieri della trasmissione Rai “Chi l’ha visto?” c’era il famoso video di Pamiro che, alle 2 della mattina del 28 giugno, solo, scalzo e senza telefonino, lascia via Biondini, dove abitava, e si dirige in via Camporelle verso il cantiere situato in via Don Primo Mazzolari. Una via chiusa alle auto e con un varco per i pedoni. Proseguendo per via Camporelle e girando a destra per via San Pantaleone si torna in via Don Primo Mazzolari con di fronte il cantiere.
Nel filmato, passato interamente al setaccio dagli inquirenti, venti minuti dopo si vede una coppia ferma in via Camporelle dove comincia il cantiere. Chi ha indagato, però, ha definito la presenza della coppia non di interesse investigativo. “Qualcuna delle persone che gli passarono accanto può farsi avanti?” è invece l’appello lanciato ieri dai genitori attraverso la trasmissione.
Nella richiesta di archiviazione del pm Davide Rocco si legge che “non è stato evidenziato il coinvolgimento di terzi nella morte di Mauro Pamiro”. Secondo la procura, il 28 giugno il professore si sarebbe lanciato dall’impalcatura del cantiere. L’autopsia ha stabilito che “le lesioni sono compatibili con una precipitazione dall’alto, e comunque compatibili con l’altezza dell’edificio in costruzione alla base del quale era stato rinvenuto il cadavere”. Sul corpo, nessuna lesione compatibile con l’azione di terzi, nè elementi riconducibili alla presenza di soggetti terzi sul luogo dell’evento al momento del fatto.
“Dall’analisi della documentazione medica”, scrive il pm nella richiesta di archiviazione, “emergeva che Pamiro era affetto da distrofia muscolare”, ma, come successivamente accertato dal consulente tecnico, “non aveva palesato alcun risentimento della sfera cardiaca e/o di quella motoria”. Le analisi chimico tossicologiche hanno accertato che “Pamiro aveva assunto cannabis in epoca prossima al decesso e documentavano un consumo regolare della stessa sostanza, per lo meno negli ultimi sei mesi di vita”.
All’inizio dell’inchiesta, Debora Stella, 40 anni, grafica pubblicitaria, moglie di Pamiro, era stata indagata per omicidio come atto dovuto. “In seguito ai rilevanti segni di disturbo manifestati”, scrive il pm, “la donna ricorreva alle cure dei sanitari che l’avevano sottoposta a ricovero nel reparto di Psichiatria fino al 12 luglio”. Diagnosi: “Reazione dissociativa non specificata; intossicazione acuta da cannabinoidi in abuso di cannabinoidi”. Il pm ha ritenuto “ampiamente attendibili” le dichiarazioni rese dalla donna nel secondo interrogatorio, quello successivo alle dimissioni dall’ospedale di Crema.
Ma la famiglia non ci sta. I genitori di Mauro non credono che il figlio si sia suicidato. E hanno lanciato un appello affinchè chi possa aver visto qualcosa si faccia avanti.
Sara Pizzorni