Lettere

Bcc Treviglio: una ripresa
che non fa primavera

da Riccardo Rivoltella

Siamo stati tutti felici di sapere che la BCC Treviglio è tornata ad avere un (modestissimo) utile.
Qualche giornale ha scritto “La crisi è finita”.
Poi ci siamo chiesti: E’ proprio vero? Fu vera gloria?
La sentenza non spetta ai posteri ma a tutta la comunità locale, portatrice di interessi. La si può dare senza necessità di sciorinare molti numeri.
Eravamo abituati a bilanci in rosso e forse non era indispensabile e neppure opportuno evidenziare un utile da vetrina, quando la situazione economico-finanziara non è cambiata di molto. Tutto sembra confermare che nessuno dei problemi fondamentali della Bcc sia stato risolto. La raccolta diretta è rimasta costante ed è aumentata quella indiretta. Si è ridotto il costo della raccolta e la banca sta operando per ridurre i costi fissi (meno filiali e meno dipendenti). Ma il numero dei dipendenti e soprattutto delle filiali rimane troppo alto.
Esistono 3 aspetti che rendono complesso il futuro e che possono essere così riassunti (con una certa approssimazione):
1) Crisi specifica delle BCC. Secondo uno schema disponibile su Internet, partendo dal sito de “La Repubblica” le Bcc a rischio sono svariate decine. Il modello è stato criticato, con buona ragione. Ma i dati fondamentali rimangono negativi ed essere in cattiva compagnia non non è certo una soddisfazione. Anche nelle banche valgono le regole delle economie di scala. Già 30anni fa direttori di banca della zona asserivano che le Casse Rurali dovevano fare una serie di fusioni per poter raggiungere la dimensione minima per reggere la concorrenza. In questo la Bcc di Treviglio ha avuto “troppa grazia”, le fusioni e soprattutto l’apertura continua di filiali hanno appesantito la struttura senza raggiungere i risultati sperati. Va considerato che le banche on-line esistono ormai dal 1996. I ridotti margini di interesse possono essere accettabili solo se si riducono i costi fissi. Il che si ottiene (forse) con le fusione e con la messa in comune dei servizi, specie informatici.
2) Permanenza di una situazione macroeconomica debole. La cosiddetta micro-ripresa è più un auspicio che una realtà. Meglio sarebbe parlare di un assestamento. I dati fondamentali relativi al debito pubblico, alla disoccupazione e alla crescita del Pil restano e rimarranno a lungo mediocri.
3) “Ostilità” neanche tanto nascosta delle autorità europee. Va ricordato il quadro legislativo europeo che appare sfavorevole alle piccole banche. Trattate quasi come entità da superare L’Europa non ama le banche italiane, in particolare, le ex Casse Rurali. Oltre il 90% delle aziende italiane è di piccole o piccolissime dimensioni, caso unico in Europa. La positività storica dell’operato delle BCC nei confronti di famiglie e e imprese sembra è sempre meno riconosciuta e valorizzata. Il tutto nel quasi totale silenzio assordante della politica nazionale e locale.

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