Appello ex don Inzoli, pena ridotta: 4 anni, 7 mesi e 10 g. E il Papa cita il caso di Crema
4 anni, 7 mesi e 10 giorni invece di 4 anni e 9 mesi. I giudici della corte d’appello di Brescia, il presidente Enrico Fischetti e il giudice relatore Mariapaola Borio, hanno accolto la richiesta del pg Cristina Bertotti, e hanno ridotto la pena decisa in primo grado per l’ex don Mauro Inzoli, 67 anni, il carismatico capo di CL condannato il 29 giugno del 2016 dal gup di Cremona Letizia Platè per abusi sessuali su minori con l’aggravante dell’abuso di autorità. La riduzione della pena è dovuta all’intervenuta prescrizione di due episodi contestati all’imputato, ridotto il 20 maggio scorso con sentenza definitiva allo stato laicale da Papa Francesco. Il processo è stato celebrato con il rito abbreviato, che concede lo sconto di un terzo della pena.
E proprio oggi, nel giorno della sentenza d’appello, Papa Francesco ha fatto un pesante affondo contro la pedofilia. Davanti alla Pontificia Commissione per la tutela dei minori, ha detto: “Non concederò mai la grazia ai colpevoli di abuso. Per queste persone, se ci sono le prove, la pena è definitiva”. Il Papa ha anche parlato del caso di Crema. Le frasi da lui pronunciate sono riportate sul sito Avvenire.it. “In un solo caso, in quasi cinque anni”, ha detto Bergoglio, “c’erano due sentenze su un sacerdote della diocesi di Crema: la sentenza del vescovo era buona, toglieva tutti i ministeri, ma non lo stato clericale. Io ero nuovo, non capivo bene queste cose e davanti alle due ho scelto la più benevola”. “Ma dopo due anni lui è ricaduto”, ha concluso il Papa. “In realtà”, hanno spiegato i legali della difesa, gli avvocati Nerio Diodà e Corrado Limentani, “il nostro assistito non ha commesso alcun fatto nuovo. C’e’ stato un equivoco, o il Papa è stato informato male”. L’iter è stato questo, come hanno specificato gli avvocati: Nel marzo scorso la curia di Crema aveva incaricato l’avvocato Antonino Andronico, del foro di Bergamo, di chiedere copia della sentenza di primo grado. La sentenza era poi stata inviata al vescovo che a sua volta l’aveva inoltrata in Vaticano alla Congregazione per la dottrina della fede. In seguito don Inzoli era stato spretato. “In quell’occasione”, hanno detto i due legali, “il nostro cliente aveva scritto una memoria in cui specificava che i casi trattati nella sentenza di primo grado erano quelli riferiti agli anni addietro, quindi nessun nuovo episodio e nessuna ricaduta”.
Inzoli doveva rispondere di otto episodi di violenza sessuale commessi sia nel suo ufficio dove teneva gli esercizi spirituali con i ragazzini, sia negli alberghi dei luoghi di villeggiatura dove CL portava i minori durante le vacanze estive. I fatti sarebbero accaduti tra il 2004 e il 2008. Tra le persone offese, un ragazzino all’epoca di soli 12 anni e un altro di 13. Sono gli episodi più gravi in quanto commessi ai danni di minori di 14 anni. Le altre vittime avevano tra i 14 e i 16 anni. Nel conteggio della pena è stato tenuto conto anche del risarcimento alle due parti civili e ad altre tre parti offese. A ciascuno dei cinque minori, in primo grado l’ex religioso aveva riconosciuto una somma di 25mila euro.
La difesa, da parte sua, oltre alle prescrizioni, ha sostenuto anche la linea del ‘Ne bis in idem’, e cioè il principio secondo il quale non si può essere condannati due volte per gli stessi fatti. In questo caso, essendo l’ex don Inzoli già stato condannato in sede ecclesiastica per gli stessi fatti, non avrebbe potuto essere di nuovo condannato in sede di giustizia ordinaria. Questo motivo d’appello, non accolto dalla corte, i legali lo ripresenteranno anche nel ricorso in Cassazione.
La motivazione della sentenza d’appello sarà depositata entro 60 giorni.
Sara Pizzorni