Firmato il decreto, è ufficiale Camera di Commercio a tre con Mantova e Pavia
Manca poco al finale “ufficiale” per la nuova Camera di Commercio che riunirà Cremona, Mantova e Pavia. Quel che si sa già è che le scelte che si prospettano non paiono accontentare tutti. Il ministro per lo sviluppo economico Calenda ha firmato martedì 8 agosto il decreto di riforma degli enti camerali riducendoli da 95 a 60 in Italia (da 12 a 7 in Lombardia), ma non ha reso noto il testo. Dettaglio non da poco. Dalle prime indiscrezioni emerse tuttavia, si sa che, per quel che ci riguarda, l’accorpamento tra le tre camere è confermato e che la sede sarà con tutta probabilità a Mantova. Proprio sulla questione della sede si assiste al “duello” tra Pavia e Mantova, con la prima che sente tradita la “promessa” fatta da Unioncamere Nazionale e, qualora fosse confermata la sede dell’ente a Mantova, promette battaglia. Per avere l’ufficialità della scelta ministeriale bisognerà attendere il decreto, che potrebbe essere pubblico solo dopo la registrazione alla Corte dei Conti, e, probabilmente, ci vorrà qualche giorno.
“Il decreto – afferma il presidente della Camera di Commercio di Cremona, Giandomenico Auricchio – “non potrà contenere altre informazioni aggiuntive se non la sede e il nome del commissario ad acta, che dovrà accompagnare il nuovo ente alla formazione degli organi direttivi”. Stando ad indiscrezioni, la scelta sarebbe ricaduta su Marco Zanini, attuale segretario a Mantova. E se il matrimonio tra Cremona e i virgiliani era cosa scontata (la trattativa è stata seguita passo dopo passo da Auricchio) e un equilibrio tra le due realtà è stato in qualche modo trovato, così non è per la nuova arrivata Pavia, forte di un maggior numero di imprese iscritte (58.068 contro le 49.750 mantovane e le 36.824 cremonesi). Come spiega il presidente del locale ente camerale Franco Bosi al quotidiano Provincia Pavese, “non abbiamo ancora visto il testo e ci opporremo in tutti i modi perché questo accorpamento non ha seguito i criteri di legge”. Bosi annuncia l’intenzione, una volta letto il testo, di ricorrere al Tar “perché è stato commesso un errore e noi non siamo stati coinvolti: vogliamo pari dignità e la possibilità di far valere le nostre ragioni”.
Un doppio schiaffo per Pavia, dunque, ma il cremonese Auricchio non la vede così: “E’ sbagliato vedere questa come una gara, l’ho sempre detto in tutti gli incontri che abbiamo fatto. Qui si parla di territori, non di gare e i territori avranno tutti pari dignità e visibilità. Questa la condizione che abbiamo sempre posto, ogni territorio dovrà essere rispettato, altrimenti la riforma sarebbe totalmente inutile”.
Non ci sono preoccupazioni invece, sul piano del personale dipendente, su cui non ci sarà alcun esubero (almeno per quanto riguarda l’ente principale, discorso diverso potrebbe esserci per le partecipate).
Resta da capire se il decreto definisca anche la distribuzioni dei posti nel consiglio e nella giunta camerali e i criteri con cui questi verranno divisi tra Mantova, Cremona e Pavia. Si tratta di 33 poltrone per quel che riguarda il consiglio e di 8 per quel che concerne la giunta, compresa quella del presidente che, a questo punto, dovrebbe andare a Pavia con vice un cremonese per riequilibrare il tutto. Questo tuttavia, sarà deciso, come i per consiglieri, nelle successive trattative. Un’ipotesi comunque c’è già e prevederebbe: 12 consiglieri a Pavia, 11 a Mantova e 10 a Cremona. Cifre che tengono conto, oltre che del numero di imprese anche dell’ammontare dei diritti annuali versati, del valore aggiunto e degli occupati per settore.
«La riforma mira ad un maggior dinamismo dell’intero sistema imprenditoriale – scrive il Ministero – ridefinendone i punti di riferimento sul territorio e porterà risparmi importanti: una più razionale riallocazione del personale, maggiori servizi alle imprese e una rimodulazione dell’offerta in relazione alle opportunità del piano Industria 4.0. I commissari ad acta provvederanno ad agevolare l’istituzione delle nuove Camere di Commercio».