Don Inzoli, il gup: 'Approfittò del prestigio per ottenere soddisfazione sessuale'
Nelle 20 pagine di motivazione della sentenza nei confronti di don Mauro Inzoli, il carismatico capo di CL accusato di abusi sessuali su minori con l'aggravante dell'abuso di autorità, il gup Platè spiega le ragioni della condanna del religioso a 4 anni e 9 mesi di reclusione.
“Negli anni ha approfittato con spregiudicatezza della propria posizione di forza e prestigio per ottenere soddisfazione sessuale, tradendo la fiducia in lui riposta dai giovani nei momenti di confidenza delle proprie problematiche personali ed anche nel corso del sacramento della Confessione, ammantando talora le proprie condotte di significato religioso, così confondendo ulteriormente i giovani”. Lo scrive il gup Letizia Platè nelle venti pagine di motivazione della condanna inflitta il 29 giugno scorso a don Mauro Inzoli, 66 anni, il carismatico capo di CL accusato di abusi sessuali con l’aggravante dell’abuso di autorità. Don Mauro, processato con il rito abbreviato, è stato condannato ad una pena di 4 anni e 9 mesi di reclusione a fronte dei 6 chiesti dal procuratore Roberto di Martino. Nel conteggio della pena è stato tenuto conto anche del risarcimento alle due parti civili e ad altre tre parti offese, all’epoca dei fatti tutte minorenni. A ciascuno, il religioso ha riconosciuto una somma di 25mila euro.
IL GUP: “GRAVITA’ DELLA CONDOTTA IN MODO REITERATO E PERVASIVO. UN FENOMENO SU AMPIA SCALA E DI GRANDE DIFFUSIVITA’ NEI CONFRONTI DI UNA PLURALITA’ INDISCRIMINATA DI MINORI”
Nella motivazione, il gup parla di “gravità della complessiva condotta posta in essere dall’imputato in modo reiterato e pervasivo nei confronti di molti giovani anche al di sotto degli anni 14”, e in base alle testimonianze in atti, “un fenomeno su ampia scala e di grande diffusività”. “Un quadro”, si legge, “che evidenzia l’esistenza di condotte nei confronti di una pluralità indiscriminata di soggetti all’epoca minorenni, sin dalla metà degli anni ’90 del secolo scorso”, così come “innumerevoli sono i soggetti passivi ed il numero di occasioni in cui ognuno di loro fu sottoposto a molestie di ordine sessuale”. Otto gli episodi di violenza sessuale su minori finiti davanti al gup, ma sono centinaia quelli che don Mauro avrebbe commesso tra il 1995 e il 2008, fatti non in contestazione in udienza preliminare perché prescritti o comunque non procedibili.
IL GUP: “VASTITA’ DELL’AZIONE COMMESSA: DANNO PSICOLOGICO PER LE VITTIME SU LARGA SCALA”
Tra le persone offese, un ragazzino all’epoca di soli 12 anni e un altro di 13. Sono gli episodi più gravi in quanto commessi ai danni di minori di 14 anni. Le altre vittime avevano tra i 14 e i 16 anni. Uno dei ragazzini, come riporta il giudice nella motivazione, è stato interessato dalle attenzioni sessuali da parte di don Inzoli per un arco temporale di circa dieci anni, dal 1997 al 2007, un altro ha subito molestie per circa due volte al mese per cinque anni, un altro ancora per quattro anni dal 1995 una volta alla settimana. “Alla vastità dell’azione commessa”, scrive il gup, “corrisponde anche un danno nelle giovani vittime su larga scala”. A distanza di anni, infatti, c’è ancora chi è in analisi e chi non parla più al padre che davanti alle accuse mosse al religioso aveva mantenuto un atteggiamento neutro.
ABBRACCI MORBOSI E TOCCAMENTI IN UFFICIO E NEI LUOGHI DI VILLEGGIATURA DOVE CL PORTAVA I MINORI PER LE VACANZE
Gli episodi per i quali don Mauro è stato condannato sono stati commessi tra il 2004 e il 2008 sia nel suo ufficio, dove teneva gli esercizi spirituali con i ragazzini, sia negli alberghi dei luoghi di villeggiatura dove CL portava i minori durante le vacanze estive. Atti sessuali consistiti in “abbracci morbosi, baci sulle guance e sulla bocca, toccamenti nelle parti intime e masturbazioni”.
ABUSO DI AUTORITA’: IL GUP: FORTISSIMA SOTTOMISSIONE PSICOLOGICA DAVANTI A DON INZOLI, IDOLO MERITEVOLE DI VENERAZIONE”
A don Inzoli si contestava l’abuso di autorità in quanto all’epoca dei fatti ricopriva i ruoli di rettore al liceo linguistico Shakespeare e parroco della chiesa della Santissima Trinità di Crema a cui faceva capo il gruppo Gioventù studentesca. Tutte le vittime hanno raccontato di una loro fortissima sottomissione psicologica davanti a don Mauro: in sostanza, sarebbero rimasti allibiti, ma non avrebbero avuto la forza di reagire. Uno dei giovani ha raccontato che per i genitori don Inzoli era un “idolo meritevole di venerazione”. Lo riporta anche il gup nella motivazione, citando quanto riferito dalle stesse vittime: Don Mauro aveva condotto i ragazzi ad “una sorta di sottomissione spirituale fortissima in quanto aveva un carattere molto forte e carismatico e si faceva molta fatica a sottrarsi a questa sorta di legame morboso che si era creato”. Un racconto, quello del giovane, definito dal giudice “del tutto credibile” e “del tutto privo di incertezze e contraddizioni”.
I CONTATTI DEL RELIGIOSO PER CONVINCERE LE VITTIME A TESTIMONIARE IN SUO FAVORE E SMS AI GENITORI CON RICHIESTA DI PERDONO E INDULGENZA. LE AMMISSIONI DELL’IMPUTATO
Lo stesso ragazzo ha anche ricordato di essere stato contattato telefonicamente nel giugno del 2010 dall’imputato, che già aveva lasciato le cariche pubbliche a Crema. “Nel corso dell’incontro, tenutosi a Milano”, scrive il gup, “don Inzoli riferì al ragazzo che gli erano state elevate delle gravi accuse e che il giovane sarebbe stato chiamato a testimoniare davanti al tribunale ecclesiastico”. Il ragazzo “ricordava come avesse avuto l’impressione che il don gli chiedesse implicitamente di rendere una testimonianza a suo favore e che stesse provando a condizionarlo, come aveva già fatto in passato”. Un episodio non isolato: l’imputato, infatti, come risulta anche dalle testimonianze dei genitori, aveva contattato diversi giovani che dovevano essere convocati dal tribunale ecclesiastico. Il padre di uno dei ragazzi ha riferito di aver ricevuto un sms sul cellulare con una richiesta di perdono e di indulgenza. Su questo punto il giudice osserva che “l’esistenza degli episodi indicati nelle imputazioni non è mai stata negata dalla difesa, e risulta implicitamente confermata anche nella lettera sottoscritta dall’imputato allegata alla memoria difensiva laddove egli si dichiara profondamente addolorato per quanto per mia responsabilità accaduto”.
LA VICENDA PORTATA ALL’ATTENZIONE DEI VESCOVI PARAVISI E CANTONI
Tra il 1999 e l 2001 i genitori di uno dei ragazzi portarono la vicenda all’attenzione del vescovo di Crema, all’epoca monsignor Angelo Paravisi, deceduto nel 2004. A raccontarlo, negli atti, è il fratello della giovane vittima: “I miei genitori e mio fratello si recarono dal vescovo e raccontarono tutto. Lui prese nota e assicurò che si sarebbe interessato della vicenda e che essendo una cosa molto delicata occorrevano prove certe, e che fino a che non fossero state trovate non poteva fare nulla di particolare se non attivarsi per cercare riscontri. Promise il massimo impegno anche se poi di fatto negli anni successivi non accadde nulla e don Mauro continuò ad esercitare il suo Ministero”. Successivamente, nell’anno 2009, due dei ragazzi molestati si rivolsero dapprima ad un religoso di loro fiducia a Milano, e poi, così come fecero anche alcuni genitori, al vescovo di Crema, monsignor Oscar Cantoni.
IL PROCEDIMENTO ECCLESIASTICO E GLI ESPOSTI CONTRO L’IMPUTATO
“Tra il 2009 e il 2010”, ricorda il gup nella motivazione, “prendeva avvio un procedimento ecclesiastico volto all’accertamento di condotte di abuso, procedimento che si chiudeva con la pronuncia della Congregazione per la dottrina della Fede il 6 giugno del 2014 con la quale si invitava l’Inzoli ad una vita di preghiera e riservatezza e si prescrivevano una serie di condotte la cui inosservanza avrebbe comportato le dimissioni dallo stato clericale. Il 26 giugno del 2014 il vescovo Cantoni comunicava con lettera aperta ai fedeli della comunità cremasca l’esito del pronunciamento ecclesiastico. A seguito di tale comunicazione pubblica il sindaco di Crema presentava esposto alla Procura della Repubblica. Congiuntamente giungevano alla locale procura anche gli esposti dell’onorevole Franco Bordo, di Giovanni Panunzio, fondatore del comitato di volontariato Osservatorio Antiplagio, e di Francesco Zanardi, legale rappresentante dell’associazione Rete L’Abuso onlus”.
ANCORA I RACCONTI DELLE GIOVANISSIME VITTIME: IL GUP: ‘COERENTI, LOGICI, ADERENTI ALLA REALTA'”
Un’altra vittima, 15enne all’epoca dei fatti, ha ricordato “come l’episodio di più forte aggressività da lui subito fosse avvenuto nel 2008 nel corso di una vacanza estiva”, dove era “normale che l’imputato chiedesse a qualche giovane di raggiungerlo presso la sua stanza”. “Tale circostanza”, scrive ancora il gup, “non destava alcuno stupore tra i giovani, ma costituiva per gli stessi un motivo di vanto, avendo il prescelto ricevuto una sorta di investitura”. Da quell’incontro, il 15enne, come da lui stesso riferito, “era uscito sconvolto da quello che aveva vissuto e dall’aggressività che don Inzoli aveva avuto in quei momenti in cui lo aveva trattato proprio come un oggetto, facendolo sentire praticamente violentato”. Un racconto, quello della giovanissima vittima, “sempre coerente, logico, aderente alla realtà e ricco di particolari specifici legati ai diversi momenti narrati, senza mai enfatizzare gli eventi o mostrare sentimenti di rabbia o vendetta”.
LE IRONIE E LE BATTUTE DEL GRUPPO DEI GIOVANI DI GIOVENTU’ STUDENTESCA. TUTTI SAPEVANO CHE IL DON “ALLUNGAVA LE MANI”
Che don Mauro “allungasse le mani”, comunque, era risaputo nel gruppo dei giovani di Gioventù studentesca, dove, scrive il giudice basandosi sulle testimonianze, “si parlava delle molestie in modo ironico. Erano comuni battute e scherzi sul fatto che il sacerdote avesse l’abitudine di allungare le mani” e “si ironizzava sul fatto che don Mauro adorasse maneggiare il cambio e quindi si accennava ironicamente ad una sua ipotertica passione per le corse automobilistiche”. Uno dei ragazzi sentiti ha riferito che “quando alcuni giovani mi chiedevano se anche con me avesse fatto il gran premio, ho capito a cosa alludessero e come tali comportamenti fossero frequenti”. Un altro che aveva saputo di essere stato scelto per dormire nella stanza d’albergo insieme a don Inzoli, parlandone con un amico, aveva detto: “Che palle andare a dormire da don Mauro, ti tiene sveglio tutta la notte e continua a toccarti”.
DON INZOLI “CAPO SPIRITUALE”. LA “SUDDITANZA PSICOLOGICA” DEI RAGAZZI E LA LORO DIFFICOLTA’ A REAGIRE
“Assolutamente coerente nella descrizione del modus operandi dell’imputato” appare anche il racconto di un altro ragazzino che aveva subito carezze, toccamenti e baci dal religioso. Per il gup, la circostanza che il giovane, così come le altre vittime, “conoscesse l’imputato fin dall’infanzia e che i genitori fossero integrati nella comunità cremasca del movimento di CL, dove l’Inzoli era considerato il capo spirituale, rende sicuramente spiegazione della sudditanza psicologica raccontata dai ragazzi e della difficoltà di reagire ai toccamenti”.
“L’UTILIZZO STRUMENTALE DA PARTE DELL’IMPUTATO DELLA PROPRIA POSIZIONE DI GUIDA RELIGIOSA: CITAZIONI DI PASSI BIBLICI PER GIUSTIFICARE QUEL TIPO DI PRATICA”
Scrive il giudice: “L’utilizzo strumentale da parte dell’imputato della propria posizione di guida religiosa per i giovani si evince anche dal fatto che in taluni casi l’Inzoli diede alle sue vittime spiegazione di ciò che aveva fatto citando alcuni passi biblici o narrando episodi della tradizione ebraica”. Ad un ragazzo che era stato vittima di attenzioni sessuali da parte dell’imputato dal 1995 al 2000, “l’Inzoli”, scrive il giudice, si giustificò “citando un brano dell’Antico Testamento in cui si faceva riferimento ad un rituale ebraico praticato da Abramo sul figlio Isacco”. Ad un altro giovane toccato dal religioso nel corso della Confessione, il don aveva citato passi biblici “quasi a voler giustificare quel tipo di pratica”. Ad un altro ancora aveva dato spiegazione dei suoi atti di molestia “facendo riferimento ad una sorta di battesimo dei testicoli che gli aveva presentato come un rituale ebraico citato nell’Antico Testamento come segno dell’affetto del padre nei confronti del figlio, circostanza che aveva ulteriormente confuso il giovane sulla reale portata di ciò che stava subendo”.
Contro la sentenza del giudice Platè, i due legali di don Inzoli, gli avvocati Corrado Limentani e Nerio Diodà, hanno già depositato il ricorso in appello.
Sara Pizzorni