Scuole

L’alpinista Filippo Maria Ruffoni
racconta le sue avventure allo Sraffa

La montagna tra preparazione fisica, alimentazione, effetti del cambiamento climatico, impegno, panorami mozzafiato, esperienze: sono state questi gli argomenti trattati dall’alpinista montodinese Filippo Maria Ruffoni, che nell’ambito degli approfondimenti programmati dai docenti di scienze motorie è stato ospite dell’Istituto Sraffa.

L’alpinista, che ha conquistato la sua quinta vetta, scalando i 5650 metri del Pico de Orizaba in Messico, dopo aver collezionato Elbrus (5642 metri) nel Caucaso, Monte Kenya (5047 metri), Kilimangiaro (5895 metri), Kazbeg (5054 metri) in Georgia ha intrattenuto i ragazzi di alcune classi quinte partendo dall’evoluzione dello sport legato all’alta montagna e dalla scrupolosa preparazione fisica e mentale che oggi è necessario avere per poter praticare questa disciplina.

Dalla partenza spesso intorno all’una di notte dai campi base, all’arrivo in cima prima delle 8 del mattino com’è capitato per l’esperienza messicana, perché “la salita avviene sempre di notte in quanto il ghiaccio è più stabile” ha spiegato Ruffoni, all’acclimatamento, una fase fondamentale della preparazione, “perché per sentirsi a proprio agio in alta quota è necessario seguire un percorso di acclimatamento per abituare il corpo alla carenza di ossigeno”.

Ruffoni scorrendo le immagini delle diverse imprese ha sottolineato l’importanza della conoscenza delle tecniche di alpinismo in alta quota, requisito essenziale per poter affrontare vette sempre più alte e, accanto a questo, l’importanza della pianificazione che precede la partenza, al fine di definire percorsi, materiali, aspetti amministrativi ed economici: dai permessi richiesti dai vari paesi, alle tasse d’ingresso nei parchi.

L’alpinista cremasco ha raccontato agli studenti anche degli effetti dei cambiamenti climatici e dei conseguenti problemi legati al disgelo in alta quota, ma anche delle sue esperienze in alcuni territori dove è stato necessario il supporto di cavalli e muli per il trasporto del materiale.

Scorrendo le immagini delle diverse imprese, si è soffermato anche su alcuni riconoscimenti che ha ricevuto, come ad esempio quello del presidente dell’associazione alpinistica Servimont nello stato messicano di Puebla.

Quanto ai costi di queste spedizioni, Ruffoni ha specificato come sono il risultato della somma di quelli sostenuti per gli ingressi nei parchi e quelli per le attrezzature, che grazie all’evoluzione nelle tecnologie e nei materiali, ora segnano un’importante voce: scarponi, piccozze, ramponi, il materiale che si usura, le corde, l’acqua per bere, i rilevatori Gps.

“Si va da qualche migliaia di euro a decine di migliaia” ha detto Ruffoni agli studenti. Particolare curiosità ha destato negli studenti la descrizione del contenuto dello zaino per un alpinista e dell’evoluzione dei materiali: dall’importanza per la protezione di occhi e piedi, ai costi e alle prestazioni di un attrezzo fondamentale, qual è la piccozza, da quelle degli anni cinquanta in legno, alle successive in ferro, fino ai giorni nostri, con i nuovi materiali, dal carbonio, all’alluminio aeronautico.

Uno spazio particolare l’alpinista l’ha riservato all’alimentazione e alle specificità delle diete da seguire se ci si prepara per una spedizione su vette alpine, africane, caucasiche, messicane, alla necessità di disporre di acqua, senza la quale risulta impossibile idratarsi e cucinare, ed alle capacità di adattamento a seconda dei vari scenari da affrontare.

Ruffoni ha parlato anche degli effetti che può avere il “mal di montagna” che si presenta verso i duemila metri e può incidere negativamente anche in chi si appresta a fare una scalata, per concludere poi presentando i suoi prossimi programmi: “A causa delle condizioni meteo sono stato costretto a posticipare alla prossima primavera la spedizione in Himalaya, originariamente prevista per questo autunno, ed ora l’impegno è rivolto alla partenza il 14 gennaio”, ha concluso Ruffoni, che tra poco più di un mese e mezzo partirà in solitaria per salire sulla cima Margherita del Ruwenzori in Uganda.

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