Cronaca

Abusò delle pazienti. Cinque anni e
quattro mesi per medico del lavoro

Per l'imputato, due anni di interdizione alla professione medica e interdizione dai pubblici uffici per 5

Gli avvocati Bracchi, Ceriani e Sangiovanni

Per il giudice, che lo ha condannato ad una pena di 5 anni e 4 mesi, aveva costretto cinque donne a subire atti sessuali approfittando del fatto di trovarsi da solo con loro all’interno di uno studio medico di un centro di medicina e salute di Crema. Condanna, dunque, per un medico del lavoro di 63 anni libanese residente a Bergamo, iscritto all’Ordine di Genova, accusato di violenza sessuale.

Per l’imputato, processato con il rito abbreviato, il pm Chiara Treballi aveva chiesto 5 anni e otto mesi. Il medico è anche stato condannato a risarcire le parti civili con somme dai 5.000 ai 10.000 euro, e due anni di interdizione dalla professione.

Ad accusare il 63enne, che è agli arresti domiciliari, erano le cinque donne (due risiedono nel Milanese, due nel Cremonese, una a Cremona) parti civili attraverso gli avvocati Simona Bracchi, Luisa Sangiovanni e Angela Ceriani. Il medico, invece, era assistito dagli avvocati Emiliano Rossi e Sergio Stravino.

Secondo l’accusa, “in violazione dei doveri inerenti al pubblico servizio e con abuso dei poteri sottesi al proprio ruolo professionale di medico di lavoro”, deputato ad effettuare periodiche visite di controllo e di idoneità all’attività lavorativa, con la scusa di misurare la pressione, aveva appoggiato le sue parti intime contro le mani delle vittime, poi le aveva fatte sdraiare e le aveva palpeggiate sui seni, sui glutei, oppure toccate sulla schiena o sull’inguine. Le donne, che tranne due non si conoscevano, erano state visitate una il 22 gennaio scorso, mentre le altre una settimana dopo. Erano tutte dipendenti di un’impresa di pulizie.

Nel marzo scorso, dopo l’interrogatorio, il gip aveva ritenuto di “piena credibilità la versione dei fatti prospettata” dalle cinque accusatrici, “in modo coerente, dettagliato e privo di contraddizioni, descrivendo in modo omogeneo i toccamenti e i palpeggiamenti che si ripetevano in modo pressochè identico in tutti i casi. Nè risulta che le vittime avessero pregressa conoscenza del medico, sicchè è evidente l’insussistenza dei motivi che le abbiano indotte a riferire cose non vere”.

Tesi sostenuta anche dagli avvocati di parte civile, soddisfatti della sentenza. “La pena è rappresentativa della gravità del fatto”, hanno detto i legali. “Questa è una violenza subdola, per non parlare del ruolo ricoperto dall’imputato. La pena è grave, ma anche il caso lo è. Non si tratta della persona ubriaca che magari si trova in discoteca e che ti palpeggia. Pensiamo al tipo di professione: tu vai dal medico e lui ti insidia. Questo è un reato odioso“. “Ciò che spiace”, hanno aggiunto gli avvocati, “è che il medico non abbia riconosciuto nulla di questo suo comportamento. Non ha avuto un minimo di pentimento. Non c’è mai stato un momento in cui si sia scusato, riconoscendo di aver fatto una cosa non opportuna”.

“Sono soddisfatta della sentenza”, ha commentato a sua volta una delle vittime, “perchè queste cose non devono passare inosservate. Chiunque dovesse andare a fare una visita medica e dovesse accorgersi anche di una piccola cosa che non va deve denunciarla. Non dobbiamo avere paura perchè siamo donne“. Un’altra, invece, avrebbe preferito che la pena fosse più alta. “Questo medico non dovrebbe più esercitare, perchè questa cosa non deve capitare più a nessuno”. Soddisfatte le altre: “Contente che finalmente noi donne siamo state tutelate, ce lo meritiamo”.

Una delle pazienti, prima fatta sedere sul lettino e poi stendere prona, era stata palpeggiata al seno e ai glutei, mentre un’altra, dopo averle fatto abbassare gli slip ed avere esclamato: “queste donne sono sempre tutte troppo vestite”, era stata palpeggiata insistentemente per oltre sei minuti. Stesso copione per le altre che si erano sottoposte alla visita.

“Per il genere di visite che svolgo”, si era difeso il medico, “non devo controllare il seno alle pazienti”. L’uomo aveva però ammesso di averlo fatto con una delle donne, ma solo “per tranquillizzare la paziente che segnalava di avere un fastidio“, particolare che invece la donna ha negato. Il medico aveva spiegato di aver “palpato la signora lateralmente due volte”, precisando che “il termine palpazione è un termine medico”.

Aveva poi negato di aver toccato una delle donne sui glutei, sostenendo di aver “controllato solo la zona lombare con i polpastrelli gli spazi intervertebrali e tutta la muscolatura intorno per verificare la presenza di eventuali contratture”.

A marzo l’uomo aveva negato di aver pronunciato la frase circa il fatto che le donne vanno troppo vestite alle visite, mentre successivamente ha ammesso di averla detta, ma che non aveva alcuno sfondo sessuale. Sulla paziente a cui avrebbe fatto abbassare le mutande, il 63enne aveva spiegato che gli aveva detto di avere delle protrusioni e che quindi doveva valutare il rachide. “A volte faccio abbassare leggermente gli slip per avere il rachide completamente scoperto, così da poterlo controllare”.

Aveva poi ammesso di aver alzato la gamba ad una delle pazienti, ma per fare “la manovra di Wasserman e Lasegue, come previsto nel caso specifico che avevo davanti, sulla base dei dolori riferiti. Devo alzare l’arto inferiore, piegarlo. Devo poi sostenere la parte superiore del gluteo”. Il medico aveva precisato che nessuna di quelle donne aveva avuto reazioni e nessuna si era lamentata.

La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni.

Sara Pizzorni

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