Cronaca

Rapito e pestato: cinque condanne
La vittima: "Ho ancora paura"

Per quel rapimento e per quel pestaggio avvenuto il 29 gennaio di due anni fa nei pressi di Romanengo, cinque persone, tutti indiani di età compresa tra i 25 e i 40 anni, la maggior parte bergamini, sono già stati processati con il rito abbreviato e condannati ciascuno ad una pena di 3 anni e 6 mesi. Altri due, invece, sono a processo ordinario davanti al giudice con le medesime accuse: sequestro di persona e lesioni nei confronti di un connazionale di 30 anni, che oggi ha raccontato in aula l’incubo che ha vissuto.

Ad eseguire i sette arresti erano stati i poliziotti della Squadra Mobile di Cremona a conclusione dell’operazione “Agguato”. Il 30enne, che quel la sera si trovava a Bottaiano in compagnia di un amico, era stato accerchiato dai componenti della banda, rincorso dalle auto dei connazionali ed investito durante un tentativo di fuga in un vicolo senza uscita. Poi era stato aggredito, gli erano state legate le mani dietro la schiena con una corda ed era stato costretto a salire su una macchina.

L’avvocato difensore Clara Carletti

Dopo averlo sequestrato, il gruppo lo aveva condotto in mezzo alla campagna, in una zona isolata, dove era atteso l’arrivo di altri connazionali per iniziare un secondo violento pestaggio con bastoni, mazze di ferro ed armi da taglio. Il 30enne aveva riportato profondi tagli su diverse parti del corpo ed era stato anche minacciato. I suoi aggressori lo avevano avvertito che se si fosse messo contro di loro, avrebbero ucciso lui e la sua famiglia. Solo dopo diversi minuti, a seguito delle evidenti lesioni riportate e della perdita di conoscenza, l’uomo era stato accompagnato dai suoi stessi assalitori davanti all’ospedale di Crema.

Grazie all’imponente dispiegamento di forze di polizia nelle province di Cremona, Lodi, Bergamo e Brescia, e a minuziose ricerche nelle aree dove risiedevano o dove lavoravano alcuni dei sospettati, in cinque erano stati rintracciati e condotti in carcere, mentre due, coloro che sono attualmente a processo, risultano ancora latitanti. A difenderli in aula c’è l’avvocato Clara Carletti.

Nella sua testimonianza, oggi la vittima ha parlato dei suoi assalitori arrivati a bordo di tre auto, un’Audi A3, una Bmw e un Range Rover, ha ricordato l’accerchiamento, il sequestro e il pestaggio. “Mi hanno legato le mani e poi mi hanno picchiato con il bastone, con i ferri e mi hanno dato un colpo sulla testa con un coltello. Erano una ventina, fanno parte della banda ‘Tiger Group’. Io ero pieno di sangue alla testa e alle gambe. Mi dicevano che la prossima volta mi avrebbero ammazzato, che sapevano dove lavorava la mia famiglia, mio fratello”.

In aula i motivi dell’aggressione non sono stati del tutto chiariti. La vittima, che a sua volta ha delle denunce a suo carico, ha sostenuto di aver aiutato una persona, scatenando la reazione della banda. Gli investigatori avevano ipotizzato precedenti dissapori e un tentativo, da parte degli assalitori, di affermazione di predominanza territoriale.

“Ho ancora paura ad uscire”, ha raccontato l’indiano, che si è costituito parte civile. “Nei week end la banda gira ancora. Ho avuto problemi di depressione per quello che mi è successo e faccio fatica a trovare lavoro”.

L’udienza è stata aggiornata al prossimo 15 gennaio per sentire l’amico che quella sera era con la vittima e due testimoni della difesa.

Sara Pizzorni

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