Cronaca

Asst Crema: “La violenza contro gli
operatori nuoce anche ai pazienti”

Il secco no di Asst Crema alla violenza contro il personale sanitario: “Costruiamo alleanze nella cura”.

Asst Crema ha scelto di celebrare la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza agli operatori sanitari e sociosanitari, che ricorre oggi martedì 12 marzo.

“Il nostro compito è curare tutti i pazienti, a prescindere dal sesso, dalle ideologie, religioni, caratteristiche culturali, così come a prescindere dalla loro simpatia, gentilezza o educazione. Lo sappiamo. Siamo abituati a questo. Tuttavia, il nostro lavoro non comprende accettare aggressioni, violenza verbale o fisica, offese e minacce. Stiamo lavorando. Anche noi come tutti i lavoratori abbiamo diritto alla serenità mentre svolgiamo il nostro dovere, mentre proviamo a farlo al nostro meglio. E tutti i pazienti hanno diritto ad avere dei curanti sereni, concentrati sul loro bene più che sulla propria tutela fisica, psichica o legale. Quando l’utenza ci aggredisce, forse non lo sa, ma danneggia se stessa, perché lede la parte più forte e preziosa della nostra motivazione a far bene: la relazione con i pazienti. Quello che ci fa amare il nostro lavoro, seppur difficile, pesante per orari e responsabilità, è la gratificazione che deriva dal sapere di aver fatto bene, è la ricchezza della relazione umana che si instaura nel processo di cura, è quel senso di appartenenza alla comunità per aiutare la comunità stessa nel momento in cui più ha bisogno. Sentirci invece trattati come nemici, con sospetto, gente di cui diffidare, categoria da denunciare a priori perché non si sa mai la malasanità ci fa disinnamorare e contribuisce all’abbandono della professione, al burnout, al lavorare male. Non siamo perfetti, a volte sbagliamo, a volte semplicemente pur facendo del nostro meglio, non riusciamo ad ottenere l’esito sperato, ma ci piacerebbe che si partisse da un presupposto di fiducia. Ci piacerebbe che le persone si sforzassero di immaginare che dietro a quanto riescono a vedere direttamente c’è un’enorme mole di lavoro, di fatiche, di notti insonni, di festivi lontani dalle famiglie, di anni di studio, di sforzi, di impegno. In un’ottica di continuo miglioramento accogliamo qualsiasi critica quando costruttiva e formulata nei modi adeguati, ma quando la violenza nei nostri confronti si fa non solo pensata nel proprio intimo pregiudizio, ma diviene concreta e manifesta, questo diventa un altro discorso, del tutto inaccettabile”.

Si racchiude nel pensiero di Sonia Passera, coordinatrice infermieristica della medicina di accettazione ed urgenza, lo spirito con cui l’Asst di Crema ha scelto di celebrare la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza agli operatori sanitari e sociosanitari, che ricorre oggi martedì 12 marzo. “La nostra – spiega il direttore generale Alessandro Cominelli – è una ferma condanna a qualsiasi forma di violenza contro coloro che quotidianamente si prendono cura della nostra comunità. Diciamo no alla violenza, partendo dall’idea che nella relazione di cura si generi tra operatori sanitari e pazienti un’alleanza, un patto, che può essere terapeutico. Romperlo, per ribellarsi ad attese troppo lunghe o ad esacerbate fragilità del sistema non giova ad alcuno. Non giova ai pazienti, che aggiungono tensione e dolore alla sofferenza della malattia, non giova agli operatori, alla loro motivazione, alla loro umanità”.

“Ci capita di essere insultati almeno una volta a turno. E spesso ce lo chiediamo: ma chi ce lo fa fare?”. La voce di due giovani professioniste del pronto soccorso non cela l’emozione: “qualche volta abbiamo pensato di cambiare strada. Poi siamo tornate sempre qui, ad ogni turno, perché questo è il nostro posto e prenderci cura del prossimo, nonostante tutto, è ciò che sappiamo fare meglio. Certo, il nostro lavoro dopo il Covid è cambiato e sono cambiati i pazienti: le persone dopo la pandemia sono più arrabbiate, impazienti, si aspettano risposte immediate. Credono che al pronto soccorso ogni esigenza possa trovare una risposta immediata, ma così non è. Ci sono delle priorità. Ci sono le urgenze, che vengono trattate prontamente e ci sono richieste, non meno degne di considerazione, ma che possono aspettare il giusto tempo. È difficile far comprendere questo concetto, perché ognuno sente solo la propria sofferenza. Non comprende che anche noi operatori sanitari siamo fragili, siamo umani”.

Nel reparto del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura, l’approccio è parzialmente diverso. “La violenza – spiega la coordinatrice Daniela Carniti – ha diverse sfaccettature. In ogni altro contesto, dove la relazione è simmetrica, non ha scusanti, ma nel nostro reparto, dove le persone ricoverate vivono un evidente stato di fragilità mentale, l’aggressività può essere una forma di disagio espresso e, allora, un intervento consapevole può fare la differenza nella presa in carico di questi pazienti. Non bisogna farsi prendere dallo sconforto, dalla paura, bisogna conoscere per prevenire o valutare l’intervento più adeguato. Il nostro obiettivo resta comunque quello di prenderci cura e restituire dignità alle persone che convivono con una patologia mentale”.

Per dire no alla violenza, Asst ha messo in campo diverse iniziative di comunicazione, veicolando gli slogan proposti dal Ministero della Salute e dalla Regione, realizzando un reel sui social ed un punto informativo per incontrare la cittadinanza “per ricordare a tutti che siamo alleati nella cura. Abbiamo chiesto ai cittadini di lasciare un pensiero, una parola, un suggerimento sul tema”. L’impegno per contrastare l’aggressività è quotidiano, anche sul versante della formazione. Come chiarisce il responsabile della qualità e della gestione del rischio clinico Lucio Raimondi: “Di recente si è concluso un corso FAD destinato a tutti gli operatori sanitari e sociosanitari per aiutarli nel consolidamento di tecniche di de escalation, utili ad abbassare il livello di tensione e a recuperare spazio comunicativo”. In programma anche alcuni corsi dedicati agli operatori del pronto soccorso e a quelli del dipartimento di salute mentale.

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