Cronaca

Polso fratturato alla Chromavis
Sotto accusa finisce il top manager

Nella foto, Buscaini e la Chromavis

Il 12 dicembre del 2017, nella sede di Chieve della Chromavis, colosso nel settore del make up, si era verificato un incidente sul lavoro: alle 6 del mattino, poco prima di iniziare il turno, un’operaia, entrando dal cancello carraio dell’azienda, era inciampata in un dislivello della pavimentazione del piazzale illuminato ed era finita a terra ferendosi un polso. Per lei, 20 giorni di prognosi. Una volta in ospedale, però, era stata ingessata non correttamente, e i giorni di malattia erano aumentati, facendo così scattare la denuncia di Ats. L’azienda si è così trovata sotto processo per lesioni personali colpose, e con la Chromavis, anche il suo amministratore delegato Fabrizio Buscaini, ad fino all’ottobre del 2020.

L’avvocato Chindamo

“La Chromavis”, ha detto l’ex ad, “è il secondo player a livello mondiale di prodotti cosmetici con sei sedi produttive, tra cui anche Francia e Brasile. Nel 2020 è stato inaugurato lo stabilimento di Offanengo che ha riunito in un unico sito tutti gli uffici e le unità produttive di Vaiano Cremasco, Chieve e Crespiatica”. “Negli anni del mio operato”, ha spiegato il manager, che gestiva due siti italiani e quattro esteri, “viaggiavo tantissimo. Come responsabili della sicurezza c’erano altre figure, come il capoturno, il caporeparto produttivo, che avevano autonomia gestionale sulle piccole cose. Alla mia attenzione arrivavano quelle grosse. Per esempio se c’era da rifare un tetto, oppure, come era successo, avevo predisposto di far installare, non domani, ma subito, l’aria condizionata quando il personale si era lamentato delle eccessive temperature”.

Un manager attento e vicino ai suoi dipendenti, Buscaini, che in aula ha ricordato di quando era rimasto sconvolto per la morte di un operaio nel sito di Vaiano Cremasco. Lavorava nel reparto polveri. Era stato colto da un infarto e poi era deceduto in ospedale. I suoi polmoni erano stati espiantati. “Aveva moglie e un figlio di 6 anni”, ha ricordato l’ad, che aveva chiesto ai dipendenti di organizzare una colletta per aiutare la famiglia dello scomparso. “I dipendenti avevano raccolto 15.000 euro. Anche io personalmente avevo donato 15.000 euro e così come avevo promesso, l’azienda aveva raddoppiato l’importo, arrivando a 30.000 euro”.

Nel sito di Chieve dove era successo l’incidente, Buscaini c’era stato solo quattro o cinque volte. Il giorno dell’infortunio si trovava a Milano. Infinita la scala gerarchica del colosso produttivo, eppure a processo per una caduta da venti giorni di prognosi c’è finito l’amministratore delegato. Chi avrebbe dovuto risponderne?. Secondo l’ex responsabile dei siti operativi del gruppo, sentito come testimone, “le figure di riferimento degli operai erano il capoturno o il responsabile del sito”.

Dalle testimonianze è emerso che era vietato entrare dal cancello carraio dove transitavano i mezzi. Gli operai avrebbero dovuto invece accedere dall’ingresso pedonale, a poca distanza da quello carraio. “A volte, però, il cancello dell’ingresso pedonale era chiuso”, ha raccontato una dipendente. “E quindi si entrava dall’altra parte, anche se non si poteva”.

Si torna in aula il prossimo 10 gennaio. Fabrizio Buscaini è assistito dall’avvocato Domenico Chindamo.

Sara Pizzorni

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