Cronaca

A imondidicarta, Carlo Petrini:
“Cambiare il modo di produrre”

Al Festival cultural gastronomico imondidicarta ieri sera ospite in sala Pietro da Cemmo, Carlo Petrini, fondatore di Slow Food che nel corso dell’intervista con Roberta Schira ha trattato diversi temi parlando anche del suo libro “Il gusto di cambiare” scritto con Gaël Giraud che ha la prefazione di Papa Francesco.

Dall’idea di Slow Foood al suo sviluppo, la Rete Terra Madre, la nascita della prima università al mondo di scienze gastronomiche, perché “la gastronomia disciplina per sua natura è multidisciplinare”, ora diffusa come facoltà in diversi atenei. Di questo Petrini è compiaciuto, perché se Slow Food ne è stato il precursore, sapere che il numero di queste facoltà cresce è positivo: “Sono convinto che quando le idee sono buone non dobbiamo avere l’esclusiva, la validità è data dal fatto che si moltiplicano, Pollenzo ha da noi un elementi distintivo, con studenti provenienti da 90 paesi nel mondo”.

“I sogni son desideri”, lo slogan della manifestazione di quest’anno e “Nutrire il sogno”, il titolo dell’incontro di ieri sera, per cui non si poteva non chiedere al fondatore di Slow Food qual è il sogno e la validità oggi del concetto di buono, pulito, giusto, messaggio storico di Slow Food. Per Petrini il sogno è avere un’alimentazione che rispetti la qualità organolettica, l’ambiente e la giustizia sociale”. Oggi cresce la coscienza rispetto ad un sistema alimentare globale che non funziona e genera iniquità e sofferenze, elementi sui quale riflettere, evidenzia il fondatore di Slow Food, per il quale la transizione ecologica di questa fase storica, può essere vissuta con felicità, anche perché sarà lunga, paragonabile alla rivoluzione industriale. Elemento che associa questo nostro tempo alla rivoluzione industriale passata è la convinzione che nei secoli si aveva delle risorse del pianeta, infinite: “Ora cresce la presa di coscienza della finitezza risorse, un vero dramma, che l’iniquo sistema alimentare ed il gastronomo hanno il dovere di affrontare”. Petrini parlando della crisi climatica osserva come il sistema alimentare è responsabile della diffusione di CO2 per il 37 per cento, mentre la mobilità incide per il 17 per cento. Un sistema alimentare che produce cibo per 12 miliardi di persone, utilizzando milioni di superfici fertili e che poi butta il 33 per cento della produzione, perché sul pianeta siamo meno dei 12 miliardi di persone per le quali si produce, e nonostante questo, in alcune parti del mondo si muore di fame. “È un sistema alimentare criminale, oggi – aggiunge Petrini – crocevia di una nuova fase storica, che chiede a tutti di cambiare comportamenti nel modo di produrre, di distribuire, di viaggiare, perché la situazione sta degenerando” .

Nel corso della serata, non manca il riferimento alla parola sostenibilità: “In Italia la colleghiamo al verbo sostenere, quindi una cosa è sostenibile se serve per sostenere l’ambiente. Ma ci sono altre accezioni. Sostenibile deriva dall’inglese sustain – dice Petrini – che è il pedale del pianoforte che allunga la nota. I francesi lo traducono in durable, termine che contiene l’idea che le azioni che intraprendiamo debbano avere come risultato una durata che continua, più lunga. È arrivato il tempo della durabilità. In pratica – conclude Petrini – l’esatto contrario di quello che stiamo facendo negli ultimi 50-60 anni”.

Riproponendo l’esempio dei calzolai della sua Bra, un tempo in sette, ora rimasto solo uno, Petrini sottolinea come l’economia dell’abbondanza non sta più in piedi, perché mancano le risorse primarie, per questo nasce il progetto di economia circolare. Per Petrini, i nostri nonni sono i veri docenti di economia circolare, perché non buttavano via niente: “Questa è l’economia circolare, recupero, riutilizzo, condivisione, nuovo concetto di economia e di pratica economica” .

La serata prosegue con il racconto degli incontri con Papa Francesco, la necessità di una conversione ecologica, la critica al Pil quale strumento per misurare il benessere, perché misura i consumi, non i livelli di educazione o i livelli di diseguaglianze. E critica anche per l’eccessiva presenza della cucina in televisione, spesso “una sceneggiata” dice Petrini, che stigmatizza anche l’eccessivo consumo di carne e gli allevamenti intensivi, chiosando: “Un gastronomo che oggi che non è ambientalista è uno stupido, così come un ambientalista che non è gastronomo è triste.

In chiusura, essenziale per Slow Food la biodiversità, che ha consentito con i presìdi di far rinascere tanti nostri prodotti, com’è stato ad esempio per il Peperone quadrato di Asti, nelle cui serre si producevano al suo posto i bulbi di tulipano: “Oggi grazie ai presìdi è nuovamente coltivato e da lavoro ai giovani”.

Ilario Grazioso

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