Ruffoni mette in guardia:
“Per scalare serve preparazione”
Filippo Ruffoni, imprenditore di Montodine, è reduce dall’ennesima impresa di montagna. Dallo scalatore arrivano raccomandazioni viste le tante recenti tragedie
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Nella vita di tutti i giorni imprenditore, nel tempo libero uno dei più grandi scalatori del territorio cremasco. La noia certamente non piace a Filippo Ruffoni di Montodine, che gestisce un’attività di commercio del legname a Ripalta Cremasca, ma che appena ne ha la possibilità raggiunge vette nel mondo.
Nonostante il lavoro sia pesante e occupi gran parte delle giornate, Filippo trova sempre il modo di ritagliare spazi nella vita per tenere alto il fuoco della passione per la montagna. Nell’ultima impresa il montodinese ha raggiunto la vetta sul monte Cervino a 4478 metri d’altezza. Un grande traguardo, soprattutto perché il monte Cervino è, nella storia dell’alpinismo, uno dei simboli per la sua asperità, considerato la montagna perfetta.
Non mancano certamente i rischi, ed è lo stesso Filippo a mettere in guardia. Tante, e sempre più, sono infatti le tragedie in montagna. Lo scalatore cremasco spiega che questo potrebbe derivare dal maggior numero di persone che si affacciano a questo mondo, senza l’adeguata preparazione e senza una sufficiente conoscenza della natura. L’organizzazione delle gite poi spesso viene sottovalutata, in questo senso secondo Filippo pesano molto i social, che mostrano spesso grandi paesaggi ma non evidenziano le difficoltà per raggiungerli.
“Ho deciso di scalare il monte Cervino dopo anni di preparazione, proprio perché la montagna simbolo dell’alpinista, quella montagna che nasconde delle insidie legate alla lunghezza e alla difficoltà dell’itinerario, è una montagna aspra che non perdona nulla. La scalata si complica anche per le variazioni climatiche, in quanto non essendoci più strato nevoso la montagna si sfalda e crolla su se stessa. Mi ha portato via parecchie giornate di allenamento per prepararmi in maniera più che corretta a tutte le difficoltà da superare, sia per l’ambiente di alta quota, sia per le difficoltà tecniche dovute all’arrampicata di queste lisce ed enormi pareti da affrontare con attrezzatura di ghiaccio”.
“La mia passione per la montagna e per il legno l’ho ereditata dai miei nonni. Anche se negli anni di generazione si è interrotto, questo gene è riemerso e ha ripreso vita. Riesco a far conciliare il tutto perché da appassionato di vita all’aria aperta il tutto concerne. Il lavoro a volte fa da allenamento, durante il fine settimana invece si scappa e si fugge sui monti”.
Simone Guarnaccia