“Bar Sport” fa il pieno
con Caressa e Bergomi
Ieri sera grande partecipazione di pubblico e grande interesse ha suscitato tra i numerosi presenti la data zero di “Bar Sport” in Sala Pietro da Cemmo, che ha ospitato una delle coppie giornalistiche più affiatate e competenti del giornalismo sportivo italiano, Fabio Caressa e Beppe Bergomi, per un’amarcord ricco di aneddoti e curiosità sul mondo del calcio e dello sport, come l’ha definito a fine serata il giornalista Walter Bruno che ne ha moderato gli interventi. Nel saluto degli amministratori, lo ha ribadito il consigliere delegato per lo sport, Walter Della Frera, l’intenzione di portare a Crema nei prossimi anni un vero e proprio festival dello sport, affinché possa crescere sempre più la cultura sportiva, come è stato sottolineato anche dall’assessore al ramo, Giorgio Cardile e dal sindaco Fabio Bergamaschi.
Poi spazio ai due protagonisti, che hanno iniziato parlando degli aspetti legati alla loro preparazione prima delle telecronache, ricordando la punta più alta rappresentata dalla finale mondiale di Berlino. Si è parlato anche di com’è cambiata la preparazione fisica dei calciatori, dai primi calci di Bergomi, giovane ragazzino di Settala, al calcio di oggi, tra differenze e specificità: “Ho smesso nel 1999 e già allora c’erano tanti cambiamenti ad esempio nell’alimentazione. Oggi ancora di più, dalla pasta in bianco e bresaola, si è passati ad una cura personale dei menù – dice Bergomi – è importante anche la figura dello psicologo sportivo, per sostenere i ragazzi che oggi vivono tanta pressione”. Altro tema è stato quello del calcio in televisione: “Nel passato per un calciatore l’impegno televisivo era visto come un passaggio, prima di tornare nel calcio giocato con altri ruoli, ora invece è richiesto grande studio e preparazione, perché le persone vogliono sapere sempre di più” dice Bergomi. Capitolo Var, Caressa si esprime positivamente, con Bergomi che si lascia andare ad una battuta: “Una volta si poteva menare, ora fare il difensore è più difficile, le regole di oggi sono fatte per un calcio più offensivo”. Non poteva mancare l’attualità, con la stagione da protagonista del Napoli, il calendario con il mondiale in mezzo, la questione delle infrastrutture, ancora carenti nel nostro paese rispetto all’estero: “Lo stadio di proprietà consente di fare il salto di qualità” dice Caressa, facendo riferimento al potenziale introito economico derivante dalla possibilità di utilizzare appieno strutture, merchandising, ospitalità e degli effetti, sia sotto il profilo della crescita culturale, che della sicurezza per le famiglie.
Come sta il calcio italiano, chiediamo al giornalista, a margine della serata: “Abbiamo tre italiane nelle finali europee, potremmo dire che ci siamo ripresi, ma in realtà non è così, noi in Italia viviamo un calcio di transizione. Sono stati fatti passi in avanti, in un mondo che cambia velocemente, c’è maggiore attenzione sui giovani, anche da parte nostra, ma è necessario avere un’impiantistica moderna, cosa che in Italia non c’è”, risponde Caressa. Ed infine, quanto è importante un giornalismo che ancor più nello sport e nel calcio è capace di contenere le polemiche e i toni, senza faziosità: “Il nostro mestiere sta prendendo una piega ideologica, che comporta schieramenti che fatico a comprendere. Il calcio è divertimento, passione, emozione, poi ognuno può avere la sua opinione – dice Caressa – pensiamo ai giudizi su Simone Inzaghi, a dicembre ed ora, che è in finale di Champions. Personalmente credo che bisogna analizzare le cose un po’ più approfonditamente, con obiettività e con i numeri”. Si è parlato anche di talento, educazione, capacità di stare in gruppo, perché per entrambi sono elementi essenziali: “Quando ho vinto qualcosa, c’era un gruppo forte, con un allenatore capace di fare delle scelte” dice Bergomi. Dal canto suo, per Fabio Caressa, se si guarda al mondo dei social: “Non è mai il mezzo il demonio, ma l’utilizzo, certo che se poi chi fa comunicazione non dà l’esempio, diventa un problema”. E con riferimento ai campioni dello sport: “Il campione, deve essere in grado di capire che ha la responsabilità di un messaggio culturale – dice Caressa – il passo in più che si chiede loro è quello di diventare meno materiali”.
Spazio anche per qualche aspetto più tecnico, con Beppe Bergomi, impegnato in questi anni anche nei settori giovanili: “Oggi facciamo fatica ad esprimere una prima punta, ma per anni abbiamo insistito sul possesso palla, chiedendo agli attaccanti di giocare di sponda. I giovani ci sono – commenta Bergomi – uno dei difetti è quello che vogliono tutto e subito e non si sa aspettare, senza dimenticare le pressioni su di loro da parte dei genitori. Giocare a pallone è un sacrificio e chi lo capisce fa strada”. Tornando all’attualità, visto che è stato il più giovane a disputare nel 1982 la finale mondiale di Madrid, chiediamo un commento sul prossimo impegno di Champions dell’Inter: “Non ho mai giocato una finale di Champions, ma ho giocato la finale mondiale. Non c’è una ricetta per preparare partite come queste. Bisogna arrivare bene fisicamente e mentalmente. Se c’è compattezza di squadra – conclude Bergomi – si può andare oltre qualsiasi ostacolo, anche se questo sembra insormontabile”
Ilario Grazioso