Ha ucciso Sabrina, sentenza
ribaltata: a Pasini 18 anni e 8 mesi
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Ha ucciso Sabrina Beccalli. Dopo quattro ore e mezza di camera di consiglio, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Brescia hanno ribaltato la sentenza di assoluzione emessa in primo grado a Cremona il 29 ottobre dell’anno scorso dal gup Elisa Mombelli e hanno condannato a 18 anni e 8 mesi Alessandro Pasini, 47 anni, cremasco, ritenuto colpevole dell’omicidio della 39enne bruciata a Ferragosto del 2020 nella sua Fiat Panda nelle campagne di Vergonzana, a Crema. Per l’imputato, che è libero dalla sentenza di primo grado, il procuratore generale Rita Anna Emilia Caccamo aveva chiesto 20 anni.
Fondamentali, ai fini della sentenza, sono stati i testimoni che la Corte aveva voluto sentire prima di decidere, e cioè i consulenti tecnici del pm: l’anatomopatologa Cristina Cattaneo, Domenico Candia e Debora Mazzarelli; gli esperti incaricati dall’avvocato di parte civile Antonino Andronico: il generale Luciano Garofano il brigadiere Edi Sanson; Angelo Grecchi, medico legale degli avvocati Stefania Amato e Paolo Sperolini, difensori di Pasini; i carabinieri del Ris e la vicina di casa che intorno alle 5 del mattino aveva sentito l’urlo di una donna chiedere aiuto.
L’anatomopatologa Cattaneo aveva parlato di microfratture alla mandibola e alla mascella, e di una lesione “a stampo” provocata da un colpo violento con un corpo contundente sferrato dall’alto al basso. Una lesione a forma circolare, forse compatibile con l’anello di ferro fissato sul manico di una roncola trovata nel ripostiglio. Nel processo di primo grado, quella roncola non era stata presa in considerazione in quanto sulla lama non erano state trovate tracce di sangue. Secondo la Cattaneo, quelle microfratture alla mandibola e alla mascella non avrebbero potuto essere state provocate da una caduta seguita ad uno svenimento e all’impatto contro il bordo della vasca da bagno. Sabrina sarebbe stata colpita quand’era ancora in vita.
Pasini e la Beccalli si erano incontrati nella notte tra il 14 e il 15 agosto del 2020 nella casa di Susanna, ex compagna dell’imputato, per consumare droga. Nell’abitazione di via Porto Franco, a detta di Pasini, Sabrina era morta per una overdose e non per mano sua, mentre per la procura il 47enne l’avrebbe condotta in quell’appartamento, probabilmente per avere rapporti sessuali. Dopodichè, in seguito ad una lite, lui ne avrebbe provocato la morte, causata da un’emorragia cerebrale seguita a un colpo violento al capo. In seguito aveva caricato sulla Fiat Panda il cadavere della vittima, dando fuoco all’automobile per occultare le tracce del delitto. Sempre con l’intento di cancellare le tracce, aveva anche cercato di far saltare in aria l’appartamento di via Porto Franco, tagliando il tubo di conduzione del gas della caldaia. Pasini ha sempre e solo ammesso di aver bruciato il corpo dell’amica e di aver tagliato il tubo del gas. Non di averla uccisa.
Nella motivazione del giudizio di assoluzione di primo grado, il gup di Cremona aveva sottolineato che “il meccanismo del decesso rimane di natura indeterminata” a causa del “clamoroso errore verificatosi nelle sue fasi iniziali che ha determinato la irrimediabile dispersione di gran parte dei resti della donna, scambiata per la carcassa di un cane”. Gli esperti, infatti, hanno potuto lavorare solo su 910 grammi di cadavere.
La Corte d’Assise d’Appello, presieduta dal giudice Giulio Deantoni con il collega relatore Massimo Vacchiano e 6 giudici popolari, hanno però ritenuto ci fossero sufficienti elementi per la condanna. La motivazione sarà depositata entro 90 giorni.
LE REAZIONI:
La lettura della sentenza è stata seguita dall’applauso liberatorio dei fratelli di Sabrina Beccalli, Teresa, Simona e Gregorio. “Per me è sempre poco per quello che Pasini ha fatto, ma a me interessava fosse condannato per omicidio volontario, risultato che con fatica siamo riusciti ad ottenere”, ha detto Teresa. “Siamo proprio scoppiati”, ha aggiunto Gregorio. “E’ stata una sofferenza in questi anni. Sabrina non tornerà più con noi, ma ci tengo a dire che oggi qui eravamo in quattro e non in tre”. E Gregorio ha mostrato il volto di Sabrina che si è tatuato sull’avambraccio destro. Simona ha poi voluto ricordare una frase del procuratore generale Caccamo: “Anche se il corpo di Sabrina per la maggior parte è stato smaltito, quello che resta ha parlato, si è difeso”.
“E’ stata fatta giustizia, finalmente”, ha commentato l’avvocato di parte civile Andronico, “perché gli errori durante le indagini e in primo grado sono stati tanti. La procura generale ha profuso molto impegno, molta attenzione a questo caso e finalmente siamo arrivati alla giusta condanna. L’elemento fondamentale è stata la retta lettura della consulenza tecnica svolta dalla dottoressa Cristina Cattaneo e dal suo staff in contraddittorio tecnico con il consulente tecnico della difesa. Contraddittorio che ci era stato negato in primo grado, ponendo sullo stesso piano due studi scientifici che non hanno la stessa valenza. La dottoressa Cattaneo ha evidenziato che Sabrina è morta per lesività meccanica, e non per epistassi o per altre cause che non sono mai state provate dall’imputato”.
Infine le dichiarazioni dell’avvocato dello Stato presso la Procura Generale di Brescia Domenico Chiaro. “Quello che è stato riconosciuto dalla Corte oggi era un errore giudiziario a favore dell’imputato. Gli elementi erano comunque idonei a una sentenza di condanna già in primo grado. Sono stati rafforzati anche dallo sviluppo dell’istruttoria dibattimentale in Appello e la conseguenza è stata inevitabile. Bisogna dare atto anche del lavoro che è stato fatto sia dal sostituto procuratore generale che ha seguito il processo in Appello, che all’avvocato che ha sostenuto le ragioni della parte civile”.
Sara Pizzorni