Il viaggio della speranza e poi
l'incubo: "Io costretta a prostituirmi"
L’avrebbe avviata alla prostituzione dopo averle consegnato abiti succinti e scatole di preservativi, tirandole i capelli, schiaffeggiandola in volto e colpendola con un bastone sulle gambe. L’avrebbe accompagnata sulla Paullese e le avrebbe indicato le tariffe da richiedere ai clienti per le prestazioni sessuali, e cioè 20/30 euro per i rapporti in auto, e 200 per quelli in motel, imponendole di consegnarle tutti i soldi guadagnati. A processo c’è Sandra Mika, 44 anni, nigeriana, la “madame” che avrebbe fatto prostituire, contro la sua volontà, una giovane connazionale.
Drammatica la testimonianza resa oggi in aula da Bridget, oggi 26 anni, ospitata in una comunità protetta di Roma, ora sposa e madre felice di una bimba e di un’altra che è in arrivo, ma con un tragico passato: obbligata, dal gennaio del 2017 al luglio del 2018, a vendere il suo corpo sulle strade di Lodi, Mantova, Cremona e Crema.
Bridget è arrivata in Italia nel settembre del 2016 dopo un viaggio di circa un mese, passando per la Libia, fino alle coste italiane a bordo di una imbarcazione. Quel viaggio della speranza le era stato proposto da una connazionale mai identificata che le aveva chiesto in cambio 25.000 euro, da restituire, una volta giunta in Italia, senza però precisarle le modalità. Una volta arrivata in Italia, la giovane aveva contattato l’organizzatrice del viaggio che le aveva passato il telefono del fratello già presente in Italia. Era stato lui a ospitarla e a darle i documenti. La ragazza era stata poi prelevata dal campo profughi e accompagnata alla stazione degli autobus a Palermo con destinazione Milano, dove era stata raggiunta da un altro uomo nigeriano che si era presentato con il nome di Osas con cui aveva raggiunto Mantova. Qui aveva conosciuto l’imputata, sorella di Osas e che si faceva chiamare Jenny. Jenny le aveva detto di essere la sua “madame”. Era stata lei a farle scoprire che non avrebbe fatto la baby sitter, ma che avrebbe dovuto prostituirsi. Era stata lei ad accompagnarla sulle strade, ad indicarle dove fermarsi e accendere il fuoco, come ottimizzare le prestazioni e quanto chiedere ai clienti.
La “madame” l’avrebbe anche picchiata, tirandole un legno sulle gambe, per la poca intraprendenza e per il conseguente poco guadagno. Ogni mattina, rientrata a casa, Bridget doveva consegnare a Jenny l’intera somma guadagnata, come facevano anche altre due ragazze, Cristina e Sofia, che vivevano con loro prima a Mantova e poi in un palazzo di via Bramante a Crema. Contro la sua aguzzina, Bridget, salvata da un’associazione, aveva sporto denuncia il 3 settembre del 2019.
A processo, l’imputata è assistita dall’avvocato Cesare Grazioli. I restanti testimoni del pm saranno sentiti il 13 giugno, data in cui sarà emessa anche la sentenza.
Sara Pizzorni