Cronaca

Giornata della memoria: “Ricordo
della Shoah è un monito per il futuro”

Anche la città di Crema oggi ha celebrato il giorno della memoria con la deposizione della corona d’alloro in Piazza Istria e Dalmazia. Alla cerimonia erano presenti le forze dell’ordine al completo, il prefetto di Cremona, il sindaco di Crema con la giunta e alcune delegazioni di rappresentanti di studenti delle scuole cittadine: Racchetti da Vinci, Galilei, Sraffa-Marazzi e Scuola Media Abbado.

Di seguito il discorso del sindaco di Crema Fabio Bergamaschi:

“Riflettere sul passato per orientare al bene il nostro futuro. Perché l’atto del ricordo costruisce quel ponte tra l’ieri e l’oggi necessario a conferire una dimensione di senso anche alle esperienze più tragiche, inumane, dissennate, anche quando l’unico senso plasmabile a posteriori può essere solo la speranza in un “mai più” che poggia sulla consapevolezza delle coscienze individuali e collettive. Oggi, quindi, ricordiamo il 27 gennaio del 1945, giorno in cui le truppe sovietiche arrivarono presso la città di Oswiecim – oggi nota con il nome tedesco di Auschwitz – e rivelarono le atrocità del genocidio nazista degli ebrei. Lo ricordiamo, oggi più che mai anche alle nuove generazioni, perché il Male, per replicarsi, si nutre dell’oblio, del silenzio, nascondendosi tra le pieghe della Storia per riemergere con forza distruttiva ogni qualvolta il sentimento di Giustizia, di Libertà, di Uguaglianza tra le persone ed i popoli venga ingenuamente dato per acquisito. E bene ha fatto la senatrice a vita Liliana Segre a ricordarne e denunciarne, recentemente, il pericolo. Non possiamo arrenderci alla prospettiva della stanchezza della Memoria, di un futuro in cui della Shoah rimanga solo “una riga tra i libri di storia e poi più neanche quella”.

Ecco perché il Giorno della Memoria deve coinvolgere tutti, istituzioni e cittadini, in senso intimo e profondo.
Il Parlamento italiano nel 2000 con la legge “Istituzione del Giorno della Memoria” afferma che “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.

Questa giornata, pertanto, non si riduce ad un evento commemorativo della sofferenza patita dal popolo ebraico per la folle volontà di annientamento del nazifascismo, ma in un ammonimento perenne contro ogni persecuzione ed offesa alla dignità umana, volto a costruire un futuro in cui il razzismo, l’odio etnico, la violenza e ogni degenerazione identitaria dei popoli e delle nazioni siano confinate all’irripetibilità della Storia.

“Historia magistra vitae”, secondo Cicerone. Una Storia che non è maestra di niente, al contrario, secondo Montale. E chi abbia ragione, in questa eterna disputa sul senso degli accadimenti, dipende solo dal grado di consapevolezza con cui le società contemporanee e ciascuno di noi affrontano giornate come questa. Perché in ogni epoca, ogni giorno, esiste in qualche angolo del mondo chi intende la violenza, l’odio, la sopraffazione e l’annientamento come paradigma della relazione con gli altri. Ma allo stesso tempo, anche tra le nubi più dense e cupe, si può sempre scorgere la potenza del raggio di sole di chi osa il coraggio della solidarietà, la bellezza della generosità, della mano tesa, del gesto di accudimento, anche anche a rischio della propria vita, come fu per chi nascose gli ebrei dai rastrellamenti e le deportazioni.
In ogni epoca abbiamo un gerarca nazista e un Ernesto May, il gioielliere cremasco nominato “Giusto tra le Nazioni”. Dobbiamo saper riconoscere questi volti.

Fare Memoria, oggi, rende omaggio al sacrificio del popolo ebraico, ma è anche un esercizio fondamentale, che ciascuno è chiamato a svolgere nella propria coscienza individuale, al fine di sviluppare una coscienza collettiva, un sentimento di comunità, che sappia riconoscere, prevenire e contrastare il Male assoluto che l’uomo ha dimostrato di poter compiere, per confidare in un “mai più” basato sulla forza di una morale salda, diffusa e condivisa”.

Intervista a Corrado Conforto Galli, prefetto di Cremona, e Fabio Bergamaschi, sindaco di Crema.

Servizio di Sabrina Grilli

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