Salini: "Resto in Forza Italia
Elezioni? Ecco gli errori da non fare"
L’europarlamentare Massimiliano Salini resta in Forza Italia e non si candida alle politiche. Decisioni prese alla luce di una serie di riflessioni, tra cui un’attenta analisi dell’attuale situazione, a partire dalla caduta del Governo Draghi.
“La campagna elettorale è iniziata nel peggiore dei modi, con premesse molto discutibili” commenta l’europarlamentare. “La caduta del Governo Dragi è avvenuta con un incrocio di errori commessi da tutti. Le forze politiche che lo hanno sostenuto hanno peccato di estrema rigidità nel portare avanti la propria linea, e lui si è irrigidito sulla posizione secondo cui nessun altra maggioranza avrebbe potuto sostenere questo Governo. Ci siamo così ritrovati con una campagna elettorale estiva le cui premesse sono figlie di confusione e scarsa responsabilità”.
Ad esempio?
“Capricci su capricci, come ade sempio il rapporto tra Letta e Calenda, che sta diventando una telenovela disgustosa, considerando i problemi che il Paese e la comunità internazionale stanno affrontando. Nel centrodestra c’è più silenzio, determinato da alcuni fattori. Da un lato la consapevolezza di essere in forte vantaggio: l’unanimità dei sondaggi vanno nella direzione di affidargli una vittoria certa e questo riduce il tasso di capriccio e litigiosità, sebbene non manchino i momenti di frizione, tra cui quelli riguardo i criteri per individuare il possibile premier in caso di vittoria. Ma su quello si è tornati alle regole classiche del centrodestra: ora si parla di programmi, di lavoro e di futuro, del premier parleremo dopo, sulla base di chi prende più voti”.
In che modo il centrodestra troverà una sintesi programmatica?
“I nostri programmi in molti punti divergono, e su questo non si può essere disinvolti. Non può essere ammessa alcuna torsione antieuropeista, come già era accaduto in passato nel centrodestra. Per fortuna le ali più fantasiose in quel senso si stanno lentamente zittendo o ridimensionando. Il punto non è mettere il bavaglio alle persone, ma individuare pilastri veri che mettano insieme le forze politiche in modo che pur con le differenze degli accenti che ci sono in ogni democrazia, vi siano molti punti solidi che compongano il cuore pulsante della proposta politica. Si deve partire dal fatto che l’italia è un paese fondatore dell’Unione Europea e di quella cultura occidentale con un modello di sviluppo economico che mette al centro la persone, e in cui la società viene prima dello Stato. Un modello di sviluppo condiviso che ci costringe ad aprire il nostro orizzonte economico, politico e istituzionale, senza chiuderci in un anacronistico e protettivo senso della patria che non c’entra nulla col periodo che stiamo attraversando. La patria è un grande valore, che si fonda sull’apertura e non sulla chiusura. Il paradosso secondo il quale avere a cuore la propria nazione significa chiuderla, deve essere battuto in maniera definitiva. Le parole dei leader del centrodestra non sempre sono state convincenti in questo senso, ma ora sembra esserci stato un colpo di reni che va nella direzione da sempre auspicata dal presidente Berlusconi”.
In molti stanno lasciando Forza Italia, dopo la caduta del Governo Draghi. Lei pensa di seguire questa corrente, anche alla luce della sua rimozione da commissario regionale?
“No, non sono tentato di lasciare Forza Italia. Ho il massimo rispetto per colleghi e amici che hanno deciso di cambiare aria, soprattutto alla luce di quanto accaduto col Governo Draghi. E’ stato un momento di tensione e ridefinizione delle posizioni. Per quanto riguarda me, non sono tentato da questa strada, per tante ragioni. Innanzitutto non credo si debbano prendere decisioni nei momenti di massima tensione, bensì quando le acque sono più calme e si vede meglio l’orizzonte. In secondo luogo, non ritengo plausibile sostenere un’esperienza politica, seppure interessante come quella sedicente centrista di Calenda e Renzi, perché non voglio consegnare il mio impegno politico in un contesto come quello del centrosinistra, che è il campo di gioco che secondo me più si oppone agli interessi del nostro Paese.
Sono certo che il nostro Paese abbia una sua caratterizzazione orientata al buon senso del ceto medio che lo ha fatto grande, e che può meglio essere rappresentato da forze politiche che si identificano in determinati elementi di concretezza, che si fondano sulla forza della nostra tradizione liberale e cattolica, orientata al dialogo con chiunque, sulla cultura del sacrificio per un bene più grande, sull’impresa sociale, ecc. E’ un campo di gioco che Forza Italia ha sempre rappresentato. Non son particolarmente affezionato né ai leader né ai brand, ma quella è la mia area di riferimento culturale. Non mi interessano gli andirivieni del partito e le nomine. Non ha senso fare polemica per cose che hanno un peso così piccolo. Io in Europa dialogo con tutti e faccio emendamenti anche condividendoli con i colleghi del Pd, di Fratelli d’Italia, dell’area macroniana francese, della Lega. La cifra dell’impegno politico non sta nell’inseguimento delle pochezze che appassionano alcuni, anche nel mio partito. Preferisco lavorare su quello che mi interessa, e rimango dove sono”.
Il centrodestra viene dato per vincente dai sondaggi: secondo lei quali sono gli errori da non commettere?
“L’errore più grave che potrebbero commettere le forze del centrodestra è quello di inseguirsi le une con le altre, lasciandosi ammaliare dalla logica della comunicazione fondata su messaggi che prendano subito la sensibilità popolare. Ultimamente Forza Italia ha corso qualche rischio in questo senso. Non dobbiamo dimenticare che i nostri punti di forza sono la compattezza e la complementarietà delle proposte. Queste devono essere adeguate al contesto storico in cui viviamo, e certe stranezze anacronistiche devono essere eliminate dal panorama delle forze politiche. In questo noi abbiamo la responsabilità più grande, pur essendo il partito con il consenso più ridotto. E non possiamo permetterci il lusso di provare a fare meno fatica nel rapporto con i cittadini confondendoci con altri”.
Come si vede in questo scenario?
“Per quanto mi riguarda, andrò avanti a fare il parlamentare europeo. Ho ancora due anni di attività, con un’enorme quantità di lavoro da affrontare. E’ una delle ragioni per cui non ho condiviso la decisione di far cadere il Governo Draghi: nel prossimo semestre avremo un calendario pienissimo di negoziati che per un paio di mesi dovremo affrontare con un Governo italiano non rappresentato, e questo è molto grave. Anche perché parliamo di argomenti che avrebbero richiesto una presenza solida e autorevole”.