Ambiente

La qualità dell'aria ed il percorso
per uno sviluppo realmente sostenibile

I recenti dati dell'European Environment Agency evidenziano una delle principali criticità di questo territorio: la qualità dell'aria. La soluzione risiede in politiche nazionali e regionali che consentano una crescita rispettosa dell'ambiente che ci circonda. Dal tempo della consapevolezza occorre passare al tempo dell'azione

Ci risiamo. I nuovi dati dell’Agenzia europea per l’inquinamento parlano chiaro ed evidenziano una delle principali criticità di questo territorio: la qualità dell’aria.

Se si considera, infatti, la presenza di polveri ultrasottili (PM 2.5) per metro cubo d’aria, Cremona si colloca al 343° posto in una classifica europea con 344 posizioni complessive. Il fanalino di coda è la città polacca di Nowy Sacz. Niente di nuovo, ma l’annuale relazione dell’EEA (European Environment Agency) fotografa ancora una volta la preoccupante situazione. E non è certo consolante sapere che Cremona si trova in compagnia di altre città del nord Italia che presentano punteggi simili: Padova, Venezia, Vicenza e Brescia sono poco distanti in classifica. Ma anche Asti, Verona, Treviso, Pavia e Piacenza.  Le prime posizioni sono invece occupate da città svedesi o portoghesi, mentre la prima città italiana è Sassari (al 16° posto assoluto), seguita da Livorno (67esima) e Catanzaro (76esima). Tra le prime cento c’è anche Battipaglia (84° posto).

Le migliori città europee per la qualità dell’aria sono Umeå in Svezia e le portoghesi Faro e Funchal. Le restanti otto promosse a pieni voti sono tutte nel nord Europa: Tampere (Finlandia), Narva e Tallinn (Estonia), Stoccolma, Uppsala e Norrköping (Svezia), Bergen (Norvegia) e Reykjavik (Islanda) hanno infatti concentrazioni di polveri ultrasottili inferiori a 5 microgrammi per metro cubo. Valori non molto distanti da quelli della prima città italiana in classifica: Sassari con 5,5 µg/m3.

Cremona nel corso del 2021 ha registrato invece un valore medio di 25,7 µg/m3. Gli standard europei sono meno severi rispetto a quelli dell’Organizzazione mondiale della sanità e fissano a 25 µg/m3 la soglia riconosciuta come pericolosa per la salute umana. Cremona si colloca comunque al di sopra di questa soglia.

Partendo da questi dati, è necessario fare alcune considerazioni. In primo luogo questa classifica si riferisce alla presenza nell’aria di particolato PM 2.5 e non all’inquinamento in quanto tale. Non ha quindi molto senso usare questa classifica per ripetere (quasi con autocommiserazione) che Cremona è la seconda città più inquinata d’Europa.

Inoltre, se si osserva la cartina allegata alla ricerca dell’EEA, si nota chiaramente come l’aria sia più pulita nel nord Europa e nelle aree o nelle città che si trovano vicino al mare. Questo significa che il particolato è maggiormente presente in quelle zone meno ventilate, in cui l’aria ristagna. Tanto che è la Pianura Padana in quanto tale ad essere vero centro dell’inquinamento atmosferico europeo.

Quali sono le motivazioni? L’ipotesi più credibile è quella che evidenzia la presenza su questo territorio di più cause che, correlate tra loro, portano ai numeri che ben conosciamo. Dire che ci sono più fattori di rischio non significa affermare che nessuno è colpevole dell’inquinamento atmosferico e che va tutto bene così. È ovvio che il problema c’è ed è grave. Ma è importante non strumentalizzare i numeri e cercare la strada per un continuo miglioramento della situazione generale.

Servirà molto tempo, ma soprattutto serviranno ulteriori investimenti in ricerca ed innovazione. Non si tratta quindi di fare passi indietro (chiudere o ridurre fabbriche o aziende agricole) ma di fare un salto in avanti: solo la tecnologia, infatti, può contrastare in modo radicale la produzione di sostanze inquinanti che è connaturata con l’insediamento umano e con le attività produttive. In questo ambito, ancora più che in altri, non possiamo permetterci di inseguire posizioni demagogiche. Occorre essere seri e rigorosi, evidenziando il problema (nasconderlo sarebbe gravissimo) e cercando di fare sistema per trovare le soluzioni. Non solo e non tanto a livello locale, quanto piuttosto con politiche regionali e nazionali volte ad individuare i passi necessari per uno sviluppo che sia (da tutti i punti di vista) realmente sostenibile. Dal tempo della consapevolezza occorre passare al tempo dell’azione.

Guido Lombardi

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