Contromano, investì un bimbo e
si allontanò. Scooterista condannato
L'imputato è stato assolto dal secondo capo
di imputazione, quello di omissione di soccorso
E’ stato condannato ad un anno e due mesi, pena sospesa, per fuga dal luogo dell’incidente dopo aver investito con la sua Piaggio Vespa un bimbo indiano di 4 anni, ma è stato assolto, “perchè il fatto non costituisce reato”, dal secondo capo di imputazione, quello di omissione di soccorso. Patente sospesa per un anno e otto mesi. Per Marco Tacchini, 49 anni, cremasco, difeso dall’avvocato Michele Barrilà, il pm onorario Silvia Manfredi aveva chiesto la condanna a un anno e sei mesi per entrambe le accuse. La motivazione della sentenza sarà depositata entro 60 giorni, ma l’avvocato Barrilà ha già fatto sapere che ricorrerà in Appello.
L’incidente risale alla sera del 2 luglio del 2018. Erano da poco passate le 22 quando lo scooterista era arrivato in via Mazzini, zigzagando e in contromano, finendo addosso al bimbo che era a passeggio con i suoi genitori. “Io e mia moglie eravamo sul marciapiede, e nostro figlio era poco più avanti”, aveva raccontato in aula il padre del piccolo, “quando quella moto che dondolava è venuta verso di noi ed è finita addosso a mio figlio”. Il testimone aveva detto di ricordarsi che anche lo scooterista, nell’impatto, era caduto, ma che poi si era rialzato ed era andato via prima che arrivassero ambulanza e polizia. “Ho fotografato la targa”, aveva riferito l’uomo in aula.
Quella sera in via Mazzini c’era molta gente. Alcuni passanti erano accorsi ad aiutare il piccolo ferito che aveva riportato una botta alla testa. Trasportato in ospedale, era stato trattenuto tutta la notte per sicurezza e il giorno dopo era stato dimesso con una prognosi di sette giorni.
A chiamare l’ambulanza e la polizia era stata Elisabetta, che poco prima stava passeggiando in centro con la sorella. “Ad un certo punto”, aveva raccontato, “è arrivato contromano un motociclo bianco che ha preso in pieno il bambino e ha tirato dritto. Il bambino piangeva e perdeva sangue dalla testa”. La donna, che era impegnata a chiamare i soccorsi, aveva riferito al giudice che l’investitore era alto all’incirca uno e ottanta, sui 50/55 anni, e che dopo l’incidente era entrato in un bar lì vicino. La testimone aveva poi raccontato di aver cercato di memorizzare la targa del mezzo.
Quando la polizia era arrivata, come aveva riferito uno degli agenti intervenuti, l’investitore e il suo scooter non c’erano più. La scena, seppur non nitidamente, era stata ripresa dalle telecamere della zona. Alla polizia, il papà del bimbo aveva riportato parte della targa del motociclo, in particolar modo i numeri, mentre Elisabetta aveva riferito ciò che aveva cercato di memorizzare, e cioè le due lettere, non ricordando bene, però, una delle due. Unendo le lettere della testimone e i numeri del padre, la polizia aveva inserito i dati. Una delle lettere, però, era sbagliata, in quanto non riportava ad alcun mezzo, mentre l’altra, quella data come alternativa, aveva riportato allo scooter ripreso nel video e di conseguenza al suo proprietario.
Il mezzo era stato trovato il giorno dopo parcheggiato in una via traversa del centro. Non riportava tracce dell’incidente, ma la targa corrispondeva, così come corrispondeva la descrizione del proprietario fornita dalla testimone. Nessuno, però, come aveva sottolineato in aula l’agente rispondendo ad una domanda della difesa, era mai stato chiamato per un riconoscimento ufficiale. Lo scooterista era stato denunciato e multato per aver guidato in un’area pedonale, e , data la velocità e la marcia contromano, anche per guida pericolosa. Patente sospesa e scooter sequestrato.
Sara Pizzorni