Geloso, accoltellò il rivale. Ma
cade il reato di tentato omicidio
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Non c’è il tentato omicidio: il reato, per Alfio Scimonelli, 48 anni, pluripregiudicato cremasco che il 15 luglio del 2020 in via Martini a Crema, nel quartiere di San Bernardino, aveva accoltellato all’orecchio e all’addome Giovanni Lucchetti, 45 anni, cremasco, è stato riqualificato in lesioni personali aggravate. L’imputato, detenuto nel carcere di Pavia, è stato condannato a tre anni e quattro mesi di reclusione a fronte dei 13 anni chiesti dal pm Chiara Treballi. Per l’accusa, i due si contendevano l’amore di Sabrina Beccalli, la 39enne bruciata a Ferragosto del 2020 nella sua Fiat Panda nelle campagne di Vergonzana da Alessandro Pasini, assolto, il 29 ottobre scorso, dall’accusa di aver ucciso la donna e condannato a 6 anni per distruzione del cadavere e incendio dell’auto.
Secondo Marco Monti, il direttore generale dell’Asst di Crema che era stato chiamato come consulente il giorno dopo i fatti e che aveva visionato le immagini della tac per verificare la presenza di lesioni agli organi, “si trattava di una ferita da taglio compatibile con una lama, della profondità di 3/4 centimetri, che aveva raggiunto il peritoneo, procurando una piccolissima lacerazione e l’entrata di qualche bollicina di aria”. Al ferito erano stati praticati tre punti di sutura. “Il giorno dopo”, aveva riferito Monti, “volevamo sottoporre il paziente ad altri esami, ma lui, contro il nostro parere, ha voluto essere dimesso”.
“Io e Alfio ci conosciamo da una vita”, aveva raccontato in aula la vittima, che oggi vive in una comunità in provincia di Cremona. “Siamo cresciuti insieme. Quel giorno avevo incontrato Alfio e Sabrina che mi avevano invitato da loro a pranzo. So che i due si frequentavano. Con Sabrina, eravamo amici. Mi avevano chiesto di restare anche a cena, così verso le 16 io e Sabrina siamo usciti per andare al bar vicino a casa sua. Abbiamo comprato del vino, ma ci siamo anche fermati a bere qualcosa. Verso le 18,30 abbiamo preso la Fiat Panda di Sabrina per tornare a casa, e abbiamo visto Alfio a piedi venire verso di noi. ‘Scendi, perchè se no questo mi ammazza’, mi ha detto Sabrina, ma lui ha aperto la portiera dove ero io, dalla parte del passeggero, e mi ha sferrato prima un fendente all’orecchio e poi allo stomaco”.
Lucchetti aveva raccontato di non aver visto l’arma con la quale Scimonelli lo aveva ferito, arma che non è mai stata trovata. Ai giudici aveva riferito di aver visto l’imputato prendere per il collo Sabrina e di essersi allontanato in macchina con lei. “Avevo il sangue che zampillava dall’orecchio e la maglietta bianca sporca di sangue all’altezza dell’addome”. Lucchetti era riuscito a raggiungere il bar “Stati Uniti”, dove aveva chiesto aiuto. Era stato poi soccorso e portato in ospedale.
Per il pm, la coltellata presa da Lucchetti aveva raggiunto l’ultimo strato della parete addominale, vicinissimo allo stomaco. Alla fine, fortunatamente, le lesioni erano state di scarsa entità, ma per l’accusa “non è un elemento idoneo per escludere l’intento omicida”. “La violenza del colpo inferto”, per il pm, “è stata di minor entità magari per circostanze indipendenti dallo scopo dell’imputato”. “Futili”, inoltre, le circostanze che hanno spinto Scimonelli ad accoltellare il rivale. L’accusa ha parlato di “motivi spropositati” e di un “sentimento malato” da parte del 48enne cremasco.
“Non si può fare un processo alle intenzioni”, ha replicato a sua volta l’avvocato difensore Mario Tacchinardi, che ha parlato della mancanza di prove che potessero ricondurre al suo assistito come autore dell’accoltellamento e comunque della lieve entità delle ferite: “Non è stata attinta alcuna zona vitale, Lucchetti in nessun momento ha rischiato la vita”.
La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni.
Sara Pizzorni