Lettere

Una Visione e una strategia per le Politiche Sociali

da Michele Gennuso

In questi ultimi 5 anni ho avuto l’onore e l’onere di occuparmi delle Politiche Sociali del Comune di Crema.

E’ stata un’esperienza entusiasmante da tanti punti di vista: innanzitutto umano, ma soprattutto professionale.

La mia storia personale è caratterizzata da sempre da relazioni umane in cui molto spesso entra in gioco la fragilità, il dolore e la malattia e questa esperienza amministrativa mi ha consentito di rinsaldare ulteriormente quella idea che ho cercato di concretizzare nella mia professione: il benessere di ogni persona passa, deve passare, da una visione che consideri ogni individuo una risorsa anche nella sua fragilità, anche quando sperimenta un limite, anche quando tutto sempre andare contro la sua realizzazione personale.

La persona che vive una fragilità (sia essa strutturale che passeggera) non può essere relegata ad un contenitore da riempire di servizi, è necessario trovare quella miccia da accendere per far divampare l’individuo all’interno della comunità cui appartiene al fine di affidargli un ruolo proattivo.

Questa visione quindi non parla di assistenza, ma di responsabilizzazione.

La responsabilità di ogni individuo di realizzare se stesso anche quando vive dei problemi che possono essere di salute, economici, relazionali all’interno della famiglia, della scuola o problemi di lavoro.

E al concetto di responsabilizzazione mi piace aggiungere anche quello di “capacitazione”: le persone devono essere messe nelle migliori condizioni di esprimere le proprie capacità.

E questo coinvolge non solo i cosiddetti “fragili” ma anche i “vulnerabili” !

È sempre più urgente un welfare che guardi non solo ai pochi ai margini ma ai tanti che soffrono isolamento, solitudine, povertà relazionale, pur non avendo un problema economico.

Ecco allora che la Politica ha il dovere di consentire questa realizzazione e questa capacitazione e deve cercare di creare una rete che possa facilitare questo percorso.

Non si può improvvisare nulla!

Nè tanto meno scrivere un libro dei sogni!

E’ necessaria una lettura intelligente dei bisogni (vecchi e nuovi) e delle risorse (professionali e del volontariato) da far interagire in un contesto che riconosca anche il ruolo di quel “Quarto Settore” che è rappresentato da tutte quelle azioni informali e non strutturate che sempre di più si animano all’interno delle comunità e dei quartieri e che possono interessare singoli cittadini come piccoli gruppi di persone.

Occorre una visione strategica che superi il limite del “qui ed ora” e che riesca a sviluppare una dimensione temporale che sappia con coraggio prevedere gli effetti a lungo termine ; una visione che sappia riconoscere il valore dei professionisti che entrano in gioco in questo investimento sociale.

Ebbene sì; le risorse economiche “spese” nel sociale sono un investimento quindi credo sia più corretto d’ora in poi sostituire la parola “spesa sociale” con “investimento sociale” ma non per strizzare l’occhio agli amanti dei neologismi quanto piuttosto per favorire sempre di più un approccio sereno al sociale dove non bisogna tremare ogni qualvolta in termini di bilancio dovendo giustamente fare dei conti si teme per il risultato per le casse dell’ente locale.

E’ ovvio però che le risorse non sono illimitate

Quindi la soluzione potrebbe essere quella di valutare sempre di più l’efficacia degli interventi, l’efficienza delle azioni, l’appropriatezza delle performance anche per arrivare a decidere cosa è giusto continuare a realizzare perché realmente utile alla persona (anche perché no su basi scientifiche) e cosa invece sarebbe meglio interrompere al fine di spostare risorse su azioni più proficue.

Questa dimensione chiama in causa tutti: in primis le persone che vivono la fragilità, poi le associazioni che le rappresentano, il Terzo Settore in tutta la sua variegata ricchezza e specializzazione, il già citato Quarto Settore, l’ente Locale e a seguire Regione e Stato.

A Crema ci siamo dotati di uno strumento per favorire questo processo culturale nelle politiche sociali!

Questo strumento/metodo è la coprogettazione che a mio modesto parere molti non hanno ancora realmente compreso; sia alcuni che aspirano ad amministrare la città nei prossimi cinque anni sia alcuni attori della coprogettazione stessa che, nel timore di perdere quella talvolta necessaria visibilità che possa continuare a garantire la loro identità, l’ hanno in qualche modo indebolita.

La coprogettazione è un metodo che presuppone quindi, da parte di coloro che vi entrano, una visione che ponga al centro la condivisione sia delle risorse (economiche e non) sia della progettualità, è lo strumento che serve a decidere insieme come fare rete nei confronti di ogni forma di fragilità; è lo strumento quindi che consente a ogni protagonista (Ente Locale e Terzo Settore con le associazioni di Volontariato) di contribuire anche al senso delle azioni che si realizzano di volta in volta.

La coprogettazione non è una distribuzione di incarichi, o di servizi da gestire, quella è altra cosa!

Così come mi risuona alquanto fuori luogo pensare di mettere in competizione le realtà del terzo settore nello svolgimento di azioni che per essere efficaci presuppongo una rete forte tra le migliori competenze del nostro territorio!

All’inizio del mio mandato ho insistito affinché la maggior parte delle realtà del terzo settore presenti nella nostra città diventassero parte attiva del processo di coprogettazione perché c’è bisogno delle professionalità e delle sensibilità di tutti e di ciascuno per riuscire a rispondere in maniera adeguata alle esigenze di tutti i cittadini.

Non nascondo che le dinamiche sono complesse perché mettono in gioco le diverse sensibilità, la necessità di essere visibili sul territorio evitando il rischio di diventare parte di un tutto dove si scolorano le tinte forti di ciascuno, le risorse economiche non sempre adeguate.

Mi sembra ormai fuori tempo pensare ad un welfare che non sappia dialogare per trovare soluzioni, la mia è una visione che riconosce le specificità di ognuno e che richiede il tempo e il coraggio di perdere un po’ di sé per realizzare qualcosa di strutturato e continuativo insieme.

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