Cronaca

Assalto in villa e famiglia in ostaggio
per ore. Niente prove, tutti assolti

Erano accusati di aver fatto parte della banda di incappucciati che verso le 22,30 del 23 giugno del 2018 a Crema aveva messo a segno una rapina nella villa di Claudio, 70 anni, imprenditore, tenuto in ostaggio per quattro interminabili ore insieme alla moglie Silvia, 64 anni, e al figlio Manuele. Per quattro dei cinque imputati finiti a processo, il pm Chiara Treballi aveva chiesto pene tra gli otto e i dieci anni di reclusione, ma il collegio dei giudici li ha assolti  tutti “per non aver commesso il fatto”.  Altri due presunti componenti della gang erano già stati assolti davanti al giudice per l’udienza preliminare.

Gimi Daniel Chiratc, 31 anni, Denisa Cristina Ciungan, 27 anni, Mihai Irinel Bazavan, 26 anni, Alin Constantin Sau, 34 anni, tutti romeni residenti nel cremasco, e Andrijana Andelkovic, 27 anni, serba, l’unica per cui il pm ha chiesto l’assoluzione, erano finiti in manette nel marzo del 2019 nell’operazione “Bad Boys” degli uomini della Squadra Mobile della Questura di Cremona con le accuse di rapina, sequestro di persona, furto in abitazione e lesioni personali in concorso.

Gli autori di quel colpo in villa, con accento dell’Est, erano stati particolarmente violenti: il padrone di casa era stato aggredito, colpito con due pugni e buttato a terra. La famiglia era stata minacciata con un grosso cacciavite e con una pistola. I banditi erano tutti vestiti di nero con scarpe da ginnastica rosse e con indosso passamontagna e guanti e muniti di ricetrasmittenti per comunicare tra loro. Alla fine erano fuggiti lasciando la casa a soqquadro e portandosi via un bottino ingente, tra gioielli, oro, telefoni, computer, capi di abbigliamento per un valore totale di circa 200mila euro. Parte della refurtiva era stata persa in giardino durante la fuga, compreso il cacciavite di cui uno di loro era armato. Ma sul posto i banditi avevano lasciato poche tracce.

Lo ha riconosciuto lo stesso pm, che ha parlato della mancanza di una prova certa e di un processo indiziario, seppur basato, a suo dire, “su plurimi indizi”. In una lunga requisitoria, il pm ha cercato di sottolineare tutti gli elementi raccolti durante l’indagine nei confronti degli imputati. “E’ stato un fatto grave”, ha detto il pm, “connotato da pianificazione e strategia”. Ma se dai sopralluoghi nell’abitazione non sono emerse prove, l’accusa si è concentrata sulle 1.076 pagine di tabulati telefonici, sui contatti tra gli imputati e sugli scambi di utenze, sulle celle dei telefoni, sui movimenti dell’autovettura e sugli orari, tutti elementi che per il pm riconducevano alla responsabilità dei cinque, ognuno con un proprio ruolo.

In particolare da quello di Denisa Cristina Ciungan, che conosceva la villa. Il pm ha sostenuto che la donna, compagna dell’altro imputato Gimi Daniel Chiratc, aveva avuto “un rapporto di natura sessuale” con il fratello dell’imprenditore vittima della banda di incappucciati. Da telefono della Ciungan, gli investigatori avevano poi ricostruito i contatti che, attraverso l’esame delle celle telefoniche e dei vari spostamenti, avevano consentito l’identificazione dei presunti complici. Per il pm, la Ciungan avrebbe avuto il compito di adescare la vittima, il fratello dell’imprenditore, definito “il soggetto chiave”, e di fornire informazioni al suo compagno, considerato l’organizzatore e il pianificatore della rapina e presente all’interno dell’abitazione insieme a Constantin Sau. Mihai Irinel Bazavan, invece, avrebbe fatto da palo e da autista.

Tre degli avvocati della difesa: da sinistra, Corbellini, Lanci e Magnante

“Per arrivare ad un sentenza di condanna”, hanno sostenuto a loro volta le difese, rappresentate dagli avvocati Massimiliano Lanci, Mario Corbellini, Federico Magnante ed Enrico Belloli, “non serve una ricostruzione logica dei fatti come quella raccontata dal pm, ma servono le prove. E qui non ce ne sono. Non ci sono impronte digitali, non ci sono telecamere, e una cella telefonica non è sufficiente in quanto copre un’area di diversi chilometri quadrati”. In una delle intercettazioni telefoniche portate all’attenzione dei magistrati inerente una conversazione tra la Ciungan e Chiratc, non ci si riferiva alla rapina in villa, hanno spiegato le difese, ma ad un altro episodio accaduto due giorni prima. Un episodio che aveva visto la coppia coinvolta in una estorsione ai danni di un ex politico di un paese del cremasco. Per quel fatto, i due hanno già patteggiato.

“Un processo che non avrebbe dovuto nemmeno iniziare”, hanno detto i difensori subito dopo aver incassato la sentenza di assoluzione. “Esprimiamo solidarietà alla famiglia vittima della rapina e rispettiamo il lavoro degli inquirenti, auspicando che dedichino lo stesso impegno per trovare i veri colpevoli”.

Sara Pizzorni

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