Chirurgia, allarme esperti su ipotensione durante interventi ad alto rischio
(Adnkronos) –
In Europa su 2,4 milioni di pazienti che ogni anno si sottopongono a interventi chirurgici ad alto rischio si stima che quasi il 17% – 1 su 6 – sviluppi una o più complicanze post-operatorie. Stime riportano in 192.000 le morti annue nei 30 giorni successivi all’intervento, e particolarmente pericolosa è l’ipotensione intra-operatoria (Ioh, Intraoperative hypotension) se non efficacemente monitorata. Proprio sui rischi post chirurgia è stato pubblicato – e disponibile anche in italiano (www.improvethinktank.org) – il rapporto ”Miglioramento della sicurezza del paziente: l’importanza dell’assistenza peri-operatoria e il monitoraggio efficace” redatto da ImPrOve (Improving patient outcomes) Think Tank, gruppo paneuropeo formato da anestesisti, chirurghi e rappresentanti delle organizzazioni di tutela dei diritti dei pazienti, impegnato nella sensibilizzazione sul tema delle complicanze post-operatorie e nel miglioramento della sicurezza degli interventi ad alto rischio.
Nel rapporto – riferisce una nota – si chiede di garantire l’attuazione e l’aderenza alle linee guida europee sul monitoraggio emodinamico durante gli interventi chirurgici, specialmente se ad alto rischio, migliorando la formazione per i medici, assicurando fonti di finanziamento agli ospedali per investire in tecnologie innovative di monitoraggio emodinamico in grado anche di rilevare dati fondamentali per elaborare strategie d’intervento nelle politiche sanitarie che migliorino la sicurezza per i pazienti, coinvolgendo questi ultimi nel processo decisionale.
L’instabilità emodinamica che si manifesta come cali della pressione arteriosa (la cosiddetta ipotensione intraoperatoria) – spiega la nota – è una condizione tutt’altro che rara in sala operatoria poiché è una complicazione ricorrente degli interventi ad alto rischio ed è inoltre un importante fattore di rischio per mortalità post-operatoria. Per questo – secondo Marco di Eusanio, Sod Cardiochirurgia, Centro cardiovascolare Lancisi degli Ospedali Riuniti di Ancona e membro dell’ImPrOve Think Tank, “una tecnologia di monitoraggio emodinamico dovrebbe essere presente in ogni sala operatoria, per essere utilizzata per tutte le procedure ad alto rischio. Una caduta della pressione arteriosa media (Map) a valori inferiori di 60-70 mmHg è legata a gravi complicanze post-operatorie, quali lesioni miocardiche, lesioni acute del rene (Aki) e aumento della mortalità.6,7 Se la pressione arteriosa venisse efficacemente monitorata, si potrebbero evitare queste complicanze e l’esito post-operatorio cambierebbe in modo significativo”.
“Negli ultimi anni – sostiene Franco Valenza, anestesista presso Fondazione Irccs Istituto nazionale dei Tumori di Milano e membro dell’ImPrOve Think Tank – gli investimenti nelle tecnologie e nella formazione professionale hanno spesso risentito di tagli nel budget, fenomeno che si è acuito durante la pandemia da Covid-19. L’agenda dell’ImPrOve Think Tank – spiega – si propone dunque di sensibilizzare medici, pazienti e Istituzioni per ampliare la formazione dei medici, garantendo l’aderenza e l’attuazione delle nuove linee guida europee sul monitoraggio emodinamico durante gli interventi chirurgici, andando a coinvolgere sempre più i pazienti in un dialogo sui rischi che l’ipotensione intra-operatoria può arrecare”.
“Spesso, infatti – commenta Luciana Valente, responsabile delle relazioni internazionali della Senior international health association (Siha) e membro dell’ImPrOve Think Tank – i pazienti non sono consapevoli dei rischi derivanti dal mancato utilizzo di una tecnologia di monitoraggio digitale innovativa; quindi, potrebbero non chiedere la migliore gestione peri-operatoria e più un paziente è coinvolto in una procedura, migliori saranno i risultati, a partire da un chiaro e trasparente dialogo sulla gestione del rischio, tra il team medico, il paziente e la famiglia”.