Morte Sabrina, il gup: "Indagine
viziata da clamoroso errore"
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Per il giudice Elisa Mombelli, che lo scorso 29 ottobre aveva assolto Alessandro Pasini, il 46enne cremasco accusato di aver ucciso Sabrina Beccalli, non ci sono prove della responsabilità dell’imputato. In queste ore è stata depositata la motivazione della sentenza che ha visto la condanna a 6 anni di Pasini, dallo scorso ottobre uomo libero, solo per distruzione di cadavere e incendio.
Nella motivazione, di 39 pagine, il gup ha spiegato che “il meccanismo del decesso rimane di natura indeterminata” a causa del “clamoroso errore verificatosi nelle sue fasi iniziali che ha determinato la irrimediabile dispersione di gran parte dei resti della donna”, trovata bruciata a Ferragosto del 2020 nella sua Fiat Panda nelle campagne di Vergonzana, a Crema, e scambiata per la carcassa di un cane. Nell’elaborato tecnico depositato il 31 marzo a firma dei consulenti tecnici nominati dal pubblico ministero si legge che “non vi è alcun dubbio che si tratti di resti umani. Malgrado ciò i resti sono stati sfortunatamente scambiati per una carcassa di animale, e questo ha portato alla perdita di circa il 65% del corpo, cosa che ha certamente influito sulla ricostruzione medico legale dei fatti”.
Pasini e la 39enne cremasca si erano incontrati nella notte tra il 14 e il 15 agosto del 2020 nella casa di Susanna, ex compagna di Pasini, per consumare droga. Nell’abitazione di via Porto Franco, a detta dell’imputato, Sabrina sarebbe morta per una overdose e non per mano sua, mentre per la procura, che per Pasini aveva chiesto la condanna a 28 anni, il 46enne avrebbe condotto Sabrina in quell’appartamento per avere rapporti sessuali. Dopodichè, in seguito ad una lite, lui ne avrebbe provocato la morte, causata da un’emorragia cerebrale seguita a un colpo violento al capo che aveva provocato due microfratture alla mandibola.
In seguito aveva caricato sulla Fiat Panda il cadavere della vittima, dando fuoco all’automobile per occultare le tracce del delitto. Sempre con l’intento di cancellare le tracce, aveva anche cercato di far saltare in aria l’appartamento di via Porto Franco, tagliando il tubo di conduzione del gas della caldaia. Pasini ha sempre e solo ammesso di aver bruciato il corpo dell’amica e di aver tagliato il tubo del gas. Non di averla uccisa.
Per il giudice, l’ipotesi difensiva è “processualmente plausibile”, in quanto “non si pone in contrasto con le risultanze probatorie”. La tesi dell’imputato “è apparsa francamente spontanea e genuina” e il lavoro della difesa “ha offerto interpretazioni alternative, esse stesse dotate di plausibilità scientifica”.
Nessuna certezza che il trauma cranico sia stato causato da una brutale aggressione. Sia Sabrina che Pasini, come accertato dalle analisi tossicologiche, avevano consumato droga e anche “un significativo quantitativo di bevande alcoliche”. L’ipotesi che “dopo avere consumato cocaina insieme al Pasini, Sabrina possa avere accusato, per effetto del pericoloso mix di sostanze alcoliche e stupefacenti e di psicofarmaci, un malore farmaco-indotto, non pare allora meramente astratta”, si legge nella motivazione. E “non è inverosimile” che la donna, dopo essersi accorta della perdita di sangue dal naso per effetto della cocaina sniffata, si sia alzata dal letto (sui cuscini sono state trovate tracce ematiche) e abbia raggiunto, a fatica, e lasciando più tracce di sangue, il bagno. Lì sarebbe crollata con un violento urto contro il bordo della vasca.
Il giudice ha anche fatto riferimento all’episodio inerente le grida di aiuto che una vicina aveva sentito arrivare dall’appartamento. Per l’accusa, una prova dell’aggressione subita dalla donna da parte di Pasini. Il gup non ha escluso affatto che quella voce fosse di Sabrina, ma la donna poteva essere stata colta da malore. “Non è estraneo all’ordine naturale delle cose che un soggetto colpito da malore invochi aiuto, con voce che è stata descritta come sofferente e strozzata”. Se diversamente fosse stata rincorsa per tutto il corridoio e colpita varie volte, “le urla sarebbero verosimilmente state ripetute e ben più insistenti”.
Riguardo invece il comportamento tenuto da Pasini per liberarsi del corpo, il giudice ha ritenuto che “esso possa trovare una spiegazione plausibile, ancorchè indubbiamente censurabile, avulsa dalla materiale riconducibilità di una condotta omicida”. Il gup ha ricordato le parole che Pasini aveva pronunciato in sede di interrogatorio di garanzia: “se fosse successo a casa mia avrei chiamato dicendo che era stata male una ragazza; ero a casa di Susanna, mi è preso il panico. Avevo paura che Susanna sapesse che ero stato con Sabrina a consumare droga nella sua casa. Ci ero già passato perchè vent’anni fa è morta la madre di mia figlia. Vedere Sabrina in quelle condizioni ha fatto riaffiorare subito in me il ricordo drammatico della perdita della mia compagna Alessandra, morta per overdose. Di quel doloroso episodio, molte persone, tra cui la stessa Susanna, mi hanno ritenuto responsabile nonostante mi trovassi in una comunità terapeutica”.
“Plausibile”, per il giudice, “che egli, trovandosi di fronte al corpo esanime di una cara amica nell’appartamento di colei che Pasini ha definito ancora la sua compagna, alla quale sia lui che Sabrina avevano promesso di smettere di consumare droga, sia stato colto da panico”.
Pasini aveva anche riferito che in quei momenti gli si era affacciata alla mente anche l’eventualità che l’ex compagno della Beccalli, Alfio Scimonelli, potesse in qualche modo ritenerlo responsabile di quanto accaduto, e ciò gli faceva paura in quanto Scimonelli “è un tipo violento, da sempre ossessionato dalla gelosia per Sabrina. Qualche settimana prima aveva accoltellato un uomo credendo che tra loro vi fosse una relazione”. Per il giudice, “in tale turbinio di emozioni e timori in cui versava in quegli istanti, amplificati dalla scarsa lucidità del momento”, Pasini avrebbe davvero potuto perdere la testa, ponendo in essere “le note deplorevoli condotte che, pertanto, se valutate nell’ambito del contesto psico-emotivo, trovano una spiegazione plausibile ed alternativa alla volontà di distruggere le prove di un omicidio”.
Sara Pizzorni