Cronaca

Pasini: non c'è l'omicidio,
pena di 6 anni. Scarcerato

Simona Beccalli

Non c’è la prova dell’omicidio di Sabrina Beccalli. Non c’è, secondo il gup Elisa Mombelli, che ha condannato Alessandro Pasini, il 46enne cremasco accusato di omicidio volontario, incendio con pericolo per l’incolumità pubblica, distruzione di cadavere e crollo di edificio, ad una pena di 6 anni contro i 28 chiesti dal pm Lisa Saccaro, che invece ha sostenuto la tesi dell’omicidio. Pasini, in carcere dal 18 agosto del 2020, ha sempre ammesso di aver bruciato la donna nella sua auto, negando però di averla uccisa, attribuendo la morte di Sabrina ad una overdose. Il 46enne, difeso dagli avvocati Paolo Sperolini e Stefania Amato, è stato condannato solo per distruzione di cadavere e incendio ed è stato subito scarcerato.

L’avvocato Andronico

Devastati i famigliari della vittima. Urla e disperazione da parte di Simona, sorella di Sabrina, che insieme agli altri fratelli Teresa e Gregorio era parte civile nel procedimento, così come Omar, il figlio 16enne della vittima, tutti rappresentati dall’avvocato Antonino Andronico. Per Omar, il giudice ha disposto un risarcimento di 35.000 euro, mentre per i tre fratelli di Sabrina 15.000 euro a testa. IL VIDEO 

La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni. Spetterà alla procura decidere se impugnare o meno la sentenza.

L’avvocato Sperolini

Nella notte tra il 14 e il 15 agosto del 2020 l’imputato e la Beccalli si erano incontrati nella casa della ex compagna di Pasini per consumare droga. Secondo l’accusa, il 46enne, probabilmente in seguito ad una lite per delle avances rifiutate, l’aveva uccisa. Poi aveva caricato sulla Fiat Panda il cadavere della vittima, dando fuoco all’automobile per occultare le tracce del delitto. Sempre con l’intento di cancellare le tracce, aveva anche cercato di far saltare in aria l’appartamento di via Porto Franco, tagliando il tubo di conduzione del gas della caldaia, provocando un incendio e causando pericolo per la pubblica incolumità. Circostanza, questa, ammessa dallo stesso Pasini. Ingiustificabile, per il pm il comportamento dell’imputato se la donna fosse davvero morta di overdose. La chiamata della vicina che aveva sentito grida di aiuto, le tracce di sangue trovate nell’appartamento, tutti elementi che per la procura rafforzavano l’ipotesi del delitto.

Non così per la difesa, che ha sostenuto l’insufficienza di elementi per una condanna per omicidio. 

Il corpo di Sabrina Beccalli era stato scambiato dal veterinario dell’Ats Valpadana Giuseppe Casirani per la carcassa di un cane e in parte gettato in discarica. Pasini aveva sempre detto di aver bruciato il corpo della 39enne, e che quel cadavere nell’auto era il suo, ma la donna era stata cercata per giorni e giorni, fino a quando era emersa la sconcertante verità.

Dalle condizioni dei resti rimasti non è stato possibile stabilire con esattezza dinamica e cause della morte. Nella perizia del pool di esperti del medico legale Cristina Cattaneo è stato accertato che Sabrina, poche ore di prima di morire, aveva assunto cocaina, ma non è stato possibile stabilire in che quantità. Il team della Cattaneo ha potuto lavorare solo sul 32% dell’intero corpo, bruciato, come accertato dall’esame antropologico sui resti, all’interno della macchina in posizione supina. All’analisi, dunque, mancava gran parte del corpo e anche dello scheletro, cosa che ha impedito di poter ricostruire un quadro preciso sulle cause del decesso.

“C’è una decisione che rispecchia gli atti processuali, non c’è altro da aggiungere”, si sono limitati a commentare i due avvocati difensori. “Il giudice ha applicato la legge”.

Sara Pizzorni

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