aggredito con coltello e derubato
aggredito con coltello e derubato
E’ stata inaugurata ieri, in Largo Falcone e Borsellino, la quarta edizione di “57 giorni – Strade di legalità”. Il percorso, ideato e realizzato dalla Consulta Giovani Crema, è volto a ricordare le stragi di Capaci e via D’Amelio nelle quali persero la vita i due giudici siciliani, nella lotta contro la mafia.
Attraverso incontri e momenti di riflessione, i ragazzi della Consulta tengono viva la memoria di Falcone e Borsellino e di chi, come loro, ha dato la vita per combattere la mafia. Alla cerimonia era presente il vicesindaco Michele Gennuso.
Di seguito il discorso della presidente della Consulta, Gaia Manzoni.
Giovanni e Paolo, conterranei, quasi coetanei, amici. È stato negli anni della loro gioventù, quelli della formazione, che hanno maturato la scelta di spendersi per la legalità. Non si sono lasciati sopraffare dall’abitudine, dal “funziona così da sempre”, dal girare la testa e distogliere lo sguardo. Non si sono lasciati lusingare, affabulare, manipolare. Hanno scelto di essere in prima linea, di voler cambiare ció che non andava, di dare nuove opportunità alla loro terra, al loro Paese, alle nuove generazioni. Giovanni e Paolo erano amici, come si coglie da questa foto che abbiamo scelto per ricordarli.
L’immagine, scattata dal reporter Tony Gentile è diventata il loro simbolo. Quando questa fotografia venne realizzata i magistrati stavano partecipando ad un convegno, sessanta giorni prima della strage di Capaci: erano seduti allo stesso tavolo e, improvvisamente, scambiandosi una battuta sottovoce, si aprirono in un sorriso complice. Il giorno dopo peró quest’immagine non trovó spazio sui giornali, ma venne pubblicata solamente in seguito all’attentato di via D’amelio. Sono molte le foto che li ritraggono sorridenti insieme, in momenti sereni e conviviali, molte di queste, come ogni anno in questi giorni, riempiono i luoghi simbolo del nostro Paese, come testimonianza di vita, di memoria e di continuità.
Oggi, nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci e all’avvio del Quarto anno del nostro percorso “57 giorni, strade di legalità” voglio ricordarli come un simbolo di amicizia e di coraggio. Falcone e Borsellino erano amici, amici che condividevano un percorso, un sistema valoriale, ma soprattutto un forte sentimento di stima e rispetto reciproco. Amici che si sono sorretti nei momenti di difficoltà e tutti noi sappiamo quanto sia importante avere qualcuno che ci sia accanto nel momento di sconforto, quel qualcuno che ci aiuti a far scomparire ogni idea di resa, quando tutto appare troppo difficile, quel qualcuno che sappia cosa stiamo attraversando e a cui interessi veramente ció che stiamo provando.Questo qualcuno per ciascuno di noi sono gli amici, fondamentali alleati negli anni della crescita, con cui ci confrontiamo, costruendo insieme il futuro personale e quello della nostra società.
Paolo e Giovanni adesso sono eroi, ma a renderli tali non è stata la morte, barbara, ingiusta e violenta, è stato il loro quotidiano, fatto di sconfitte e vittorie, fatto di delusioni ed entusiasmi, fatto di quel “la gente fa il tifo per noi” che dava loro la carica, quando lo stesso sistema di cui facevano parte li aveva abbandonati. Soli, ma uniti. Soli, ma insieme. Soli, ma forti.
La stessa forza che ha permesso loro di non arrendersi alla paura e di rendersi liberi. Quanto sarebbe stato facile omologarsi, quanto sarebbe stato anche umanamente comprensibile cedere alle minacce, alle pressioni e non dico disimpegnarsi del tutto, ma accettare qualche compromesso, quel che sarebbe bastato per mettersi al sicuro. Anche perchè dopo la morte diventarono eroi, baluardi della legalitá, simboli, ma prima furono ostacolati, messi ai margini, persino indicati come personaggi in cerca solo di notorietà. Ed è questo contesto vigliacco e subdolo che non dobbiamo dimenticare, perchè solo capendo appieno con quanta fatica e con quanta tenacia abbiano continuato a lavorare, quanti ingiusti ed incomprensibili ostacoli si siano trovati ad affrontare anche da chi doveva sostenerli, possiamo davvero rendere merito a questi uomini.
Entrambi sapevano che il loro destino era segnato, ma non mostrarono mai nessun timore, solamente consapevolezza; nessuna incoscienza, solamente coerenza. Giovanni Falcone lo annunció tra le righe nel suo libro intervista Cose di cosa nostra nel 1991: è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande», «Si muore generalmente perché si Paolo Borsellino giá nel 1985, in isolamento all’Asinara dopo le prime fondate voci di attentati alla loro persona, lo dichiarava: Non sono né un eroe né un Kamikaze, ma una persona come tante altre. Temo la fine perché la vedo come una cosa misteriosa, non so quello che succederà nell’aldilà. Ma l’importante è che sia il coraggio a prendere il sopravvento… Se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire sereno.
E il suo coraggio continuó a perseverare, anche dopo la morte di Giovanni, sapeva di essere il prossimo, sapeva di avere poco tempo, seppe persino che il carico di esplosivo a lui destinato era sbarcato a Palermo. Eppure non indietreggió. La mafia oggi non è ancora sconfitta, anzi, si è messa il vestito buono e si è adeguata ai tempi, forse è meno visibile, meno appariscente, ma non meno tentacolare. L’educazione alla legalità, ma soprattutto il comprenderne l’essenza fondante della società, deve essere sempre più diffusa e radicata, insieme ai valori dell’amicizia, del coraggio, dell’equità. Perchè una societá che si fonda sulla legalità è uno società giusta, che persegue i diritti di tutti e cancella ogni prevaricazione mafiosa, nella sostanza o nella modalità.
Oggi ricordiamo la strage di Capaci, ma con essa tutte le vittime delle mafie, alcune rimaste anonime o sconosciute. Quel 23 maggio 1992, alle 17:58 non perse la vita solo Giovanni Falcone, ma anche sua moglie, Francesca Morvillo, che decise di non lasciarlo solo e gli agenti della sua scorta Vito Schifani, Rocco Dicilio e Antonio Montinaro. A ciascuno di loro giunga ancora oggi il nostro grazie che si deve nel nostro impegno concreto, perchè il loro sacrificio non venga dimenticato e non resti vano, per una societá liberata dalla mafia e da ogni genere di prevaricazioni.