“La verità e la giustizia non sono un desiderio, sono un diritto”. Con questo slogan, questa mattina, riuniti in presidio davanti al tribunale con cartelli, striscioni e volantini, si sono presentati i componenti del comitato “Verità e Giustizia per gli ospiti della Fondazione Benefattori Cremaschi.
Tutti parenti dei 140 deceduti, tra marzo e aprile del 2020, nelle strutture Rsa Camillo Lucchi e nell’istituto di riabilitazione Kennedy gestiti dalla Fondazione. Tutti stanno collaborando con l’associazione “Felicita”, che raggruppa i vari comitati e che è nata in rappresentanza e in difesa dei diritti dei tanti familiari, medici e infermieri coinvolti nelle tragiche vicende delle Rsa e di quanti sono coinvolti nel mondo dell’assistenza sanitaria agli anziani.
“Abbiamo l’esigenza di comprendere ciò che non ha funzionato”, hanno detto i rappresentati del comitato Antonio Macrì, Beppe Bettenzoli, Giuseppina Nichetti e Ugo Persico, insieme a tanti altri parenti di anziani deceduti. “Vogliamo capire i motivi dei troppi decessi. Pretendiamo chiarezza per dare dignità al sacrificio dei nostri parenti”. “La nascita di questo comitato”, hanno sottolineato, “è stata necessaria dopo aver letto dichiarazioni, da parte della Fondazione, per come sia stata gestita l’emergenza Covid all’interno delle strutture. Dichiarazioni che contrastavano con le nostre conoscenze, testimonianze ed esperienze di quel periodo.
Dire che è stato fatto tutto il possibile per garantire le protezioni e le cure dei nostri parenti anziani è fondamentalmente sbagliato, o quantomeno, se fosse veritiero, fa emergere una inadeguatezza gestionale sbalorditiva che attraverso le storie delle degenze raccontate e condivise da noi parenti ci permettono di comprendere meglio quanti errori e quante negligenze siano stati commessi”.
Antonio ha perso il padre, mentre Beppe ha perso lo zio Domenico, 90 anni. Il 14 marzo Giuseppina ha perso sua mamma Angela, 92 anni, e il 30 marzo Ugo ha perso la mamma di 85 anni. “Pensi che era entrata per fare una riabilitazione”.
“C’è stata la mancanza di un vero e proprio coordinamento della gestione complessiva dell’emergenza”, hanno spiegato Antonio e Beppe, “senza un piano di azione e programmazione, nessuna prevenzione, hanno adottato provvedimenti tardivi. A subirne il prezzo più alto sono stati i nostri cari, trattati come affetti da una semplice influenza, impossibilitati ad essere isolati, a cui è stata negata la possibilità di essere ricoverati in ospedale. Pensi che Fondazione ci ha chiesto addirittura di adoperarci per il 5 per mille a suo vantaggio, ma nessuno ci ha mai mandato neppure le condoglianze”.
“Anche le più belle Rsa”, ha detto ancora Beppe, “sono state un campo di concentramento. Va ripensata l’assistenza alle persone anziane. Bisogna fare delle strutture più piccole e ripensare all’assistenza domiciliare. I nostri cari sono morti in luoghi organizzati che avrebbero dovuto prevedere i rischi, e invece il livello di organizzazione è stato inadeguato. Senza contare il grande dolore di non aver mai più potuto vedere i nostri cari”.
Al procuratore Roberto Pellicano e al suoi sostituti, che si stanno occupando dell’indagine, i rappresentanti del comitato chiedono di essere ascoltati. “Io, ad esempio, pur con tanta fatica”, ha detto Beppe, che ha presentato anche un esposto, “sono riuscito ad avere la cartella clinica di mio zio. E’ chiaro che c’è qualcosa che non quadra”. “Dare voce a chi come noi ha subito lutti nelle strutture è un valore aggiunto per stabilire la verità”, ha aggiunto Antonio, “riportando al centro dell’attenzione le persone, affinché non siano più ridotte a sterili numeri, perché 1214 decessi nelle Rsa della nostra provincia hanno diritto alla giustizia”.
Le indagini sono ancora in corso. Nei mesi scorsi, su mandato della procura, carabinieri del Nas e uomini della guardia di finanza hanno effettuato perquisizioni e raccolto una mole di documentazione per far luce sulle morti per sospetto Covid degli ospiti delle Rsa cremonesi e dell’ospedale avvenute nei mesi di piena emergenza sanitaria.
Otto le Rsa sotto la lente: Cremona Solidale, Cingia dè Botti, Sospiro e Casalbuttano, strutture dove le morti sono state circa 300, Fondazione La Pace Onlus di via Massarotti a Cremona, la Casa di riposo “Villa Sacro Cuore – Coniugi Preyer” di Casalmorano, la Fondazione Benefattori Cremaschi di via Kennedy a Crema e la Fondazione Casa di Riposo Ospedale dei Poveri di Pandino, strutture dove si sono registrati decessi pari a circa il 20% dei degenti.
Tutto è stato analizzato: carteggi clinici, documenti, mail e comunicazioni dei direttori sanitari, ed è già stata effettuata una ricostruzione dettagliata riguardo la dinamica dei fatti. Nelle mani degli investigatori ci sono dossier che riguardano ogni singola casa di riposo, ma anche un quadro d’insieme su quelle che sono state le modalità organizzative dell’intero comparto sanitario. Il tutto per appurare se ci siano state eventuali responsabilità in fase organizzativa. Ora si attendono i risultati.
Sara Pizzorni
fotoservizio Sessa
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