Associazione a delinquere, arrestato
il cremasco Cristodaro. Le reazioni
E’ stato arrestato nei giorni scorsi Rocco Cristodaro, di Palazzo Pignano, in seguito alle indagini sul circuito hawala, una banca clandestina che movimentava denaro tra Africa e Medio Oriente. L’operazione ha visto finire in manette con lui altre 15 persone. La richiesta di misura cautelare del carcere e dei domiciliari è stata firmata dal gip di Milano Teresa De Pascale, su richiesta dei pm Francesca Crupi e Adriano Scudieri e dell’aggiunto Laura Pedio.
L’inchiesta, coordinata dalla Guardia di finanza di Milano, ha portato alla luce un “doppio livello”, rappresentato da professionisti italiani definiti “pseudo-imprenditori”, nel quale Cristodaro è considerato un vero e proprio leader. Un giro di denaro dall’origine sconosciuta, con cifre da capogiro: si parla di movimentazioni per 100 milioni di euro.
I reati contestati a vario titolo sono associazione per delinquere, finalizzata al riciclaggio, frode fiscale e abusivo esercizio dell’attività di prestazione di servizi di pagamento. I trasferimenti di denaro, secondo gli inquirenti, sarebbe avvenuto in Egitto, Svezia, Spagna, Germania, Danimarca e Paesi Bassi.
Secondo quanto appurato dalle Fiamme Gialle, il solo Cristodaro è riuscito a movimentare, in meno di un anno, oltre mezzo milione di euro attraverso 13 conti correnti. Il blitz ha consentito lo smantellamento di un vero e proprio “strutturato sodalizio criminale”, organizzato da due “broker ‘hawala’ di origini egiziane, nel quale il secondo livello prevedeva appunto il trasferimento dei soldi raccolti. Ma il sodalizio si occupava anche di “riciclaggio del denaro oggetto della abusiva prestazione di servizi di pagamento, all’emissione e all’utilizzo di fatture di operazioni inesistenti emesse da società create ad hoc”.
Il sistema funzionava attraverso “la compensazione di partite finanziarie e l’utilizzazione di ‘codici’, noti solo ai soggetti interessati, che i clienti dovevano comunicare ai broker per dare corso alle operazioni”.
“Rocco Cristodaro è già stato condannato, in passato, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” commenta Jacopo Bassi, capogruppo del Pd di Crema in consiglio comunale. “Inoltre, dal processo agli eredi del mafioso Mangano è scaturito un decreto di confisca che ha riguardato lui e il fratello Domenico, sospettati di gestirne il denaro. La confisca ha riguardato immobili per 5 milioni di euro a Scannabue, località dove risiedono.
Proprio a Scannabue, da anni, i Cristodaro gestiscono la “Fazenda Rocco”, una cascina che ospita animali esotici e che organizza diverse iniziative rivolte al pubblico, come un presepe vivente durante il periodo natalizio.
Questa notizia deve essere lo stimolo affinché la Politica cremasca e l’associazionismo civico ed economico del territorio si muovano per mettere a disposizione della comunità i beni confiscati alla famiglia Cristodaro e pongano seri dubbi sull’opportunità di autorizzare eventi pubblici che vedano la famiglia Cristodaro tra gli organizzatori.
Già in altre realtà (Dovera, Spino, Trescore), beni confiscati sono divenuti occasioni di rilancio per il tema della legalità e sono stati messi a disposizione dei servizi e delle associazioni locali”.
“La notizia, che non può rimanere sotto traccia, riporta alla luce il tema del radicamento delle mafie nel nostro territorio, tema più volte denunciato, ma spesso rimasto inascoltato” aggiunge Paolo Losco, coordinatore provinciale di Sinistra Italiana a Cremona.
“Cristodaro era, infatti, da anni molto attivo sul territorio cremasco: “presepi viventi” in molti comuni del territorio, la sua “Fazenda Rocco” di Scannabue come meta per visite scolastiche e campi estivi, le partecipazioni (non per ultima la famosa “carrozza di Ombrianville”) e le sponsorizzazioni ad iniziative pubbliche. Tutte azioni con le quali ha trovato terreno fertile per visibilità, radicandosi sul territorio e nei rapporti con le istituzioni, alcune delle quali hanno, negli anni, spalancato le porte a questi rapporti.
Tutto questo avveniva nonostante, già da tempo, fossero emersi gli stretti collegamenti con la criminalità organizzata: le inchieste ed i provvedimenti a suo carico sono stati portati all’attenzione delle cronache ormai da anni (una confisca di beni per oltre 5 milioni di euro, e l’obbligo di soggiorno, solo per citarne alcuni).
Considerato dagli atti “contabile del Clan Mangano”, oggi emergono fatti ancora più inquietanti che devono riportare l’attenzione sul tema della legalità.
Oggi è il tempo di aprire una discussione seria sulla lotta alle mafie che deve coinvolgere la politica, le amministrazioni locali e le associazioni competenti in materia che sul tema si spendono da anni, nell’ottica di sensibilizzazione e formazione affinché si forniscano tutti gli strumenti per contrastare il fenomeno quotidianamente.
Un altro tema da affrontare è sicuramente quello dell’utilizzo dei beni confiscati, perché possano restituire culturalmente, socialmente ed economicamente, quello che è stato sottratto alla collettività.
L’informazione è il primo strumento di lotta alle mafie, tema su cui urge, anche alla luce degli ultimi avvenimenti, prestare la massima attenzione.
Questa battaglia di civiltà deve essere collettiva e non c’è più spazio per l’indifferenza”.