Cronaca

Cani e gatti con anticorpi per il Covid, ma 'non significa che trasmettano il virus'

Campionamenti anche in provincia di Cremona: nessun animale positivo

(foto di repertorio)

Anche cani e gatti hanno sviluppato anticorpi per il coronavirus. A dirlo è uno studio pubblicato su Nature Communications che si basa sul campionamento di 603 cani e 316 gatti, di cui la maggior parte in Lombardia (476 cani e 187 gatti). Lo studio si è concentrato sugli animali per i quali è stato possibile raccogliere un tampone, fare un test e raccogliere l’intera storia clinica di cani, gatti e famigliari e abbraccia un arco temporale che va dal 15 marzo al 31 maggio 2020. Gli anticorpi del Covid sono stati identificati in 15 cani (su 451, 3,3%, di cui 14 in Lombardia) e 11 gatti (sui 191 testati, 5,8%, di cui 8 in Regione). In provincia di Cremona sono stati effettuati meno di 10 campionamenti sia per i cani che per i gatti, senza che venissero trovate bestiole con anticorpi.

Tutti gli animali con anticorpi, tuttavia, sono risultati negativi al tampone, benché alcuni siano risultati positivi al test sierologico. 38 cani e altrettanti gatti hanno però mostrato qualche sintomo respiratorio al momento dell’analisi, e 14 di questi vivevano in una famiglia nella quale c’era all’epoca almeno un positivo. In generale, in ogni caso, si è visto che tra i due tipi di animali, quando si trovano a diretto contatto con un umano malato di coronavirus, i cani hanno una probabilità “significativamente più alta” di sviluppare anticorpi.

Naturalmente, gli studi sono solo all’inizio e sarà necessario, ad esempio, effettuare test su un campione più ampio. La dott.ssa Laura Mori, veterinaria che si occupa prevalentemente di animali da compagnia e di medicina comportamentale e Segretario del Consiglio Direttivo dell’Ordine di Cremona, spiega: “Era abbastanza immaginabile che un animale che vive con persone affette da Covid sia venuto a contatto col virus stesso, ma non significa che trasmettano la malattia o siano contagiosi”. “Nessun animale – conclude – ha sviluppato la malattia, ma semplicemente hanno prodotto immunoglobuline. Ci sono infatti molti fattori che possono provocare forme respiratorie, ma al momento non c’è nessuna evidenza che gli stessi animali possano contrarre la malattia”.

Mauro Taino

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