Cronaca

Lombardia tutta zona rossa? Medici prudenti, il virus può colpire ancora duro anche a Cr

Foto d'archivio

La politica cremonese è pressoché univoca nel chiedere una differenziazione delle province lombarde a seconda del livello di gravità raggiunto dalla pandemia, ma il mondo medico è più cauto nel diffondere pareri che potrebbero portare ad una sottovalutazione del problema, in una provincia come la nostra che ha già visto le conseguenze di una crescita esponenziale del contagio. Non si tira indietro lo pneumologo Giancarlo Bosio: “La mia è un’opinione personale, non sono un epidemiologo e non è compito mio consigliare o meno la differenziazione in Lombardia. Parto dal presupposto che la provincia di Cremona ha dato molto nel recente passato ed è possibile che la patologia sia meno virulenta, mentre altri territori che prima erano stati risparmiati oggi sono molto più colpiti. E’ anche vero però che il 15% dei donatori di sangue presenta anticorpi al Covid, e quindi c’è ancora un’alta percentuale di persone che può ammalarsi anche qui da noi”. Bosio lo ribadisce: “La mia impressione è che molte, molte persone possano ancora ammalarsi e tutte le azioni che possono ridurre i contatti sono condivisibili in quanto si tratta di una malattia in cui la percentuale di mortalità è significativa. Se non riusciamo a fermare il virus, quello che possiamo fare è rallentare la sua diffusione per non compromettere il sistema sanitario e consentire così ai medici di curare al meglio e con tutte le risorse possibili”.

Anche Daniele Villani, geriatra e attualmente consigliere comunale Pd, parte dal fatto di non essere specialista della materia,  “ma la mia impressione è che sarebbe più corretto fare scelte in base all’andamento epidemiologico nelle diverse province. Il problema è che non non vengono diffusi i parametri in base ai quali potremmo capire in che misura si differenzino le diverse province della Lombardia. Sono scelte da fare sulla base dei numeri, e ad oggi non li conosciamo del tutto. E poi ci sarebbe da approfondire il tema dei positivi asintomatici e della loro contagiosità, che rimane un po’ sconosciuto. In estate ci sarebbe stato tempo di approfondire questi temi, ma si è perso tempo”. Villani interviene anche sull’argomento che qualche giorno fa ha agitato il mondo politico, ossia le parole del governatore della Liguria Toti in merito alla opportunità di ‘isolare’ gli anziani in quanto non lavoratori attivi. “Mi pare che gli anziani in linea generale si siano comportati molto bene”, afferma il medico. “Certamente non sono andati a fare falò in spiaggia e nemmeno sono andati in discoteca. Cercare di segregarli mi pare eccessivo: certamente è un discorso valido per le persone molto anziane e con patologie associate, ma credo che questi siano già consapevoli di per stessi della necessità di stare riguardati. E poi nella precedente ondata hanno perso amici, parenti, coetanei, hanno visto per bene la pericolosità della malattia. Un provvedimento solo su base anagrafica sarebbe sbagliato: pensiamo a quanti operatori sanitari sperano i 65 anni!”.

Cinzia Marenzi, radiologa fino a un anno fa in ospedale, consigliere di maggioranza e tra i firmatari della lettera dei 71 medici inviata ai vertici politici e sanitari sulle necessità della sanità cremonese, è d’accordo sulla necessità che vengano diffusi pubblicamente i parametri che collocano la Lombardia in zona rossa. “E’ difficile parlare senza conoscere gli indicatori, ma evidentemente al momento attuale la situazione negli ospedali  di Milano, Monza e Brianza e Varese è tale per cui era necessaria una misura per allentare la morsa. La scelta di chiudere tutta la Lombardia è stat probabilmente dettata da questo anche se a Cremona in questo momento la situazione non è tanto grave quanto in quelle zone”. “Non sono certamente contenta di questa chiusura indiscriminata, ma credo che sia utile avere una settimana o due di prudenza per cercare di avere gli ospedali meno saturi. Una scelta che costa molto alla politica e che anche personalmente faccio fatica ad accettare per i sacrifici che impone a tante attività economiche”.

Dal cremasco parla il medico di Pronto Soccorso dell’ospedale di Crema  e assessore nella giunta Bonaldi Attilio Galmozzi: “La situazione da noi è relativamente tranquilla, ma i reparti Covid sono pieni.  In realtà la situazione può sempre peggiorare, questa è una malattia che complica i quadri molto velocemente, anche se è vero che ci sono meno malati e tanti asintomatici. C’è da vedere se la curva in questo mese scenderà. La provincia di Cremona non è in una situazione drammatica come quella di Milano. Il Comitato tecnico scientifico aveva già dato mesi fa alle Regioni gli indicatori su cui basarsi per controllare il contagio. Non so se in Lombardia sia stato fatto. Mi auguro che ogni Regione possa individuare bacini con meno pressione ospedaliera, differenziandoli  – appunto attraverso gli indici del CTS – e valutare misure meno restrittive. Il Cremonese ora meno colpito da seconda ondata, così come lodigiano. E’ immunità di gregge? “Ci credo poco, forse qui la paura è stata maggiore e le persone stanno più attente, seguono meglio le regole.

Maurizio Borghetti, radiologo all’ospedale di Crema, fa notare attraverso la sua pagina Facebook, come la situazione attuale dal suo osservatorio sia migliore di quella che si presentava a marzo: “In questo momento credo si possa essenzialmente esprimere ciò che si vede. Io vedo qui, con le Tac, una differenza abbastanza sostanziale rispetto alla fase 1. Il n° di nuove polmoniti al giorno è inferiore, la crescita del numero è più lenta, a seconda dei giorni sono di più o di meno (contrariamente ad allora, quando crescevano e basta), in media la gravità Tac, intesa come numero di polmoniti estese (inizialmente o in fase evolutiva) è inferiore. Quando sono estese, il numeno delle persone di età inferiore rispetto a quelle più soggette a rischio infausto è maggiore di marzo. Da questo deriva che esiste sì un progressivo impegno del nostro Ospedale in questa ondata epidemica, ma è anche vero, a mio parere, che la velocità di crescita dell’impegno e la sua complessiva gravità, siano al momento entrambi diversi rispetto allo tsunami di marzo. (….) È un momento difficile. Dividersi o abbattersi ora non serve a niente. Se continuiamo e cerchiamo di incrementare l’attenzione a non infettarci e non infettare (mascherina, distanziamento e lavaggio mani) ne usciamo prima. Quello che già abbiamo fatto è però servito e, secondo me, bisogna imparare anche a vederlo senza prospettare solo scenari apocalittici”. gb

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