Il Cremasco vuole contare di più e punta sull'unità dei Comuni
Alla ricerca dell’unità perduta o, forse, non ancora piena per riuscire a contare di più. E’ quanto emerso dal dibattito di sabato mattina in sala Ricevimenti che ha visto protagonisti il sindaco di Crema Stefania Bonaldi, e quello di Casale Cremasco-Vidolasco Antonio Grassi.
Moderati dal giornalista di Cremona1 Giovanni Palisto, i due primi cittadini hanno sviscerato a fondo su come ottenere la tanto agognata unità d’intenti del territorio, andando a ripescare le origini delle ‘fratture’ createsi negli ultimi anni: da Scrp ad Area Omogenea, passando per il comitato ristretto che controlla le attività del neonato organo Consorzio.it.
Un’occasione, come ha esordito la Bonaldi, per “rianimare il confronto sull’importanza dei territori”, ragionando sulla mancata attuazione della riforma delle province, Enti che, ormai, depauperati di risorse economiche e umane, si ritrovano a gestire un importante numero di Comuni, non sempre in accordo sul da farsi.
Ed è qui che entra in gioco il ruolo dei sindaci, fondamentale e allargato nel portare avanti i bisogni dei cittadini. Il Cremasco ha per questo creato l’Area Omogenea. “Una buona intuizione – l’ha definita Grassi – errata però nella modalità di attuazione, poiché si è rivelata inadatta a coagulare le potenzialità dell’intero Cremasco”. Il riferimento del sindaco di Casale rimanda – giocoforza – a Scrp: la decina di comuni fuoriusciti dalla società non partecipano alle attività dell’Area Omogenea e non se ne vedono rappresentati: “Crema si sente ‘fighetta’, superiore al contado. Nessuno ne contesta la funzione di capocomprensorio, ma non la svogle correttamente”.
La colpa, sempre secondo Grassi, è da ricercarsi anche un po’ nel ruolo dei partiti, “che hanno portato al pasticcio delle elezioni provinciali, partendo dal fatto che avevamo due candidati cremaschi: non siamo riusciti, come territorio, ad esprimerne uno”.
E qui entra in gioco la rivalità con il capoluogo. Buona fetta del campanilismo cremasco (che nel 2020 va oltre le ragioni storiche) è da leggere nella vicinanza di questo territorio con Milano. A sostenerlo è il sindaco di Crema che riporta all’importanza della prossimità dei servizi: “Per noi sarebbe più naturale, ragionando su quelle che sarebbero dovute essere le aree Vaste, andare in tribunale a Lodi, non a Mantova”. Dichiarazioni che anche Grassi ha condiviso.
Ma allora come fare per ‘contare’? Il classico divide et impera è lapalissiano che non possa funzionare, ma l’unità del Cremasco non è, oggettivamente, ancora realizzata. “Questo territorio, nei fatti, non conta niente. Manca autorevolezza”, ha sbottato Grassi. Una soluzione, suggerita dall’ex consigliere regionale Dem Agostino Alloni, potrebbe essere quella di ragionare in ottica territoriale sui Pgt, le infrastrutture, “abbandonando un po’ il proprio orticello”. La stoccata al primo cittadino di Casale sull’abbandono di Scrp è stata limpida rivendicata però come “consapevole e ragionata” dal sindaco di Salvirola.
Un cane che si morde la coda: senza unità non c’è progettualità e non si può proseguire coesi senza un progetto comune. Cosa manca? Secondo Barbaglio, sindaco di Pianengo, semplicemente “la volontà. Noto oggi l’assenza del presidente di Area Omogenea Casorati, i sindaci presenti sono pochi. Cremona non ha fatto la guerra a Crema, è questo stesso territorio che si è disgregato”.
E se da soli “non si va da nessuna parte”, come ha ricordato Alessandro Pandini (primo cittadino di Montodine), è logicamente necessario tornare ad esprimere progettualità che siano a medio/lungo termine e vedano il coinvolgimento totale dei Comuni del territorio.
Un ragionamento che il Cremasco deve fare, anche nell’ottica dell’unione dei Comuni.
Ambra Bellandi