Cronaca

Utero in affitto, i genitori cremaschi assolti in appello dall'alterazione di stato

Il tribunale di Brescia
L’avvocato Rizzica

Ai genitori cremaschi che sognavano di avere un figlio affittando una madre surrogata, il 9 dicembre del 2014 il tribunale di Cremona aveva inflitto tre anni e quattro mesi per l’accusa di alterazione di stato. Dopo cinque anni, la corte d’appello ha ribaltato la condanna, assolvendo i due imputati, difesi dall’avvocato Cecilia Rizzica, di Roma, che ha sempre puntato sull’”assoluta buona fede” dei suoi clienti. Nel 2011 i due coniugi si erano rivolti ad una clinica di Kiev, dando avvio alle procedure e versando 30 mila euro. Il bimbo, nato nel settembre del 2011, era poi stato iscritto all’anagrafe di Kiev come figlio della coppia, così come prevede la legge ucraina. Successivamente i genitori cremaschi avevano portato il bambino in Italia e intanto l’ambasciata ucraina aveva chiesto all’ufficio anagrafe di Crema di trascrivere il certificato di nascita. Tutto sembrava andare nel migliore dei modi, fino a quando qualcuno aveva segnalato che la donna non era mai rimasta incinta. Nei confronti della coppia, che si è poi vista togliere il bimbo che aveva cresciuto per un anno e mezzo, era scattata una denuncia per alterazione di stato. Intanto il bambino era stato dato in affido e nel frattempo si è scoperto che non era figlio dell’imputato cremasco. Sulla questione era intervenuto il procuratore presso il tribunale dei minorenni di Brescia Emma Avezzù, che aveva spiegato il motivo per cui alla coppia era stato tolto il bambino. L’esame del dna aveva infatti svelato che il piccolo non era figlio di nessuno dei due cremaschi, segno che il materiale biologico usato nella fecondazione artificiale non apparteneva né all’uomo, né alla donna italiani. La coppia cremasca lo sapeva?. No, secondo l’avvocato Rizzica. E i giudici di secondo grado le hanno dato ragione.

Sara Pizzorni

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