Province, futuro è un'incognita A novembre scade il Consiglio, ma non il presidente
La legge di riordino istituzionale rimasta monca dopo la bocciatura del referendum voluto da Renzi, produce ancora incertezze sul futuro della Provincia. L’ente guidato da fine 2016 dal sindaco di Gadesco Davide Viola si trova come centinaia di altri in una condizione al limite del paradossale: a novembre scadrà infatti il Consiglio provinciale, due anni dopo il suo insediamento, ma non il mandato del presidente, che stando alle regole attuali resta in carica per quattro anni. Con un piccolo particolare: il presidente può restare in carica fintantoché ricopre la carica di sindaco e Viola, come quasi tutti i colleghi della provincia, decadrà entro il primo semestre 2019, quando scadrà il mandato amministrativo a Gadesco. Con le regole attuali, non potrà più ricandidarsi a sindaco in quanto questo è il suo terzo mandato (anche se il Governo ha abituato a cambi di indirizzo al fotofinish, ad esempio abolendo il vincolo del doppio mandato a ridosso dell’ultima tornata elettorale). Altro particolare che ingarbuglia la situazione: per assumere la carica di presidente, occorre avere alle spalle almeno 18 mesi da sindaco, ma in quanti si troveranno in questa condizione, con l’imminente rinnovo pressoché totale delle amministrazioni?
Viola dal canto suo auspica “un allineamento delle date, per mettere in condizione le Province di lavorare e di svolgere quei servizi ai cittadini che tuttora sta erogando. C’è poi un altro tema. Saranno elezioni di secondo livello come le ultime (votano solo gli amministratori comunali) oppure no? Sono tutti temi che vanno risolti a livello nazionale, anche se ritengo che un ruolo importante in Lombardia, lo debba svolgere la Regione. Le legge che avrebbe dovuto eliminare le province ha avuto effetti molto diversi a seconda dei territori. Mi spiego. La Lombardia ha 1500 comuni, anche piccolissimi, l’Emilia Romagna più o meno 300; province come Brescia e Bergamo hanno ciascuna all’incirca la stessa popolazione residente nell’intero Friuli Venezia Giulia. E’ chiaro che l’eliminazione delle province in una regione come la Lombardia avrebbe effetti molto diversi rispetto a queste altre regioni. Credo che qui da noi sia necessario avere livelli intermedi di governo tra i comuni, spesso piccolissimi, e la regione. Più i servizi sono lontani dai livelli di responsabilità, più la loro gestione diventa complicata. E’ sicuramente più facile per chi usufruisce di questi servizi, avere interlocutori disponibili sul territori”. La Provincia riformata dalla legge Delrio di due anni fa si è ormai assestata con un certo numero di servizi e dipendenti (dimezzati rispetto a prima) su cui Viola esprime pieno apprezzamento. L’assetto delle deleghe dovrebbe ormai essere consolidato, tranne che per le Politiche del Lavoro, formalmente passate alle Regioni, ma di fatto ancora in capo alle province.
Il consiglio provinciale, così come uscito dalle elezioni di novembre 2016 (quelle della clamorosa esclusione del consigliere Pd Giovanni Gagliardi) è attualmente costituito da Abruzzi Paolo (Centrodestra per Cremona); Azzali Rosolino (Insieme per il territorio – Viola Presidente); Barbaglio Ernesto Roberto (Insieme per il territorio – Viola Presidente); Bonaldi Stefania (Insieme per il territorio – Viola Presidente); Calvi Fabio Maria Martino (Insieme per il territorio – Viola Presidente); Cavazzini Ivana (Insieme per il territorio – Viola Presidente); Rossoni Giovanni (Centrodestra per Cremona); Sisti Alberto (Al servizio del territorio); Lupo Stanghellini Giuseppe (Centrodestra per Cremona); Uberti Virgilio Giuseppe (Centrodestra per Cremona); Vairani Diego (Insieme per il territorio – Viola Presidente); Ventura Marcello Maria (Centrodestra per Cremona). g.biagi