Scrp ora centrale unica di committenza, per i piccoli Comuni e senza costi in più
Scrp cambia mission e diventa centrale unica di committenza. E’ stato deciso nella riunione tenutasi mercoledì 5 aprile, nella quale sono stati convocati i sindaci la necessaria modifica allo statuto, che dovrà essere poi ratificata nei consigli comunali.
Un adeguamento in parte obbligato, quello dello statuto societario, in ottemperanza alla riforma Madia della pubblica amministrazione, ma anche voluto dai soci per via delle imposizioni del codice appalti, che al suo interno ora prevede dei vincoli per i Comuni. Come impone la nuova normativa, infatti, al di sopra di 40mila euro per appalti di servizi e di 150mila euro per appalti di lavori, gli enti locali non potranno più agire in autonomia. Una misura che, se penalizza soprattutto i Comuni più piccoli, al contempo li incentiva a unire le forze. Da qui, la decisione dei sindaci soci di Scrp di procedere a un cambiamento degli obiettivi societari della loro patrimoniale, già declinato nel mandato assembleare dello scorso luglio, che optano per darle la nuova veste di centrale unica di committenza, al momento non ancora presente sul territorio cremasco e, per i motivi di cui sopra, individuata come priorità per le loro esigenze. Grazie alla sua nuova funzione, Scrp potrà appaltare l’affidamento di servizi di interesse generale, economici e non; lavori e acquisizioni di beni e servizi.
Con la modifica statutaria, vengono anche eliminate alcune attività dell’oggetto sociale, di fatto ormai superate da tempo che, secondo la nuova normativa, non potranno più essere esercitate da Scrp. Trattandosi di una modifica sostanziale del precedente indirizzo societario, i soci che lo volessero potranno esercitare il diritto di recesso. Inoltre, l’avere a propria disposizione Scrp come centrale unica di committenza, consentirà ai Comuni di gestire nei confini del proprio territorio tutte le fasi delle relative gare di appalto.
Infine, l’assemblea dei sindaci di ieri ha approvato anche un’altra modifica statutaria, riguardante le modalità di nomina del consiglio di amministrazione e le tipologie della governance. La modifica in questione, oltre che nel rispetto del nuovo dettame normativo, va nella direzione di valorizzare il peso delle minoranze, in quanto basterà il 17 per cento dei soci per poter presentare un rappresentante all’interno del cda.