Cronaca
Voucher, nuovo sinonimo di precariato: a Cremona utilizzo triplicato in tre anni
E’ triplicato in 3 anni l’utilizzo di voucher come sistema di pagamento per il lavoro subordinato, tanto che in molti casi sono andati a sostituirsi ai contratti da lavoro dipendente. I numeri, apparsi in un rapporto Inps, parlano chiaro: nel 2015 i voucher emessi in provincia di Cremona sono stati 623.923, contro i 35.4642 del 2014 e i 190.576 del 2013. Dunque un sistema che era nato per trainare l’emersione dal lavoro nero si sta dimostrando invece uno strumento per incrementare la già forte precarietà.
Insomma, fatta la legge, trovato l’inganno: i buoni lavoro per pagare le prestazioni accessorie (ogni voucher vale un’ora di lavoro), in molti casi sono diventati uno strumento di pagamento regolare. Un trend che comunque non riguarda solo il nostro territorio, ma tutta Italia. Anche in Lombardia, come sul territorio nazionale, il lavoro accessorio è in costante incremento. Infatti i voucher venduti nel corso del 2015 sono stati 20.938.984, con un incremento pari a quasi il doppio rispetto al 2014 e ben il triplo rispetto al 2013.
Anche la distribuzione dell’utilizzo di questa forma di pagamento nei vari settori economici è piuttosto variegata. Al primo posto c’è la voce ‘attività non classificata’, che comprende soprattutto attività di servizio e prestazioni professionali di vario genere: in questo maxi contenitore, nel Cremonese sono stati 291.504 i voucher distribuiti nel 2015. Al secondo posto c’è il lavoro nel settore del commercio (106.796 voucher), i servizi (62.584), il turismo (59.403).
Una situazione su cui ora la Cgil lancia l’allarme, promuovendo una raccolta firme a livello nazionale per chiedere l’abrogazione di questo sistema di pagamento. “Va ricordato che l’istituto esiste dal 2008, ma che nel corso degli anni varie leggi (tra cui anche il jobs act), ne hanno incrementato fortemente la possibilità di utilizzo” evidenzia il segretario provinciale Mimmo Palmieri. “Nati come ‘utile’ forma di contrasto al lavoro nero, in particolare in determinati settori quali il lavoro domestico e l’agricoltura, oggi hanno assunto caratteristiche ed utilizzo completamente diversi. Vengono infatti utilizzati in modo ‘improprio’ in numerosi settori, (turismo e commercio su tutti) con l’obiettivo di mascherare un lavoro ‘completamente in nero’ e diventano molto spesso elemento di dumping salariale nei confronti dei lavoratori”.
Secondo il segretario Cgil, “va infatti ricordato che questo tipo di accordo diretto tra imprenditore e lavoratore elude qualsiasi tipo di norma contrattuale e di tutela del lavoratore, quale ad esempio l’indennità di malattia, di maternità o qualsiasi forma di sostegno al reddito. Sulla base di tutto ciò si può tranquillamente affermare che questa è la nuova frontiera del precariato, e che il voucher rischia di diventare una sorta di ‘infimo’ salario minimo non contrattato e di minare la tenuta dei contratti nazionali”.
Crediamo infine – conclude Palmieri– che anche alla luce di questi dati, assume ancor più rilevanza e diventa indifferibile ragionare sulla proposta messa in campo dalla Cgil. La ‘Carta dei diritti universali del lavoro’ si pone infatti l’obiettivo di contrastare anche queste nuove forme di precariato, per fare in modo che tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori possano trovare protezione sotto ‘l’ombrello’ dei diritti universali del lavoro”.
Come funzionano. I voucher sono i buoni usati per pagare il lavoro accessorio, svolto saltuariamente e fuori dal perimetro di un contratto. Alla fine al lavoratore restano in tasca 7,50 euro per un’ora di prestazione, e con i voucher sono pure garantite la copertura previdenziale e quella assicurativa.
Laura Bosio
© Riproduzione riservata