Vidolasco, schiacciati da una pianta a Villa Augusta A processo la committente
Si aprirà il 13 ottobre il processo a Teresa Stringa, rinviata a giudizio per omicidio colposo. L’imputata è accusata della morte di Giambattista Stanghellini e di Achille Grazioli, schiacciati il 20 novembre 2014 sotto un albero che stavano cercando di sradicare.
Si aprirà il prossimo 13 ottobre il processo nei confronti di Teresa Stringa, 56 anni, di Vaiano Cremasco, rinviata a giudizio dal gup Letizia Platè con l’accusa di omicidio colposo. L’imputata, difesa dall’avvocato Fabio Spada, è accusata della morte di Giambattista Stanghellini e di Achille Grazioli, rimasti schiacciati il 20 novembre del 2014 sotto un albero che stavano cercando di sradicare. Per l’accusa,la Stringa, nella sua qualità di committente dei lavori di manutenzione del verde di villa Augusta, storica dimora di Vidolasco, avrebbe violato tutta una serie di prescrizioni di legge, determinando, per “imprudenza, imperizia e negligenza”, la morte dei due lavoratori.
In quel periodo nel parco di villa Augusta erano in corso interventi per abbattere alberi ad alto fusto a rischio caduta. Al lavoro, quel giorno, oltre a due operai, c’erano le due vittime: l’architetto Achille Grazioli, 67 anni, e l’ex muratore Giambattista Stanghellini, 69, entrambi di Bagnolo Cremasco. Al momento dell’infortunio Stanghellini stava abbattendo un olmo dell’età di circa 35 anni utilizzando un cavo d’acciaio che era stato agganciato alla pianta da abbattere su cui erano stati praticati un taglio parziale in un punto ed una tacca d’aggancio per il cavo in un altro ed un’altra pianta ad alto fusto posta a circa 15 metri di distanza. Grazioli stava seguendo le operazioni. Improvvisamente la pianta da abbattere aveva ceduto, ed aveva colpito al capo, con due distinti rami, sia Stanghellini che Grazioli. I due avevano subito lesioni mortali al cranio.
Per l’accusa, la Stringa aveva dato disposizioni di eseguire i lavori di abbattimento degli alberi senza aver prima chiesto il nulla osta della Soprintendenza per i Beni ambientali ed architettonici, né l’autorizzazione paesaggistica. La committente, inoltre, non avrebbe verificato l’idoneità tecnico professionale dell’appaltatore in relazione alle funzioni o lavori da affidare con le modalità prescritte dalla legge al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Né l’imputata avrebbe valutato tutti i rischi associati ai pericoli individuati e connessi all’età dei lavoratori ed alla specifica tipologia contrattuale. Non avrebbe inoltre provveduto affinchè i lavoratori avessero un’adeguata informazione, formazione ed addestramento, non avrebbe provveduto alla sorveglianza sanitaria degli stessi e non avrebbe messo a disposizione né attrezzature conformi ai requisiti di legge, né dispositivi di protezione adeguati ai lavori da svolgere come elmetti, cuffie e occhiali protettivi.
Grazioli viveva con la moglie Giovanna a Bagnolo. La tragedia si era consumata sotto gli occhi del figlio del professionista, Filippo, collega del padre nel suo studio professionale. La vittima si occupava degli interventi di manutenzione nella prestigiosa residenza. Ad aiutarlo c’era il suo compaesano che effettuava lavori di giardinaggio nel parco della casa in cui visse il pittore Ugo Stringa. Nel procedimento, la vedova di Grazioli, il figlio, la nuora e le due nipotine si sono costituiti parte civile attraverso l’avvocato Massimiliano Cortellazzi, mentre gli eredi di Stanghellini sono assistiti dai legali Chiara Tomasetti ed Enrico Giavaldi.
Sara Pizzorni