Cronaca

Riforma sanitaria, Maroni rassicura
‘Niente muri tra una provincia e l’altra’

AGGIORNAMENTO – Autonomia da salvaguardare, presidi ospedalieri da potenziare e confini da non considerare, perché muri, tra una provincia e l’altra, non devono esistere dinnanzi a tradizioni e comunanze capaci di andare oltre la geografia spartita a tavolino. Questi i tre aspetti sui quali Roberto Maroni, governatore di Regione Lombardia, si è soffermato in chiosa all’incontro presso l’ospedale Oglio Po di Vicomoscano, in un pomeriggio –  quello di venerdì 10 luglio – ricco di spunti e durante il quale anche polemiche e critiche sono state espresse all’insegna di un sostanziale fair play. Non a caso Maroni ha ringraziato tutte le parti in causa, anche quelle che politicamente non la pensano come lui, per la “grande passione manifestata sulla tematica della riforma (ma Maroni preferisce chiamarla “evoluzione”) sanitaria.

Il senso della protesta dei sindaci cremaschi tuttavia resta molto forte e chiaro: e martedì 14 luglio l’appuntamento, ribadito, sarà a Milano davanti alla sede del consiglio regionale in via Fabio Filzi 22, a partire dalle 10, per dire no alla chiusura dell’ospedale di Crema. Così suona l’appello alla partecipazione da parte del partito di Rifondazione Comunista: “La tanto declamata riforma della sanità lombarda ricalca sostanzialmente le linee del modello Formigoni peggiorando la risposta al bisogno di salute dei cittadini. Si mantengono le forme di finanziamento che anziché promuovere la salute attraverso la prevenzione incentivano le prestazioni a tutto vantaggio della sanità privata. I ticket continuano a vessare i cittadini già tartassati e insieme ai tempi d’attesa li spingono verso la sanità privata intra o extramoenia. Non si assumono impegni sull’assunzione di personale indispensabile per la salvaguardia e la qualità dei servizi e per frenare il decadimento della sanità pubblica. Le proposte organizzative sui servizi e strutture territoriali, presentate come fiore all’occhiello della riforma Maroni, sono rinviate al futuro. Siamo ancora di fronte a un modello di Servizio sanitario verticistico e aziendalistico che esclude la democrazia e la partecipazione: il territorio, le amministrazioni e i cittadini continuano a essere esclusi da programmazione, controllo e verifica sull’adeguatezza del servizio”

La notizia più succosa del caldo e appiccicoso pomeriggio casalese arriva fuori onda, a telecamere quasi spente, quando lo stesso governatore, dopo avere preso appunti e ascoltato le istanze del territorio (anzi, dei territori) garantisce che se i sindaci e in particolare i consiglieri regionali di riferimento sapranno trovare un accordo comune e proporlo nel giro di due settimane, sarà sua premura anche rivedere la geografia della Sanità lombarda, che il prossimo martedì verrà votata dal consiglio regionale ma che sarà legge soltanto all’inizio del mese di agosto. “Oltre quella data non si va – ha spiegato Maroni – ma sono pronto ad ascoltare e anche a cambiare idea: mi è sempre piaciuto lasciarmi convincere e sono pronto a modificare le carte in tavola se la proposta che arriva dal basso è migliore”.

Un incontro, quello iniziato alle 15.16 di questo pomeriggio con l’arrivo del governatore di Regione Lombardia all’ospedale Oglio Po di Vicomoscano – una storia di coesione territoriale che da decenni va oltre i confini provinciali più volte rimarcata – che è servito a spiegare la riforma sanitaria, grazie anche all’ausilio di Fabio Rizzi, presidente della Commissione Sanità di Regione Lombardia, e ad Angelo Capelli, consigliere regionale per Nuovo Centro Destra, ma soprattutto a raccogliere istanze dal territorio, lasciando aperto uno spiraglio per rivedere eventualmente la cartina. Al tavolo anche Simona Mariani dg dell’ospedale di Cremona.

Da un lato la spinta dei sindaci del cremasco, capitanati da Stefania Bonaldi, primo cittadino di Crema, assieme a Gianni Rossoni, Maria Luise Polig e Alessandro Pandini, sindaci di Offanengo, Pandino e Montodine, che chiedono di rispettare l’autonomia della zona cremasca, storicamente più vicina al territorio lodigiano, milanese o trevigliese che non alla stessa Cremona; dall’altro il desiderio del comprensorio Oglio Po di sentirsi unito e valorizzato anche come presidio di confine, in particolare alla luce dei sacrifici messi insieme negli ultimi anni; e poi ancora, infine, la volontà dei comuni dell’area Viadanese di non allontanarsi troppo dalla base, ossia Mantova, pur senza perdere di vista l’appartenenza, come detto, comprensoriale.

In particolare, il dg dell’ospedale Carlo Poma di Mantova Luca Stucchi, ha evidenziato come tagliare l’Asl di Viadana e farla passare sotto Cremona (riprendendo peraltro una proposta rigettata a Casalmaggiore in un consiglio aperto quattro anni fa) non sia il vero problema, né la soluzione, perché in ogni modo si sposterebbero semplicemente confini senza arrivare al nocciolo della questione. Da qui l’idea di unire Mantova e Cremona sotto un’unica Asst, Azienda Socio Sanitaria Territoriale, spostando Crema sotto realtà più consone e vicine come Lodi, Milano e Treviglio. Già, ma il territorio, così omogeneo eppure così distante a volte, sarà in grado, in due sole settimane, di formulare un’ipotesi credibile? Maroni ha dialogato anche con le parti politiche a lui distanti e critiche, ma sempre all’insegna del fair play e, lasciando la palla a sindaci e consiglieri regionali dei due territori, di fatto ha lanciato una bella sfida. Ribadendo che nessun ospedale chiuderà e che i soldi risparmiati con la riforma, circa 350 milioni di euro previsti, saranno reinvestiti in modo migliore.

L’altro passaggio chiave riguarda una strutturazione socio-sanitaria, appunto, unendo dunque i due aspetti, di Regione Lombardia: fissando per ogni Ats, Agenzia di Tutela della Salute, sia una parte di programmazione che di distribuzione delle risorse che di erogazione del servizio. Da qui, secondo quanto espresso da Rizzi, la possibilità che le prestazioni sanitarie partano dalla periferie, per valorizzare anche i presidi territoriali, per arrivare poi, solo in caso di necessità, al centro. Un percorso, quest’ultimo che, se mantenuto, potrebbe davvero valorizzare l’Oglio Po, che da troppi anni si sente parte di un comprensorio dimenticato e a rischio. “L’82% delle prestazioni erogate dagli ospedali centrali – ha detto Rizzi – potrebbero essere fornite anche dai cosiddetti presidi periferici e in questo modo vi sarebbe comodità per l’utente ma anche risparmio da parte della Regione. Fare rete è la nuova frontiera di questa evoluzione sanitaria, senza più avere una visione ospedali-centrica. Nessuno vuole staccare pezzi: noi vogliamo semplicemente creare nuovi nuclei”.

Da due squadre deboli alla possibilità di creare uno squadrone, insomma: ecco perché l’unione Cremona-Mantova non è impossibile in una Asst che sia azienda unica ma con due rami, per programmazione ed erogazione, come detto. Tra le voci a favore della riforma presentata il sindaco di Casalmaggiore Filippo Bongiovanni, che ha però chiesto garanzie sul potenziamento dell’ospedale Oglio Po e ha caldeggiato che venga al più presto indetto il concorso per il nuovo primario di Chirurgia, che al momento manca, oltre ad Anna Lisa Baroni, consigliere regionale che ha invitato a non disperdere i flussi di pazienti. Anche Giovanni Cavatorta, sindaco di Viadana, ha speso parole di apprezzamento, sostenendo di non avere firmato il documento dei 68 sindaci mantovani contro la riforma “perché non mi piacciono le fughe in avanti e voglio prima capire le opportunità derivanti da questa novità”. Stefania Bonaldi, sindaco di Crema, ha reso onore a Maroni per la sua apertura, sostenendo che “anche se la strada è in salita, oggi abbiamo uno spiraglio in più: il Cremasco, territorio da 190mila abitanti, merita di mantenere la propria autonomia e le proprie tradizioni, gravitanti attorno all’area milanese e lodigiana e legata a sua volta alla zona soresinese”.

Voci critiche, invece, si sono sollevate da Marco Carra, consigliere regionale del Pd, che ha parlato di un incontro riferito alla geografia del territorio ma meno alla Sanità e alle sue problematiche “e in tal senso è comunque meglio parlare di area vasta, senza tracciare confini”. Un passaggio subito rimbeccato da Gianni Fava, nelle vesti di consigliere comunale di Viadana, che ha rimarcato come “l’Oglio Po abbia il diritto di sentirsi un territorio a se stanti, con 83mila abitanti a rappresentarlo e che come tale merita un presidio rinnovato perché per troppo tempo è stato percepito come inadeguato”. Da Andrea Fiasconaro, consigliere regionale M5S, l’invito a potenziare l’ospedale di Vicomoscano “perché troppi cittadini percepiscono questo presidio come un luogo dal futuro segnato: è da quando ha aperto che dicono che lo chiudono” ha chiosato lo stesso Fiasconaro con una battuta molto efficace. Da Giuseppe Torchio la giustificazione allo scetticismo imperante da parte in particolare delle correnti politiche di centro-sinistra. “Ho grande rispetto di Maroni, anche se politicamente siamo lontani: ma ricordo che quando l’Oglio Po nacque, tre comuni rinunciarono al loro ospedale. Le promesse di nuovi nodi infrastrutturali e geografici e del completamento della filiera dei primariati, solo per restare a due esempi, sono andate disattese. Per questo ora è difficile fidarsi, per noi. Il processo deve essere unificante sulla macro-area e valorizzare in questo modo gli ospedali di frontiera, come l’Oglio Po, che si troverebbe al centro della nuova Asst Mantova-Cremona”.

A proposito dei sindaci mantovani, nel tardo pomeriggio si sono riuniti a Mantova in sala consiliare: qui la conferenza dei sindaci, dopo gli interventi del presidente della Provincia, dei consiglieri regionali, dei sindaci di Asola, Bozzolo, Pieve di Coriano, Asola, Mantova e dei dirigenti sanitari Stucchi e Galavotti si é pronunciata ribadendo i contenuti del documento unitario dei Sindaci: una sola Azienda Mn-Cr e mantenimento dei Distretti Socio Sanitari. Un passaggio in più: ma resta da convincere Cremona. Sarà disposta, in nome di un accordo con i vicini virgiliani, a perdere eventualmente Crema?

Giovanni Gardani

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