Cronaca

Perquisizione illegale e sequestro di persona
Per cinque poliziotti chieste pene
da nove mesi a un anno e sei mesi

Si sta avviando alle conclusioni il processo celebrato davanti al collegio presieduto dal giudice Pio Massa (a latere i giudici Francesco Sora e Andrea Milesi) che vede accusati a vario titolo cinque poliziotti della stradale di Crema di sequestro di persona, violazione di domicilio commessa da pubblico ufficiale, falsità ideologica in atti pubblici e rivelazione di segreti d’ufficio. Per gli imputati, il pm Francesco Messina, in quasi due ore di requisitoria, ha chiesto pene che vanno da nove mesi ad un anno e sei mesi di reclusione. La pena più alta, un anno e sei mesi, il pm l’ha chiesta per l’agente Cristian Turri, mentre un anno e tre mesi ciascuno è quanto chiesto per il comandante Mario Crotti e per Donato Pingaro. Richiesta di un anno per Salvatore Esposito, e nove mesi per Massimo Tomasoni.
Nel processo, attraverso l’avvocato Luca Landi, si è costituita parte civile la madre della vittima, il 25enne bielorusso Anton, morto suicida.

LA REQUISITORIA DEL PM MESSINA

I fatti risalgono all’11 settembre del 2012 a Soresina. A fare il nome del giovane ai poliziotti erano state due persone trovate in possesso di una modica quantità di stupefacente. Da qui la visita degli agenti nell’abitazione del ragazzo, considerato lo spacciatore. Ma nella casa, di droga non ne era stata trovata. Per il pm, Anton è stato “incalzato, minacciato” e ha subito “pressioni” dagli agenti che in quell’abitazione dove il giovane viveva con la madre hanno fatto una perquisizione, “veloce, ma pur sempre una perquisizione”. “Una perquisizione illegittima”, per il pm, “fatta in un contesto dove non c’era lo stato di flagranza”. Diversamente, gli imputati hanno sempre sostenuto di non essere mai entrati in casa. Solo Turri ha affermato di essersi limitato ad entrare nel cortile e di aver chiesto alla madre di parlare con il figlio che poi era stato invitato ad andare al Commissariato per redigere gli atti.

Per il pm, invece, la realtà è ben altra: “la madre del ragazzo”, ha spiegato Messina, “dice che si sono presentati due poliziotti, Turri e Pingaro, e che entrambi sono entrati. Hanno incolpato suo figlio, alzato la voce, gli hanno intimato di ‘cacciar fuori la droga’, che c’erano due persone che lo accusavano, che c’erano le telecamere che lo avevano ripreso. Lo hanno minacciato di sbatterlo in galera”. “Poi”, ha proseguito il pm, “i poliziotti sono saliti in camera da letto, hanno aperto il suo armadio, il più aggressivo era Turri. E’ lui che ha controllato il borsello di Anton, che ne ha vuotato il contenuto sul tavolo e che poi ha detto: ‘o tiri fuori la droga o ti porto via’. Alla fine lo hanno costretto ad andare con loro”.

Non è vero, per il pm Messina, che la madre di Anton ha voluto calunniare i poliziotti perché li ha ritenuti responsabili della morte del figlio. Per il pm, è un’ipotesi “inverosimile”, in quanto la donna, “subito dopo che il figlio era stato portato via, era andata dai vicini in lacrime dicendo che Anton era stato arrestato e che c’era stata una perquisizione Quindi o lei è una mitomane, o è ciò che è realmente accaduto”. Stessa versione dei fatti raccontata poi dalla fidanzata di Anton, alla quale il giovane aveva detto che “i poliziotti erano entrati in casa con fare aggressivo”. “Poi la notizia era uscita sul giornale”, ha raccontato il pm, “e Anton si era rivolto ai carabinieri dicendo che la perquisizione gliel’avevano fatta, ma che non gli avevano trovato niente”.

A proposito dell’accompagnamento in Commissariato, il pm lo ha definito “illegittimo, un atto arbitrario, un abuso”. “Anton non è stato accompagnato in ufficio per essere identificato”, ha sostenuto Messina, “ma per continuare a fargli pressioni, a spaventarlo al fine di ottenere una confessione”. Il pm ha poi ricordato quanto riferito dalla fidanzata di Anton, e cioè che “anche durante il tragitto in macchina l’agente Turri aveva intimato al ragazzo di ‘tirar fuori la roba’ perché altrimenti l’avrebbe sbattuto in galera”. “Ad Anton”, ha continuato Messina, “non sono stati fatti rilievi dattiloscopici, non è stato fotosegnalato, non c’era alcun motivo di portarlo in ufficio a scopo identificativo”.

Il pm ha parlato di “un’azione collettiva” da parte dei poliziotti. “Anche il comandante Crotti è stato sempre informato di tutto e gli altri erano consapevoli”. Messina ha detto che quanto accaduto, compresa la notizia apparsa sulla stampa, “ha assestato un colpo durissimo alla reputazione di Anton, soprattutto in una piccola comunità quale è quella di Soresina”. “La verità”, ha detto il pm, “è che si è voluto affrontare la questione in modo sbrigativo. Anton ha subito un trattamento ingiusto: era vissuto in orfanotrofio, era straniero, aveva paura di perdere il lavoro, e si è ucciso perché non è stato capace di reagire, era un ragazzo fragile”. “Il suicidio di Anton”, ha però sottolineato il pm, “non è certo da attribuire agli imputati, ma sono stati commessi soprusi e violati dei diritti dai poliziotti che hanno agito al di là dei limiti. Una condotta, la loro, che ha colpito una persona debole che si è uccisa”.

LE ARRINGHE DEI DIFENSORI

Per la difesa, hanno parlato gli avvocati Fulvio Pellegrino, Roberta Manclossi, Marco Simone e Massimiliano Cortellazzi. Nell’abitazione del ragazzo, per Cortellazzi, non c’è stata alcuna perquisizione illegale. E per quanto riguarda l’accompagnamento in caserma, era stato proprio Anton, che aveva appena venduto la sua macchina, a chiedere agli agenti di poter essere accompagnato sull’auto di servizio. La morte del soresinese, infine, non è in alcun modo collegabile ai fatti accaduti. Il 25enne si sarebbe tolto la vita perché rovinato dai debiti.
L’avvocato Pellegrino ha invece fatto leva sulle contraddizioni e i ‘non ricordo’ dei testi, dei vicini di casa e della stessa mamma di Anton, tutti sentiti a dibattimento. “Non c’e’ alcun testimone oggettivo che ha visto l’ingresso dei poliziotti nella casa”. “Ma la fantasia piu’ grande”, ha detto il legale, “e’ quando il pm dice che in macchina il cattivissimo Turri continuava ad inveire contro Anton. Tutto per dar credito alla fidanzata di Anton. Ma perché credere per forza alla fidanzata, che ha riferito cose che le sono state dette e che non ha vissuto in prima persona?”. “Questi ragazzi”, ha concluso l’avvocato, riferendosi agli imputati, “erano a fare il loro dovere. Non ci sono elementi per ricavare una sola prova dal capo di imputazione”.  Della mancanza di un “quadro certo”, ma “dubbioso e contraddittorio” ha parlato anche l’avvocato Manclossi.  “La storia”, ha continuato il legale a proposito di quanto dichiarato dalla  mamma del ragazzo, “non ci viene raccontata tanto chiara”.

Resta da sentire l’avvocato Massimo Martelli, che parlerà nel corso dell’ultima udienza, prevista per il 10 giugno, quando verrà emessa la sentenza.

LE ACCUSE PER CIASCUN IMPUTATO

Per la procura, gli agenti Cristian Turri e Donato Pingaro sarebbero responsabili di aver “abusato dei poteri inerenti le funzioni”, introducendosi e trattenendosi all’interno dell’abitazione di un giovane di Soresina “in assenza dell’autorizzazione del pubblico ministero, e senza che ricorressero motivi di particolare necessità ed urgenza”. Per l’accusa, i poliziotti si erano presentati nell’abitazione del 25enne, che viveva con la madre, e avrebbero effettuato una “sommaria perquisizione”, omettendo di informare sia il giovane che la madre dei diritti e delle facoltà previsti dalla legge e omettendo di redigere il verbale. A fare il nome del giovane soresinese ai poliziotti erano state due persone trovate in possesso di droga.

Oltre a Turri e Pingaro, gli agenti Massimo Tomasoni, Salvatore Esposito e il comandante Mario Crotti devono rispondere del reato di sequestro di persona: per la procura, avrebbero privato il giovane della libertà personale, “prelevandolo dalla sua abitazione di Soresina, conducendolo presso gli uffici della polizia stradale di Crema e trattenendolo per circa un’ora, ai fini dell’identificazione, senza che ricorressero i presupposti di legge e senza dare immediata notizia dell’accompagnamento al pubblico ministero”.

I soli Cristian Turri e Salvatore Esposito, invece, avrebbero “omesso di riferire in merito all’ingresso nell’abitazione e alla sommaria perquisizione effettuata, attestando falsamente di aver atteso sotto casa per circa dieci minuti” sino a quando il giovane era sceso ed era stato “invitato” presso gli uffici di polizia.

Il comandante Mario Crotti è anche accusato di aver “rivelato” ad una giornalista locale “notizie di ufficio che avrebbero dovuto rimanere segrete, in particolare perché prima ancora di darne comunicazione alla procura informava la giornalista dell’operazione di polizia giudiziaria che aveva portato alla denuncia per spaccio di sostanze stupefacenti, riferendole indicazioni utili per l’individuazione del giovane e altri particolari della vicenda (il controllo di due cittadini egiziani presso i giardini pubblici, il rinvenimento su di loro di 0,7 grammi di eroina e 0,6 grammi di haschish e l’indicazione, da parte di uno dei soggetti controllati, dell’identità dello spacciatore)”.

Sara Pizzorni

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